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Xantus et probus

A cura di Claudio Cuccia

Che questo nome, Xantus, nasca dal fattore decimo attivato pare scontato, ma che da lì si giunga a un termine così ecclesiale è irriverente: è un registro, in fin dei conti, che sarà pur prospettico e internazionale, ma sempre registro è, accidenti. È vero, si testa la bontà del rivaroxaban nel mondo reale, e se proprio si voleva mantenere un tono devoto, avrei pensato a Probus, che unisce il senso del buono all’idea di dimostrarla, la bontà.

Pazienza. Veniamo a noi e allo Xantus (1) che – e non credo perché aiutato dal nome beneaugurante – ce la fa a dimostrare, nel mondo di tutti i giorni, le buone intenzioni che i NOAC hanno espresso nei trial clinici. Il mondo ‘ovattato’ per rivaroxaban fu il ROCKET AF, studio composto di pazienti ad alto rischio (CHADS2 3.5, con più della metà dei pazienti con pregresso stroke o TIA), mentre il mondo reale con cui il farmaco fa ora i conti è un po’ meno complesso (CHADS2 2.0 e solo il 19% di con pregresso stroke o TIA); i pazienti studiati sono comunque numerosi (6784), il follow up è scrupoloso (controlli trimestrali per almeno un anno), la dose del farmaco è guidata dalla funzione renale (20 mg od se CrCl >50 mL/min, 15 mg od se inferiore a tale valore).

Nel registro si identifichino come end-point primari gli eventi che attestano la sicurezza e come secondari quelli relativi all’efficacia (non dovrebbe essere il contrario, quando si parla di una malattia che genera stroke?), comunque sia gli stroke sono pochi (0.7% anno) e altrettanto pochi sono i sanguinamenti maggiori (2.1 eventi per 100 pazienti-anno, entrambi, stroke e major bleeding, inferiori a quelli registrati nel ROCKET AF (1.7% anno e 3.6 eventi per 100-pazienti anno). Le emorragie intracraniche si sono mostrate analoghe a quanto osservato nel trial (ROCKET AF 0.4% vs 0.5 nello Xantus), minori invece sono stati i sanguinamenti gastrointestinali (ROCKET AF 2% vs 0.9 nello Xantus). Ottima è la persistenza della terapia, che si attesta all’80% a un anno, valore questo di gran lunga migliore rispetto allo storico dei VKAs (interruzione nel 38% dei casi -2-).

Figura 1

Figura 2Come concludere? I dati che ci regala lo Xantus, se mai ce ne fosse ancora bisogno, confermano quanto già in altri casi. si è venuto a sapere: nel mondo dei NOAC, la realtà non tradisce mai le attese generosamente offerte dagli studi clinici.

Leggere i lavori per credere, ohibò!

 

Bibliografia

  • J. Camm et al. XANTUS: a real-world, prospective, observational study of patients treated with rivaroxaban for stroke prevention in atrial fibrillation. Eur Heart J doi:10.1093/eurheartj/ehv466
  • Nelson WW et al. Medication persistence and discontinuation of rivaroxaban versus warfarin among patients with non-valvular atrial fibrillation. Curr Med Res Opin 2014;30:2461–2469.

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Claudio Cuccia
Claudio Cuccia
Webmaster. Direttore del dipartimento cardiovascolare, Fondazione Poliambulanza Istituto Ospedaliero, Brescia

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