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vivere con un assassino

È sempre ora il momento di scegliere.

Mi è piaciuta questa frase, soprattutto, della recensione da cui ho deciso di partire oggi (è questa la recensione: parla di un libro interessante, da poco pubblicato, che si intitola Disobbedire; un libro in cui ci si interroga sulla «pluralità di motivi per cui è necessario disobbedire nel presente e con l’effettiva mancanza di una disobbedienza diffusa. Cercando di capire cosa significhi, in fondo, “disobbedire”, Gros non si chiede perché non disobbedire, ma piuttosto perché “continuare ad obbedire”»). Mi è piaciuta perché interroga (questa frase, così come il libro da cui è tratta) uno strano silenzio, il silenzio denso di acquario che abitiamo in questi anni, il peso di un clima che si manifesta con sintomi di panico e depressione ma ci lascia anche immobili, a cercare di non pensarci, senza l’intelligenza per pensarci.

E mi è ovviamente piaciuta perché in questi giorni abbiamo (più o meno tutti, anche se sia più sia meno, in effetti) assunto una giovane donna tedesca (con un nome che rimanda alla fondazione stessa dell’idea dell’Europa: Carola) come personaggio letterario e metafora stessa della disobbedienza, come icona eroica e felice di una possibilità di negazione della crudeltà del potere.

E allora, più ancora che alla recensione del libro di cui sopra, mi piace rimandarvi a questo minisaggio scritto da Luca Romano per il sito web minima&moralia che mi pare delineare con chiara limpidezza e precisione i contorni della questione, della disobbedienza e delle leggi, della coscienza e del rapporto con il diritto e la morale. Fino a giungere alla conclusione di Hannah Arendt, magistrale come al solito, la quale, di coloro che non accettarono di obbedire a certe leggi che in ultima istanza conducevano al massacro di innocenti, scrisse così:

essi si chiesero fino a che punto avrebbero potuto vivere in pace con la propria coscienza se avessero commesso certi atti; e decisero che era meglio non far nulla, non perché il mondo sarebbe così cambiato per il meglio, ma perché questo era l’unico modo in cui avrebbero potuto continuare a vivere con se stessi. […] Per dirla in modo crudele, ciascuno di loro rifiutò l’omicidio: non perché volesse continuare a obbedire al comando “non uccidere”, ma perché non voleva passare il resto dei suoi giorni con un assassino – se stesso.

Ecco, direi che poco altro c’è da aggiungere. E, spero lo abbiate notato, non c’è nemmeno bisogno di ricordare il nome di donna a cui tutti, in qualche modo, meccanicamente torniamo quando guardiamo le foto di Carola: Antigone. C’è anche Antigone, se volete: se ne parla qui in modo efficace e chiaro. Ma non è necessario che ci sia forse. Tanto che, su di lei, mi permetto di riportare le parole che ha scritto un amico in questi giorni sulla bacheca facebook di un altro amico con cui si discuteva di leggi e di morale e di disobbedienza (è bello avere amici più intelligenti di noi, su Facebook come nella vita; è un grande privilegio…) Il quale mio amico, entro una discussione che mi piacerebbe riportare tutta ma che sarebbe troppo inelegante riportare, ha scritto così:

Il problema è che uno dei poli del legame [leggi del cuore contro diritto positivo], semplicemente, non esiste. Non esistono leggi del cuore (per me esiste una natura umana, ma è altra cosa). Le pretese leggi del sangue di Antigone sono appunto pretese, derivano da una pretesa di autoreferenzialità che è il contrario della convivenza. Infine: superiorità del diritto positivo su una (pretesa) legge naturale mica vuol dire che il diritto positivo sia infallibile. Significa solo, per me, che se possiamo giudicare oscene le leggi di Norimberga è grazie alle conquiste del diritto positivo dalla rivoluzione francese in poi, sennò col cavolo che basterebbe un preteso anelito al bene che ci contraddistingue per natura come specie

E poi, chiaramente provocando ma avendo a mio parere la sua parte di ragione, ha aggiunto così:

E comunque, a esito della vicenda mi permetto di dire #iostoconCreonte. Antigone eroina un par di palle. Le leggi del sangue sono anche quelle della vendetta e del familismo amorale. Il diritto positivo di Creonte è quello che permette di vivere insieme senza azzannarci alla gola, con buona pace dell’Antigone piagnona. E la signorina Rackete è libera grazie al diritto positivo, mica per la supremazia delle leggi non scritte. Che se qualcuno non se ne fosse accorto, è proprio quel che è sostenuto da Salvini, lui sì vero fan di Antigone.

Che, se ci pensate bene, è la migliore notizia che davvero potevamo avere in questi giorni: non abbiamo bisogno di eroi né di eroine, abbiamo la legge, abbiamo i giudici che la applicano, abbiamo una donna libera.

Davide Profumo
Davide Profumo
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