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vernice grigia e blu

Il fatto culturale di questo fine settimana, secondo me, sta accadendo a Bologna. Lo trovate sommariamente raccontato sul Post, con alcuni commenti che meritano una riflessione. E il fatto è che l’artista Blu, considerato uno dei più grandi rappresentanti della Street-Art nel mondo, ha deciso di cancellare alcuni dei suoi murales più rappresentativi dalle strade della città, per coprirli con vernice grigia. Lo ha fatto come segno di protesta contro una mostra vicinissima all’inaugurazione. L’articolo sulla «Stampa» racconta così la protesta:

 

La rimozione dei graffiti ha un obiettivo politico-culturale tutto bolognese, cioè la mostra “Street Art. Banksy & Co.” che aprirà il 18 marzo nel capoluogo emiliano per iniziativa di Genus Bononiae e in collaborazione con Fondazione Carisbo, con lo scopo dichiarato di salvare le creazioni dal deperimento.

Un progetto, quello di grattare via i disegni dal loro ambiente naturale, la strada, per rinchiuderli in una sede istituzionale del tutto fuori contesto rispetto alla loro destinazione originaria, che ha già provocato molte polemiche, oltre all’aperta dissociazione di artisti del calibro di Ericailcane. E così Blu, che proprio da Bologna era partito vent’anni fa, fra la notte scorsa e stamattina è passato all’azione con l’aiuto dei centri sociali Crash e Xm24, che hanno ricoperto di vernice le sue opere: un gruppo di ragazzi si è riunito davanti al suo dipinto più famoso, la ‘battaglia’, che impreziosisce il muro dell’Xm25, e ci hanno dato dentro coi pennelli cancellandolo alla vista.

 

Ma un resoconto più intenso ed efficace di quanto sta accadendo per strade di una delle nostre città più vive e più belle è quello che si trova sul sito Frizzifrizzi, scritto da Simone Sbarbati. Vi si racconta una città che forse non tutti conoscevano (io, per esempio, che abito abbastanza lontano, non la conoscevo per niente) e la si racconta proprio attraverso i disegni di Blu e la sua attuale protesta. E poi naturalmente ci sono le parole del collettivo Wu Ming, che rappresentano il pensiero stesso dell’artista Blu, e che dicono così:

 

Non importa se le opere staccate a Bologna sono due o cinquanta; se i muri che le ospitavano erano nascosti dentro fabbriche in demolizione oppure in bella vista nella periferia Nord. Non importa nemmeno indagare il grottesco paradosso rappresentato dall’arte di strada dentro un museo. La mostra Street Art. Banksy & Co. è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi.

Dopo aver denunciato e stigmatizzato graffiti e disegni come vandalismo, dopo avere oppresso le culture giovanili che li hanno prodotti, dopo avere sgomberato i luoghi che sono stati laboratorio per quegli artisti, ora i poteri forti della città vogliono diventare i salvatori della street art.

Tutto questo meritava una risposta.

La risposta è stata la vernice grigia di ieri e di oggi; e questi sono i fatti. A cui, come è ovvio e anche doveroso e salutare, stanno seguendo in queste ore tante possibili interpretazioni, le quali partono da alcune domande e, a mio parere, da una in particolare: A chi appartiene l’arte? Appartiene all’artista che l’ha prodotta? O appartiene a chi la sa gestire e conservare? Appartiene a qualcuno o a nessuno? Appartiene a chi la può comprare? O appartiene a tutti coloro che hanno voglia di apprezzarla, di leggerla, di ascoltarla e di viverla? E quindi, se appartiene a tutti ed è un diritto di tutti, perché normalmente la paghiamo e non ci pare nemmeno strano il pagarla?

 

Sono domande a cui non sono in grado di dare una risposta precisa, sinceramente. Però ho delle idee e penso che ci siano molti modi di fare e di essere arte e che sia necessario distinguere; e che la Street Art sia appunto arte che ha il diritto e il dovere di essere nelle strade, non altrove. Penso che i disegni di Blu fossero belli e penso che il suo gesto di questi giorni possa essere sbagliato (come ho trovato scritto qui) e contemporaneamente bello (come ho letto invece qui); e quindi che possa paradossalmente essere «arte» anche quel gesto, nella sua erroneità. Ho simpatia per chi sta cancellando i disegni, anche se erano più belli i disegni di quanto lo saranno i muri grigi. E poi, scusatemi, ho antipatia per i musei, in generale, quasi come i futuristi; penso che i musei siano l’antitesi della cultura e, se posso, non porto mai nessuno dei miei studenti dentro un museo, per stupido e irrazionale mio principio. Però penso che nessuno vedrà più quei disegni e mi dispiace, e anche se so che la Street Art è per sua stessa definizione effimera e transitoria mi chiedo se spetti davvero all’artista decidere quando l’effimero sia trascorso e il transitorio definitivamente passato. O se, piuttosto, non spettasse alla strada farlo, con i tempi che le sono propri, che sono assai più lunghi di una mano di vernice grigia. Insomma, vi lascio i miei dubbi, che come al solito non ho altro. Insieme alle fotografie di alcuni angoli del nostro paese che trovate sparse tra i siti che ho via via linkato. Ci sono muri, disegni, spigoli e persone: c’è l’arte e c’è la gente che se ne occupa, in qualche modo; trovo che sia importante anche solo questo, mi accontento.

Davide Profumo
Davide Profumo
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