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il vento delle parole

Nel vortice dei consigli per il 2018 e dei bilanci per il 2017, che siano libri o dischi o film o mostre o qualsiasi altra produzione tipica dell’intelletto umano e della sua irragionevole ma invincibile immaginazione, ecco, mi piace proporvi un libro che in apparenza (per data di pubblicazione, per traduzione, per stesura originale, per tutto) non ha nulla a che fare né con il 2017 né con il 2018. Anche se, a mio parere, potrebbe essere un perfetto ritratto sia del 2017 sia (speriamo magari di no, o anche soltanto un po’ meno) del 2018.

 

Me ne fornisce l’occasione un bel post pubblicato sul blog «la versione di chamberlain», che lo racconta così, iniziando a parlare di canarini e di un gas senza odore e senza colore:

 

Il grisù è un gas incolore e inodore, caratteristico delle miniere di carbone e zolfo, dove si trova spesso in sacche isolate, e per questo è chiamato anche gas di miniera. Combinato con l’aria, dà luogo a miscele tossiche, infiammabili ed esplosive, ed è stato responsabile dei più grandi disastri minerari della storia. Prima che venissero inventati i moderni sistemi di rilevazione della presenza del gas, i minatori portavano con sé dei canarini in gabbia. Ogni sintomo di affaticamento del canarino, ogni stranezza nel suo comportamento poteva indicare la presenza di grisù, e così i minatori uscivano dalla miniera. Tra le varie funzioni della parola c’è anche quella di essere il canarino in gabbia: saper leggere il modo in cui le parole penetrano in una società, e si adagiano sul fondo del linguaggio, consente spesso di presagire la direzione in cui le società si muovono. Le parole anticipano le azioni.

 

Dopo di che, si arriva al libro, che è una specie di diario di Anna Frank (perdonatemi la semplificazione), scritto in anni anche coincidenti con quelli della ragazzina di Amsterdam, ma per mano di uno studioso di letteratura francese di origini ebraiche, Viktor Klemperer, che annotò tutti i cambiamenti della lingua tedesca (divenuta LTI, lingua del Terzo Reich), negli anni del nazismo. Fu tradotto per la prima volta in Italia nel 1999, se ho capito bene; ma è stato poi ripubblicato anche nel 2008, lo trovate qui. Io l’ho ordinato, sarà la mia lettura di Natale (sì, lo so, non infierite, era meglio dedicarsi a qualche giallo innocente, vorreste dirmi… se si fossero gialli innocenti, si intende). E sempre grazie al post citato prima, ho letto altre due recensioni che mi sono sembrate utilissime e mi hanno convinto ancora di più della necessità della lettura che sto iniziando. La prima la trovate sulla Stampa, si intitola «La dittatura nasce nelle parole di tutti i giorni» e la scrisse dieci anni fa Gian Enrico Rusconi. A un certo punto dice così:

 

…un documento che è ad un tempo una profonda testimonianza umana e morale e una forte intuizione scientifica e politica: la funzione centrale della lingua nella costruzione dei sistemi politici totalitari. La lingua è performativa: crea cioè comportamenti. Nel caso nazista si tratta di comportamenti inequivocabilmente malvagi: ma prima dell’orrore genocida culminante nella «soluzione finale», c’è la lenta, inesorabile distruzione quotidiana della lingua tedesca. E quindi della sua anima. Il male si annida nella «normalità» del quotidiano e nella metamorfosi delle parole: nei discorsi politici, assimilati nel lessico personale e familiare, nel nuovo modo di salutare, di vestire, di divertirsi, nella pubblicità commerciale e naturalmente nella stampa di regime e fiancheggiatrice.

 

La seconda è ancora più bella e vale davvero i dieci minuti che ci metterete a leggerla. Vi spiegherà molte cose di questo libro che io non ho lo spazio per spiegare qui. E a un certo punto leggerete così:

 

È sconvolgente quello che testimonia Klemperer in un modo quasi freddo, distaccato, da dissezionatore o da cronista neutrale. Non testimonia orrori fisici, cita anche quelli, certo, ne era circondato e minacciato quotidianamente, ma restano sullo sfondo di LTI; al centro c’è la lingua, il parlato, lo strumento utilizzato per comunicare in Germania. È sconvolgente per l’inevitabilità che dimostra sussistere e per la forza di penetrazione inarrestabile, come un fluido colato dall’alto che percola nel terreno sabbioso, aprendosi i primi rivoli inizialmente, bagnando solo alcune sacche superficiali, poi lentamente scendendo e improvvisamente iniziando a correre negli strati profondi come una reazione a catena, inondando e contaminando l’intero terreno. È sconvolgente perché in LTI appare con tutta la sua forza incontenibile la potenza della lingua parlata quotidianamente, il suo potere rivoluzionario e tossico, la capacità di insidiare i pensieri e l’anima delle persone. Klemperer mostra, senza dirlo, che l’idea dell’anima o della coscienza chiusa nello scrigno privato di ogni uomo è un’illusione. Non esiste alcuno scrigno privato, tutto è permeabile e raggiungibile dalla lingua. La lingua che si parla è il mezzo e il senso del nostro comunicare al mondo e del comunicare del mondo a noi. È ciò che ci entra dentro, inevitabilmente ci permea, ci plasma e ci orienta, impercettibilmente, senza posa, senza che si possa opporre alcuna difesa che non sia ascoltarsi, riconoscere il particolare idioma che si sta usando e avvertire lo sconvolgimento che deriva dal vedersi un pupazzo che ruota a seconda di dove tira il vento delle parole.

 

Ecco, mi pare sufficiente. Sia per l’anno 2017 sia per l’anno 2018; e anche, a dire il vero, per molti di quelli precedenti e per moltissimi di quelli che seguiranno. Però, lo sapete, non mi piace lasciarvi con il peso di un solo libro da portare oltre queste righe. E allora, per chiudere con un mezzo sorriso, mi pare utile, visto che siete medici, segnalarvi un piccolo post in cui ho riconosciuto l’atteggiamento tipico di molti dei vostri pazienti, forse proprio di tutti, forse solo il mio, non lo so. Lo trovate qui: comincia con una macchia sulle gengive e prosegue con sintomi riscontrabili e infatti riscontrati; e poi precipita, naturalmente.

Davide Profumo
Davide Profumo
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