un disagio
5 Dicembre 2017tre possibili libri
10 Dicembre 2017Oggi, se – come credo – a giungere qui e a leggere sarà un medico, dovrà concedere la meritata attenzione a questo ottimo post uscito su «Medbunker», che parla di bufale mediche, di guaritori, di antivaccinisti e di tutto il repertorio di incredulità che i nuovi decenni hanno portato sulla scena della medicina. È una lettura importante, istruttiva e probabilmente anche un po’ fastidiosa, per chi già tutti i giorni è costretto ad avere a che fare con pratiche e con dubbi di questo genere; ma propone temi, a proposito del tempo che abitiamo, davvero impossibili da eludere. Inizia così:
Anni di cultura del sospetto, anni nei quali ci sono state persone cresciute con una mentalità debole, complottista, paurosa, acritica, sospettosa del prossimo e delle istituzioni, hanno creato gruppi di persone assolutamente incapaci di distinguere la realtà dalla menzogna, la vera notizia dalla falsa, la scienza dalla ciarlataneria e queste persone, ormai non più ragazzini, iniziano ad occupare i banchi del governo, gli uffici, iniziano ad essere professionisti: avvocati, magistrati, medici, ingegneri. Le false notizie sono divulgate da giornali, televisioni, siti istituzionali. Ci sono comuni italiani che danno il patrocinio a convegni di ciarlatani dicendo di voler fare “corretta informazione”, ci sono associazioni di consumatori che diffondono il film di Andrew Wakefield in nome di una inopportuna “informazione”, come se per informare sulla pedofilia facessimo vedere l’archivio foto di un pedofilo, perché è giusto capire il suo punto di vista. Abbiamo cresciuto una generazione di paranoici dentro una popolazione ignorante.
Però, se a passare di qui fosse invece un semplice (?) lettore di libri, uno di quelli voraci e instancabili, uno di quei lettori convinti che ogni libri valga la pena di essere letto (e quindi, prima ancora, pubblicato), anche quando ci annoia o ci infastidisce o più semplicemente (?) ci fa perdere tempo, ecco, in questo caso, il post giusto sarebbe per lui senz’altro quello scritto pochi giorni fa da Guido Vitiello, che parla di questa ossessione e anche dell’età a cui questa ossessione potrebbe ancora avere un senso. E a un certo punto scrive così:
Quasi tutti i grandi lettori sono diventati tali nella Città degli Immortali, ossia nei lunghi pomeriggi d’estate dell’infanzia o della prima giovinezza. Che ne sapevamo, allora, del tempo? Ma quaggiù tra i mortali, abbandonare i libri è più che un diritto: è una necessità, un criterio elementare di saggezza.
E se invece state passando di qui (e sventuratamente non siete Jonathan Franzen) ecco, allora poteste leggere con frutto e piacere il bel post scritto da Andrea Dusio a proposito degli ultimi dipinti e degli ultimi anni della vita di Caravaggio. È un post che mi è piaciuto molto, anche se so che il pittore era un assassino, anzi forse proprio per quello.
Ma infine, se non siete nessuna delle persona citate prima e se avete il tempo giusto da dedicare al post più bello che si trova in rete oggi, io credo che apprezzerete come si conviene quanto scritto da Caterina Verbaro a proposito di Pasolini poeta. È l’introduzione a un libro che (a questo punto) varrà la pena di essere letto, perché promette benissimo e mette a fuoco temi (a proposito di un altro autore che il demone del male non ha risparmiato) che meritano un’attenzione (non solo) letteraria di primissimo livello. Potremmo insomma, nel leggere Pasolini e il tempo che abitiamo, ripartire anche da qui:
Il lavoro che qui proponiamo ruota proprio attorno a questa relazione, mutevole ma salda, che poesia e sacro intrattengono nell’opera e nell’esperienza pasoliniana, fin quasi a una totale identificazione tra i due concetti. La dimensione sacrale dell’esistenza non può che essere individuata, espressa e vissuta in forma di poesia … La poesia rappresenta per Pasolini la possibilità e il modo di esperire quel sacro che è motivo fondante di tutta la sua opera, un sacro immanente, celato nel reale, a cui la poesia può dare forma e corpo. È soprattutto nell’intervista Il sogno del Centauro che il tema del sacro emerge come nucleo essenziale del percorso pasoliniano. Chiarito che tale concetto è ben distinto dalla sua istituzionalizzazione religiosa, Pasolini afferma la propria «nostalgia del sacro» non soltanto come personale fascinazione per il mitico e l’arcaico, ma nella sua funzione politica di opposizione alla cultura del Neocapitalismo:
«Quanto allo scandalo, deriva anche dal fatto che io sono sempre più scandalizzato dall’assenza di senso del sacro nei miei contemporanei […]. Ecco, in ogni caso il sentimento del sacro era radicato nel cuore della vita umana. La civiltà borghese lo ha perduto. E con che cosa l’ha sostituito, questo sentimento del sacro, dopo la perdita? Con l’ideologia del benessere e del potere.»
Così come la poesia, anche il «sentimento del sacro» si declina in termini oppositivi, come alterità rispetto a un’idea di realtà che nel nome della modernizzazione abrade la memoria antropologica e con essa la connessione con le epoche mitiche dell’esistenza.