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8 Gennaio 2019dentro la rete
11 Gennaio 2019Mi piace oggi parlare d’amore. O più precisamente invitarvi a pensare l’amore (e le parole che esso trascina inevitabilmente con sé) a partire da uno dei libri più belli tra quelli che ho comprato, sfogliato, letto alla fine dell’anno 2018, appena trascorso: i carmi di Catullo nella nuova traduzione di Alessandro Fo, edizione bellissima di versi immortali che riecheggiano solo nelle aule scolastiche (ed è un vero peccato che sia così).
Mi piace parlare di questo libro che ho qui davanti, sulla scrivania, e che ho appunto portato in classe qualche settimana fa, perché i miei studenti diciassettenni potessero vedere com’è fatto un libro bello: è questo, ho detto loro, lasciando il mio volume tra i loro banchi, nelle loro giovani mani, perché lo sentissero, perché magari le parole agissero da lì dentro, non si sa mai. E mi piace quindi lasciarvi a questa bella recensione che ne ha scritto Matteo Nucci, intervistando il curatore e cogliendone, parere mio, la novità.
Ma visto che parlare d’amore diventa subito, nella mia penna di lettore e di insegnante, un inevitabile parlare di letteratura, c’è una cosa che mi piace ancora di più dire oggi, mentre batto sui tasti il primo oblò del 2019, un po’ per voi cardiologi e soprattutto per me stesso: l’ho letta per caso sul profilo facebook di Demetrio Paolin, che è uno scrittore che seguo e che mi piace (e che ho citato infatti già altre volte), il quale la attribuisce a Erich Auerbach, che è uno dei critici di Dante da cui ho imparato più cose per leggere e per (forse) capire (un po’) la Commedia. Dice così, la frase di Auerbach:
Ciò che noi in un’opera comprendiamo e amiamo è l’esistenza di un uomo, una possibilità di noi stessi.
Ecco, mi piace soprattutto, in questo inizio di anno, formulare per me stesso, per voi cardiologi o non cardiologi e per i miei giovani alunni (soprattutto per loro, che sono così giovani) l’augurio che si possa incontrare questa possibilità molte volte, durante l’anno che è appena iniziato, in alcuni dei libri che ameremo, entro le poesie d’amore che leggeremo, nelle voci dei poeti che da mille anni risuonano nelle stanze delle scuole pubbliche e, per fortuna, non solo in quelle. Ma se fosse anche solo una volta, una volta in tutto l’anno, anche solo l’esistenza di una possibilità di noi diversa da quello che siamo, ecco, a pensarci bene, secondo me, sarebbe già moltissimo.