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un libro per tornare a casa

La buona educazione esiste anche nella scrittura, è ovvio. E tra i divieti che la buona educazione dello scrittore impone allo scrittore medesimo c’è quello dell’autocitazione: citare se stessi e le proprie parole in modo esplicito è atteggiamento rozzo e finanche volgare, e il bravo scrittore (che sopra il volgo per natura si erge) non lo fa. Pertanto sono abbastanza sollevato e quasi felice stamattina di non essere uno scrittore. E di poter serenamente infrangere il divieto senza per questo sembrarvi maleducato o volgare (pur appartenendo al volgo, senza dubbio). E vi propongo poche righe che ho scritto qualche mese fa su un notissimo social network ottenendo l’approvazione silenziosa di alcuni benevolissimi amici e i consueti sguardi sbuffanti dei miei alunni a cui le ho ripetute…). Le righe sono queste:

 

Proposito mio per l’anno nuovo. Dimenticare la tradizione, essere attuale e contemporaneo. E dunque scrivere un romanzo che inizi con una sordida storia di molestie sessuali; che parli di uomini che diffondono il terrore tra gli innocenti; che abbia tra i suoi protagonisti un assassino, colpevole di omicidio per futili motivi di precedenza stradale; che dica di come uomini e donne senza colpa debbano lasciare le loro terre e migrare altrove, in cerca di improbabili fortune; che racconti lo sdegno e la rivolta della gente in piazza, contro i politici disonesti (ma anche la violenta repressione della polizia a danno di giovani innocenti); che non tralasci la corruzione (anche sessuale) del clero; che illustri il fango in cui è sprofondato il mondo della cosiddetta giustizia; che racconti il diffondersi incontrollato di fake news mediche, mentre epidemie credute lontane tornano a mietere vittime; che non abbia nemmeno un lieto fine, nessun idillio, perché il nostro passaggio sulla terra non ci concede di più… Sarebbe il romanzo contemporaneo perfetto, se sapessi scriverlo. E se non lo avesse già scritto un altro prima di me, quasi 200 anni fa.

 

Mi piace ricordarmi di queste righe, oggi, perché ho letto un’intervista a Marcello Fois che mi ha davvero impressionato. La trovate su questo sito e vi suggerisco di leggerla, se ne avete il tempo. Fois (che scrittore lo è, anche bravo, e non certo tacciabile di passatismo come potrei invece essere io) spiega perché ha scelto il romanzo Promessi sposi per descrivere la sua passione letteraria; e lo fa finalmente prescindendo dal noiosissimo (quello sì…) dibattito sulla sua lettura nei corsi di studio delle scuole italiane. Fois sceglie piuttosto di spiegarci perché il romanzo di Manzoni sia un classico sui generis, autorevole come ogni classico ma la contempo sfuggente in molte imprevedibili direzioni che forse erano sfuggite pure a noi, quando lo abbiamo letto e lo abbiamo capito assai poco e lo abbiamo spiegato così così. Ecco cosa dice Fois, per esempio:

 

Un classico è un libro che ti riporta a casa, riconferma delle cose già precedentemente apprese e ti spiega il motivo per cui le conosci. I classici producono linguaggio, producono punti di vista, per cui immergendosi in questo patrimonio si fanno delle riscoperte, ma in realtà sono sempre i classici che, per altre vie, le hanno portate fino a te. Nel libro, scrivo che il rapporto tra i vari classici non è da intendersi come una catena (come linearmente si potrebbe pensare), bensì come una spirale, una sorta di Dna. La spirale mostra come cose apparentemente distanti, improvvisamente, illuminino insieme delle situazioni…

 

Ma più di tutto, a mio parere, è bello che questo libro sia pubblicato in una collana che si chiama «Incendi» e che si propone di parlare e spiegare le passioni che incendiano le nostre vite (ci sono anche Mickey Mouse e David Bowie e Yoko Ono…). Ecco, questo mi è sembrato splendido: che un romanzo possa essere una passione incendiaria, che dia fuoco e che illumini mentre ci riporta alla casa che non sapevamo essere la nostra casa, e che questo romanzo sia I promessi sposi di Alessandro Manzoni, così poco capito, come tante delle cose belle che abbiamo intorno e che non guardiamo più. Sarà una bella domenica, vedrete.

Davide Profumo
Davide Profumo
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