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un elenco di elenchi

Ho improvvisamente ricordato oggi la nettezza un po’ presuntuosa (ma lo eravamo tutti, con i nostri vent’anni…) con cui un amico, tanti anni fa dentro una casa milanese abitata da troppi di noi, mi disse che a lui avevano correttamente insegnato che non c’è nulla di meno poetico e intelligente di un elenco. Si stava discutendo, se ricordo bene, di una canzone di Ivano Fossati, e io mi schieravo dalla parte dell’ammirazione verso quel testo-elenco, lui dalla parte della denigrazione. Ne discutevamo con animazione giovanile, davanti ad altri, e io non sembravo il più convincente dei due. E lui, con sguardo fermo, insisteva: l’elenco era brutto perché gli avevano insegnato così.

 

Stimavo quell’amico e la sua frase mi è evidentemente rimasta in testa, per decenni, senza che lo sapessi. E ora, trent’anni dopo, posso con sicurezza pensare che egli avesse torto e io forse anche, perché quella canzone non era poi così bella come io la pensavo e come sostenevo che fosse. Ma sull’elenco avevo però ragione: ci son elenchi brutti ed elenchi splendidi, dipende dai modi, dipende dallo stile e dalle parole, dipende dagli oggetti elencati, dipende anche dall’umore di chi li legge, è talmente ovvio che non capisco perché non lo dissi già allora.

 

Ma passano gli anni e cambiano anche le parole. E oggi, grazie al bel libro scritto da Umberto Eco ormai una decina di anni fa, si preferisce parlare di liste e non si osa più metterne in dubbio il possibile valore. E sono quindi finito su questa vecchia pagina web, l’altro ieri, e ho avuto voglia di riprendere in mano il libro di Eco e di compilare tutte le liste o elenchi che avevo in mente, da almeno trent’anni. E mi è molto piaciuto leggere questo passaggio:

 

… Eco si sofferma sulle modalità di rappresentazione artistica in cui non si conoscono i confini del rappresentabile e se ne presuppone un numero infinito o astronomicamente grande; oppure su quelle descrizioni che non riescono a definire in modo essenziale i propri oggetti e che, quindi, per renderli comprensibili devono elencarne le proprietà accidentali, fin dai Greci ritenute infinite. Certo, si può distinguere un infinito estetico, come stato soggettivo ed emotivo di fronte a ciò che oltrepassa la nostra condizione finita, e un infinito attuale di oggetti di cui non potremo mai esaurire la numerazione. Ma, per Eco, è implicitamente possibile distinguere tra quegli artisti che chiudono in una forma definita la perfetta compiutezza di ciò che rappresentano e quelli che non esauriscono la totalità del rappresentabile in una forma chiusa in sé stessa.

 

Ma non basta. Perché giusto ieri mi è capitato di sentire alla radio che un altro articolo a proposito di liste era stato pubblicato sul web. E l’ho trovato e mi sono di nuovo detto che c’è poesia in una lista, tanta quanta ce ne possa essere in un fiore o in una notte di stelle. C’è l’infinito che si affaccia da dietro uno spigolo, improvvisamente, c’è l’ossessione e la vertigine (cit.) dell’interminabile, c’è la follia del tentativo di terminarlo e di giungere ai confini ultimi del dicibile, c’è il fallimento che ogni tentativo del genere, anche solo immaginato, porta inevitabilmente con sé.

 

Il brano che segnalo oggi quindi (oltre al libro di Eco, della cui segnalazione non avevate nessun bisogno…) è questo. Lo ha scritto Cristian Vázquez e inizia così:

 

Perché ci piacciono tanto le liste? Probabilmente il motivo principale è la pigrizia. Una lista trasmette informazioni in modo che siano facili da leggere, da interpretare, da capire. Rivela sin dall’inizio di quanti elementi è composta per poi enumerarli uno a uno, in maniera chiara e ordinata: quale viene prima, quale viene dopo. Non bisogna pensare, né valutare. Se poi ogni voce è preceduta da uno spazio bianco, o ricorre a un asterisco per aprire il paragrafo, o a una o più parole in grassetto, in corsivo o in maiuscolo, o tutte queste cose insieme, è impossibile perdersi. Successo garantito. È per questo che il web è pieno di liste. Sono facili, acchiappano bene. Sono i risultati principali delle ricerche su Google. Se poi la proliferazione di liste fa sì che titoli come «37 ragioni per non andare in Australia» comincino a perdere il loro fascino, un rafforzativo tra parentesi («non crederai alla numero 9») restituisce loro vitalità.

 

E poi conclude (quasi) così:

 

“Non c’è classificazione dell’universo che non sia arbitraria e congetturale”, scrive Borges nello stesso testo. “La ragione è molto semplice: non sappiamo che cosa è l’universo.” È in virtù di questa arbitrarietà che ci sono liste e liste di qualsiasi cosa. È vero, a volte sembrano troppe e uno si sente angosciato e oppresso, e gli viene voglia di urlare “Basta con queste liste!” Ma ecco allora che spunta un link che promette, per esempio, le dieci azioni più singolari della Copa Libertadores 2017, il tutto in modo chiaro e ordinato e senza nessuno spiacevole eccetera. È un’offerta che non si può rifiutare.

 

E adesso vorrei davvero farvi l’elenco degli elenchi che mi sono piaciuti in letteratura e nelle canzoni e nei film e in qualsiasi altra forma d’arte, in tutti questi anni. Ma ve lo risparmio. Me lo farò mentalmente, il mio elenco, facendo magari  una passeggiata. E penso che magari lo farete anche voi, tra un impegno e l’altro, tra una discussione e l’altra. E magari, chi lo sa, anche quel mio vecchio amico, che si chiamava Giuseppe e che non vedo più da tanti anni (e farò anche il lungo elenco degli amici che non vedo più da tanti anni, un giorno o l’altro; ma non oggi, ché sarebbe troppo doloroso e non tutti gli elenchi fanno stare meglio).

 

Davide Profumo
Davide Profumo
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1 Comment

  1. ,mau. ha detto:

    «Loreto impagliato ed il busto di Alfieri, di Napoleone; i fiori in cornice, (le buone cose di pessimo gusto), il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro»

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