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Troppo mite

È stata ripubblicata pochi giorni fa sul web un’intervista rilasciata nel 1997 da Giovanni Raboni, grande poeta italiano scomparso non molti anni fa, traduttore di Proust, intellettuale che attraversò e provò a comprendere gli anni Settanta e Ottanta del nostro paese, di cui in questi mesi Einaudi sta pubblicando l’opera poetica.

 

È, a mio parere, un testo istruttivo, nella cui filigrana si leggono gli anni che sono passati (17 dall’intervista, 10 dalla morte di Raboni) ma anche limpidamente i semi dei giorni che stiamo noi oggi vivendo. Ed è anche molto particolare (e anch’essa istruttiva, forse) l’insistenza di Raboni su due grandi voci del secondo Novecento, quelle di Vittorio Sereni e Franco Fortini, che nel 1997 erano da pochissimo scomparsi anche loro e che (adesso possiamo dirlo) sono state senz’altro, insieme a quella di Pasolini, le voci più intense e profetiche e puntuali della letteratura in versi degli ultimi cinquant’anni.

 

Segnalo volentieri l’intervista perché mi pare importante leggerla e anche rileggerla. E poi perché in alcuni punti dice (con chiarezza) cose che (ahimè, confusamente) abbiamo provato a dire anche noi in questa più povera sede. Per esempio, questa cosa che riguarda i libri che leggiamo, in risposta a questa domanda:

  • Lei è stato molto critico verso quello che è accaduto nell’editoria italiana e in generale nell’industria culturale.
  • Temo invece di essere stato perfino troppo mite… Quello che è accaduto ha superato le più nere previsioni. È stata sorprendente la rapidità. Se penso che cos’era l’editoria negli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, ciò che è accaduto mi appare quasi incredibile. Se penso a chi erano i responsabili dalle case editrici allora e a chi sono oggi, si ha il quadro non di un mutamento, ma di uno sprofondamento. La funzione degli intellettuali nelle case editrici è scomparsa. Non è diminuita: è scomparsa. Le scelte sono fatte da manager che hanno tutto in mente tranne il senso dei libri che pubblicano. E questo per parlare solo dell’editoria… È un’involuzione che non si riesce più nemmeno a descrivere in termini di gradualità
Davide Profumo
Davide Profumo
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