Di cosa parliamo quando parliamo
16 Settembre 2014L’arte, la strada, la corona
21 Settembre 2014È stata ripubblicata pochi giorni fa sul web un’intervista rilasciata nel 1997 da Giovanni Raboni, grande poeta italiano scomparso non molti anni fa, traduttore di Proust, intellettuale che attraversò e provò a comprendere gli anni Settanta e Ottanta del nostro paese, di cui in questi mesi Einaudi sta pubblicando l’opera poetica.
È, a mio parere, un testo istruttivo, nella cui filigrana si leggono gli anni che sono passati (17 dall’intervista, 10 dalla morte di Raboni) ma anche limpidamente i semi dei giorni che stiamo noi oggi vivendo. Ed è anche molto particolare (e anch’essa istruttiva, forse) l’insistenza di Raboni su due grandi voci del secondo Novecento, quelle di Vittorio Sereni e Franco Fortini, che nel 1997 erano da pochissimo scomparsi anche loro e che (adesso possiamo dirlo) sono state senz’altro, insieme a quella di Pasolini, le voci più intense e profetiche e puntuali della letteratura in versi degli ultimi cinquant’anni.
Segnalo volentieri l’intervista perché mi pare importante leggerla e anche rileggerla. E poi perché in alcuni punti dice (con chiarezza) cose che (ahimè, confusamente) abbiamo provato a dire anche noi in questa più povera sede. Per esempio, questa cosa che riguarda i libri che leggiamo, in risposta a questa domanda:
- Lei è stato molto critico verso quello che è accaduto nell’editoria italiana e in generale nell’industria culturale.
- Temo invece di essere stato perfino troppo mite… Quello che è accaduto ha superato le più nere previsioni. È stata sorprendente la rapidità. Se penso che cos’era l’editoria negli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, ciò che è accaduto mi appare quasi incredibile. Se penso a chi erano i responsabili dalle case editrici allora e a chi sono oggi, si ha il quadro non di un mutamento, ma di uno sprofondamento. La funzione degli intellettuali nelle case editrici è scomparsa. Non è diminuita: è scomparsa. Le scelte sono fatte da manager che hanno tutto in mente tranne il senso dei libri che pubblicano. E questo per parlare solo dell’editoria… È un’involuzione che non si riesce più nemmeno a descrivere in termini di gradualità