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tre libri, un luogo allegorico, una barzelletta

È sempre necessario credere al caso quando si parla di letteratura. Ma è strano che nel giro di pochi minuti io mi sia trovato di fronte a tre libri (totalmente diversi tra di loro) che in qualche modo parlano tutti del luogo in cui attualmente abito, il Nordest italiano, se è vero che Brescia è Lombardia ma è comunque anche un po’ gardesana e veronese e che è molto lontana dall’essere milanese, come sanno i bergamaschi e tutti coloro che abbiano distrattamente osservato una cartina con i confini dei territori di Terraferma della Repubblica Serenissima nel secolo sedicesimo.

 

Il primo libro è un romanzo che non ho letto (si intitola: Effetto Domino) ma di cui conosco (da lettore, s’intende) l’autore, Romolo Bugaro, che ne aveva scritto in precedenza un altro, non trascurabile. Ed è stato recensito da Vanni Santoni, che è uno degli scrittori italiani più interessanti del decennio, secondo il mio inutile parere. Parla appunto del Veneto, cuore del Nordest italico, lo fa molto esplicitamente, lo descrive come il luogo allegorico di qualcosa che siamo tutti, anche quelli che dal Nordest si sentono lontani e che non ci sono mai stati. La recensione racconta di cose che in parte sappiamo vere e di cui in parte ancora dubitiamo, ma ci invita a una lettura attenta, perché in quel luogo allegorico possiamo trovare molto di quello che siamo stati e che saremo, a prescindere dal posto reale in cui abitiamo. Per esempio:

 

È chiaro che Effetto domino è un romanzo che parla di un certo luogo – il Nordest italiano – in un certo tempo – la contemporaneità lacerata dalla crisi – e che racconta quindi gli effetti di tale crisi, intesa non solo in senso economico ma anche umano: il sopraggiunto individualismo, l’atomizzazione delle responsabilità (ovvero l’annientamento di qualunque piattaforma diretta di responsabilità), l’ascesa e il collasso di un sistema avventato fin dalle premesse, che gira finché gira, e quando smette si trasforma in un tutti contro tutti da terrario; un mondo in cui le affinità e i sodalizi, fossero anche storici, sono esclusivamente funzione degli obiettivi, non c’è più società, si va avanti insieme oppure ci si frega e distrugge a a catena, come Anderson, il fornitore di elevatori della Sidex, che, fottuto, fotte a sua volta Carraro, il suo fornitore di piastre, raccordi e calotte, in una vertigine di perdita di punti di riferimento in cui l’unica resa dei conti che rimane è una patetica scazzottata prima di cedere alla rassegnazione.

 

E però non è tutto qui. Perché il caso ha voluto che di Veneto, e quindi di Nord Italia e quindi di Brescia, e quindi di me e forse anche di voi, parlasse anche un altro libro di una scrittrice, Ginevra Lamberti, che è invece esordiente. Si parla di nuovo di terra, di luoghi che ho accanto, di un’Italia che riconosco perché è la nostra e mi pare che non abbia soltanto a che fare con Verona o con Treviso, ci mancherebbe. A proposito di questo romanzo, che si intitola: La questione più che altro, il recensore dice che gli ha ricordato una barzelletta. E io ho riso molto, non perché la barzelletta sia così spassosa (è carina, non di più) ma perché quella barzelletta è, secondo il mio inutile parere, una sghemba e perfetta definizione di cosa sia la letteratura, nel suo modo di porre domande a cui poi dà risposte sorprendenti, diverse, non pertinenti e spesso, se è buona letteratura, assai dolorose. La barzelletta (citata qui) è questa:

 

Una ragazza chiede al suo moroso “come mi sta questo vestito?” e lui le dice “cara, posso dirti la verità?”. Lei fa di sì con la testa, allora lui risponde: “la verità è che vado a letto con tua sorella”.

 

Ma c’è anche un terzo romanzo sul Nordest come luogo allegorico, recensito tra ieri e oggi e letto da me oggi, negli stessi identici trenta minuti in cui leggevo degli altri due (e con almeno una clamorosa cosa in comune con la colta recensione di Vanni Santoni, di cui sopra): come se il Nordest avesse improvvisamente occupato la mia stanza, la mia fantasia, la mia vita, come se. Trovate la recensione su questo blog. È divertente ma è cattiva, per questo non ve ne lascio nemmeno una riga di esempio. Ma i libri cattivi parlano spesso di noi tanto quanto i libri buoni. Anzi forse (mi piange il cuore a dirlo) anche di più.

Davide Profumo
Davide Profumo
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