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22 Luglio 2007Tissue factor circolante: fantascienza o realtà?
Vincenzo Toschi
Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e Centro Emostasi e Trombosi. AO Ospedale San Carlo Borromeo, Milano
Studi sperimentali hanno dimostrato che la trombosi acuta coronarica si verifica a seguito della rottura del sottile cappuccio fibroso di una placca aterosclerotica ‘instabile’ o ‘vulnerabile’. Tale fenomeno, correlato a processi flogistici locali e sistemici, porta alla esposizione verso il torrente ematico del core necrotico-lipidico, altamente trombogenico, della placca stessa con occlusione trombotica totale o parziale del lume coronario1. E’ stato inoltre chiarito che il potenziale trombogenico del core lipidico della placca aterosclerotica è legato alla abbondate presenza in quella sede di fattore tissutale ( tissue factor o tromboplastina tissutale) (TF) che, a seguito del suo legame con il fattore VII/VIIa della cascata coagulativa, è in grado di innescarne l’attivazione mediante la generazione dei fattori Xa e IXa che, a loro volta, portano alla trasformazione della protrombina a trombina 2. La trombina è un fattore chiave dell’intero processo trombotico in quanto da un lato determina attivazione e aggregazione piastrinica e dall’atro porta alla fomazione di fibrina, che stabilizza l’iniziale trombo piastrinico. Ciò porta a occlusione del vaso coronarico e, conseguentemente, alle manifestazioni cliniche della sindrome coronarica acuta rappresentate dall’infarto miocardio e dall’angina instabile.
Il ruolo del TF come maggiore determinante della trombogenicità della lesione aterosclerotica coronarica è confermato da studi condotti attraverso un modello sperimentale di perfusione di placche aterosclerotiche umane, in cui è stato osservato che il pretrattamento della lesione coronarica con l’analogo ricombinante dell’inibitore naturale del TF tissue factor pathway inhibitor (rTFPI) era in grado si ridurre di oltre il 60% la deposizione piastrinica e di fibrina a livello della lesione, mimando l’effetto di un anticorpo specifico bloccante anti-TF3. I fenomeni di instabilizzazione della placca aterosclerotica che portano alla sua rottura e successivamente alla trombosi sono in gran parte conseguenti a processi flogistici che si verificano a livello della placca stessa. La placca aterosclerotica è infatti ricca di cellule infiammatorie quali macrofagi, macrofagi trasformati dalla ingestione di lipidi, noti come ‘cellule schiumose’ o ‘foam cells’, e T-linfociti 4. L’interazione di queste cellule porta alla produzione locale di citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina-1 (IL-1), l’interferon-γ (IFN-γ) ed il tumour necrosis factor-α (TNF-α), che a loro volta determinano la produzione e il rilascio locale di enzimi litici, e particolarmente di metalloproteinasi-9 (MMP-9), che sono in grado di degradare le proteine della matrice determinando la rottura del cappuccio fibroso 4.
Ulteriori studi hanno permesso di chiarire che, accanto a fattori locali, alterazioni pro-trombotiche e pro-infiammatorie presenti a livello sistemico potrebbero contribuire alla patogenesi della trombosi coronarica, sottolineando contemporaneamente la natura polidistrettuale della malattia aterosclerotica. Una persistente attivazione della cascata coagulativa, dimostrata dal riscontro di aumentati livelli plasmatici del frammento protrombinico F1+2, è stata infatti dimostrata nei pazienti con malattia coronarica sia in occasione della insorgenza della sintomatologia ischemica, che diversi mesi dopo l’evento acuto, suggerendo la persistenza di un costante stimolo trombogenico anche nelle fasi di quiescenza clinica 5.
Più recentemente l’attenzione di diversi ricercatori si è focalizzata sul possibile ruolo protrombotico e di biomarcatore emostatico del TF circolante, sia in forma solubile (sFT) che associato a cellule ematiche. In particolare, differenti tipi cellulari quali soprattutto monociti, o microparticelle di derivazione cellulare, sono stati osservati essere ricchi di TF, ed è verosimile che queste cellule o derivati cellulari possano trasportare molecole di TF associate alla membrana o presenti nel citoplasma fino alla placca coronarica e al sito di formazione del trombo. Ciò potrebbe spiegare il meccanismo attraverso cui il trombo coronarico può continuare ad accrescersi all’interno del vaso nonostante la fonte trombogenica principale, rappresentata dal TF espresso sulla superficie della placca aterosclerotica, divenga progressivamente sempre più inaccessibile alle proteine della cascata coagulativa ed alle piastrine mano a mano che procede l’apposizione di nuovo materiale trombotico sulla superficie della placca stessa. Quello che rimane da chiarire con sicurezza è quale sia l’origine del TF circolante e quale sia il suo esatto ruolo fisiopatologico. In un recente studio comparso su Blood, Panes e collaboratori dimostrano in modo assai convincente la presenza di TF a livello piastrinico6. In particolare sia l’mRNA per il TF, sia la proteina e, infine, sia un’attività procoagulante TF-dipendente vengono identificate in piastrine umane ottenute da soggetti sani e prive di contaminati monocitari. In particolare l’mRNA per il TF è dimostrato nella maggioranza delle preparazioni di piastrine non stimolate ed un significativo aumento dell’mRNA stesso viene indotto a seguito della attivazione piastrinica in vitro. Coerentemente, la proteina del TF viene dimostrata mediante immunoprecipitazione in piastrine non stimolate ed un suo significativo incremento è osservato a seguito dell’attivazione di queste cellule. Mediante microscopia confocale e immunofluorescenza, si osserva inoltre che l’incremento della proteina del TF si accompagna ad una sua traslocazione dal citoplasma alla membrana cellulare. Infine, una significativa attività procoagulante piastrinica, misurata mediante generazione di fattore Xa, viene indotta dopo attivazione delle piastrine in vitro ed è inibita dalla incubazione di queste cellule con anticorpi anti-TF o anti-VIIa 6.
L’esistenza di TF circolante era stata già riportata da Giesen et al. nel 1999 in un modello di perfusione ex vivo 7. L’autore ipotizzava che le molecole di TF, riconosciute funzionalmente attive e osservate sia nel trombo generato su aorta porcina privata del rivestimento endoteliale (normalmente priva di TF) che su una superficie inerte, che, infine, a livello di vescicole presenti in stretta vicinanza degli aggregati piastrinici, venissero rilasciate dai monociti e fossero potenzialmente in grado contribuire alla formazione ed alla crescita del trombo arterioso. Successivamente Camera e collaboratori identificavano, mediante citometria a flusso, la presenza di molecole di TF a livello della membrana cellulare di piastrine a riposo e dimostravano che l’espressione della proteina aumentava a seguito della stimolazione in vitro delle piastrine stesse con gli agonisti ADP e trombina 8. La presenza di TF a livello della membrana piastrinica veniva anche confermata dagli stessi autori in microscopia elettronica e che la proteina possedesse intatta la propria attività funzionale era indicato dalla capacità del TF piastrinico di legare il suo cofattore fisiologico rappresentato dal fattore VIIa8. Gli autori, analogamente a quanto osservato da Panes et al. , dimostravano infine che le piastrine presentavano nel citoplasma l’mRNA per il TF, suggerendo per la prima volta che queste cellule potessero essere in grado di neosintetizzare TF.
La possibilità che la piastrina possa neosintetizzare TF è stato d’altra parte dimostrata da Panes e collaboratori in modo diretto6. Nel loro sistema sperimentale infatti le piastrine erano in grado di incorporare [35S]-metionina nella proteina del TF e la pre-incubazione con puromicina, un potente inibitore della sintesi proteica, era in grado di inibire tale fenomeno. Questi dati dimostrano che le piastrine possiedono l’intero apparato biosintetico per la sintesi proteica e che molecole di TF sintetizzate ex novo dalle piastrine stesse possono contribuire al pool circolante della molecola assieme alla quota rilasciata o passivamente ceduta da altre cellule circolanti. Il complesso di questi dati sembra indicare inoltre che le piastrine non solo costituiscono una superficie catalitica per l’assemblaggio delle proteine della cascata coagulativa ma sono esse stesse capaci di innescarne l’attivazione fornendo pertanto un nuovo modello interpretativo del ruolo della componente cellulare nella funzione emostatica.
Quale può essere, infine, il possibile significato clinico del TF circolante? Un recente studio condotto su un’ampia serie di pazienti con malattia coronarica ha dimostrato un significativo incremento dei livelli ematici di TF solubile (sTF) nei soggetti con sindrome coronarica acuta 9. Tale incremento era inoltre negli stessi pazienti indipendentemente associato ad un aumento di mortalità, suggerendo che la proteina potesse avere un ruolo nella patogenesi della malattia e si comportasse come un marcatore prognostico sfavorevole nei soggetti con aterosclerosi. Studi prospettici sono attualmente in corso al fine di meglio chiarire il ruolo clinico del TF piastrinico nei pazienti con coronaropatia.
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