Studio COMPASS: efficacia dell’associazione rivaroxaban ed aspirina nei pazienti con vasculopatia aterosclerotica stabile
19 Settembre 2017
Commento allo studio COMPASS
19 Settembre 2017

Studio CANTOS: nuove prospettive per il trattamento delle malattie cardiovascolari

A cura di Antonella Potenza

Ridker PM, Everett BM, Thuren T, et al. Antiinflammatory therapy with canakinumab of atherosclerotic disease. N Engl J Med 2017.

 

L’infiammazione sembra rivestire un ruolo rilevante nella patogenesi del processo aterosclerotico, tanto che la riduzione dei livelli plasmatici di proteina C reattiva (PCR) è stata considerata un obiettivo della terapia anti-arteriosclerotica.

È quanto emerge dai risultati dello studio CANTOS, trial clinico di fase III, randomizzato, controllato in doppio cieco, disegnato per valutare l’efficacia di canakinumab, un anticorpo monoclonale capace di bloccare l’interleukina-1beta, nel prevenire gli eventi cardiovascolari maggiori (infarto non fatale, ictus non fatale e morte cardiovascolare) in oltre 10.000 pazienti con pregresso infarto del miocardio e livelli plasmatici di proteina C reattiva superiori a 2mg/L.

Il farmaco, dotato di potente azione antiinfiammatoria e già utilizzato in ambito reumatologico, è stato somministrato alla dose di 50, 150 o 300 mg ogni 3 mesi per via sottocutanea e confrontato col placebo.

L’età media dei pazienti era di 61 anni e nel 40% dei casi erano diabetici. La maggior parte dei pazienti arruolati era stata sottoposta a pregressa procedura di rivascolarizzazione miocardica (il 66.7% era stato trattato con PCI, il 14% era stato sottoposto a CABG); nel 90% dei casi assumevano terapia antitrombotica, nel 93.4% statine e nel 79.7% ACE-inibitori.

L’endpoint principale dello studio era un endpoint composito (MACE) e includeva infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale o morte cardiovascolare.

Gli endpoint secondari includevano i singoli eventi dell’endpoint principale e le ospedalizzazioni per angina instabile che richiedeva una rivascolarizzazione urgente.

Dopo 48 mesi di trattamento, i livelli plasmatici di PCR si sono ridotti rispettivamente del 26% (canakinumab 50 mg), del 37% (canakinumab 150 mg) e del 41% (canakinumab 300 mg), mentre i livelli di colesterolo LDL e HDL sono rimasti invariati, così come i trigliceridi.

Dopo un follow-up mediano di 3.7 anni, il canakinumab alla dose di 50 mg non ha mostrato effetti cardiovascolari diversi dal placebo. Al contrario, il canakinumab alla dose di 150 e 300 mg ha ridotto il rischio di eventi cardiovascolari maggiori, rispettivamente, del 15% e del 14%.

Con il dosaggio di 150 mg si è raggiunta la significatività statistica anche per l’end-point secondario che comprendeva l’ospedalizzazione per angina instabile richiedente rivascolarizzazione urgente (HR 0.83, IC95%: 0.73 – 0.95).

Nei pazienti trattati non si è osservata una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause (HR 0.94, IC 95%: 0.83-1.06) e si è riscontrata una maggiore incidenza di infezioni fatali.

I risultati di questo studio sono estremamente interessanti perché per la prima volta documentano la possibilità di ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari agendo esclusivamente sull’infiammazione e suggeriscono potenziali vantaggi nel considerare il ruolo dell’infiammazione nell’approccio terapeutico di prevenzione cardiovascolare.

[Scarica l’articolo in PDF]

Antonella Potenza
Antonella Potenza
Dirigente Medico I livello. Cardiologia Interventistica IRCCS-ASMN Reggio Emilia

Comments are closed.