Empagliflozin e riduzione del rischio cardiovascolare: i risultati dell’EMPAREG OUTCOME
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5 Giugno 2016A cura di Antonella Potenza
Triantafyllis AS, Kortlandt F, Bakker Al, Swaans MJ, et al. Long-Term Survival and Preprocedural Predictors of Mortality in High Surgical Risk Patients Undergoing Percutaneous Mitral Valve Repair. Catheterization and Cardiovascular Interventions 87:467–475 (2016).
L’insufficienza mitralica (IM) è la seconda valvulopatia più frequente che necessita di trattamento chirurgico nel mondo occidentale. Il gold standard di trattamento, come indicato dalle attuali linee guida, è rappresentato dall’intervento cardiochirurgico di riparazione o di sostituzione valvolare. La riparazione percutanea dell’IM è un’opzione terapeutica che si pone come alternativa all’intervento cardiochirurgico convenzionale, in una selezionata popolazione di pazienti, costituita prevalentemente da soggetti che non vengono operati dal cardiochirurgo per un alto o proibitivo rischio operatorio per comorbilità, età avanzata o severa disfunzione ventricolare sinistra.
In questo studio sono stati arruolati 136 pazienti con insufficienza mitralica sintomatica, moderato-severa (3+) o severa (4+), con o senza disfunzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione del VS <60%) o dilatazione ventricolare sinistra (diametro telesistolico del VS >45 mm) sottoposti a impianto percutaneo di dispositivo Mitraclip. Tutti i pazienti avevano un profilo di rischio elevato in termini di score di rischio (EuroScore log >20 o STS score>12) o giudicati inoperabili da “heart team” per la presenza di comorbilità come FE <30%, età >80 anni, precedenti interventi cardiochirurgici, BMI >35 o <18 Kg/m2, ipertensione polmonare, insufficienza renale, BPCO o enfisema, aorta a porcellana, fragilità). L’EuroScore logistico era in media 23.1% ± 15.7%; l’STS medio 13.2 ± 8.2%; la maggior parte dei pazienti (63.2%) era affetta da coronaropatia e il 42.6% dei pazienti era già stato sottoposto a intervento cardiochirurgico. L’impianto percutaneo con sistema Mitraclip è avvenuto con successo (definito come riduzione del rigurgito mitralico ≤2) nel 92.3% dei casi; in 26 pazienti sono state impiantate 2 clip, mentre in 2 pazienti 3 clip. A 30 giorni la mortalità complessiva è del 3.5% (n=5 pazienti deceduti tutti per cause cardiache, di cui 4 pz per insufficienza cardiaca end-stage e 1 pz per arresto cardiaco). A 2 anni si sono verificati 35 decessi: 82.9% (n=29 pazienti) per cause cardiache e 17.1% (n=6 pazienti) per cause non cardiache. A 1 anno post-procedura, la sopravvivenza cardiaca e complessiva è dell’86.7% vs 84.6%, rispettivamente; a 2 anni 77.7% vs 74.8% rispettivamente. All’analisi univariata l’età avanzata (p=0.018), l’indice di massa corporea ridotto (p=0.036), GFR <45 ml/min (p=0.005), elevati livelli di NT-proBNP(p=0.010), classe funzionale NYHA III o IV (p=0.005), e score di rischio elevati (EuroScore logistico ≥20, p=0.014; STS ≥12, p=0.035) sono stati identificati come predittori pre-procedurali di mortalità cardiaca a lungo termine. All’analisi multivariata la classe NYHA III o IV pre-procedurale, elevati valori di NT-proBNP e l’età avanzata si associano a elevato rischio di mortalità cardiaca a lungo termine (HR 1.07, CI 95% 1.02–1.13, p=0.011; HR 2.07, CI 95% 1.02–4.20, p= 0.045 and HR 1.52, CI 95% 1.07–2.15, p=0.018, rispettivamente).
La correzione percutanea dell’insufficienza mitralica con MitraClip risulta un’opzione fattibile ed efficace nei pazienti ad alto rischio chirurgico. Nella fase di screening del paziente è importante la valutazione della classe funzionale NYHA pre-intervento, dei livelli di NT-proBNP e dell’età in quanto considerati forti predittori di mortalità cardiaca a lungo termine.