EINSTEIN CHOICE
5 Settembre 2017
Dopo lo stent, se c’è la fibrillazione atriale, basta dabigatran con un solo antiaggregante
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solo se stessa

Ogni vita
è solo se stessa: questa luce
bassa sulle case, i primi treni
che aprono il vento e ci sorprendono
in una specie di torpore,
la pastiglia nel bicchiere, gli adolescenti,
nel video, che cantano il dolore;
quando sembra che la mente nasconda
a se stessa il gesto di fuggire
la mattinata pura, i fatti nudi,
nel rumore di tutti il tempo che si perde
per essere solo ciò che siamo adesso,
per diventare solo solitudine.

La poesia di oggi potrebbe essere questa, secondo me: l’ha scritta qualche anno fa Guido Mazzoni ed è un’istantanea precisa, di contorni nitidi e calibratissime sfumature, delle giornate pallide che ci sono toccate in sorte (e che, in sorte, abbiamo docilmente accettato). E, per una volta, oltre alla poesia e ai versi che la compongono e che in me (ma spero anche in qualcuno di voi) modulano una tessitura musicale che mi accompagnerà, credo, a lungo, per una volta la spiegazione che il poeta ne offre è altrettanto efficace e interessante. La trovate entro una bella intervista, che merita a mio parere una lettura integrale, e dice così:

 

Nella prima parte del secolo, le macerie del Novecento sono fisiche; nella seconda parte, almeno per quanto riguarda l’Occidente, sono culturali. Un intero apparato di discorsi è franato. Non mi riferisco tanto a ciò che è accaduto negli ambienti intellettuali; mi riferisco a ciò che è accaduto nella vita quotidiana delle masse. Nessuno più crede nelle forme di trascendenza religiosa o laica che hanno accompagnato gli europei per secoli o millenni: Dio, la Patria, la Politica, il Dovere. L’entità più resistente è anche la più arcaica, Dio; ma il Dio che sopravvive non è quello che pretende di regolare i comportamenti individuali con le tavole della sua legge: è il fantasma genitoriale, il feticcio arcaico cui molti continuano a richiamarsi quando debbono affrontare le soglie della vita (la morte, la malattia, la sconfitta) e non trovano risposta. In questo senso, “ogni vita è solo se stessa” e la cerchia dei propri altri significativi che funzionano da prolungamento dell’io: la famiglia, gli amici. Nella mia poesia questo stato di cose viene circondato da un implicito segno-meno. Tuttavia capisco sarebbe possibile accoglierlo con una Stimmung molto diversa: la rimozione delle domande ultime e la consacrazione della vita privata comune, quella che si gioca nell’ambito tutto immanente della famiglia, degli affetti privati e del lavoro, sono state per molti una conquista. Da un punto di vista simbolico l’ascesa del privato e della sua Weltanschauung è il vero trionfo della borghesia…

 

E qui volevo chiudere e lasciarvi. E però, visto che di poesia stiamo parlando e in particolare di poesia che vorrebbe, a suo modo, dare voce alle contraddizioni che la vita nostra pacificata non ammette (la polvere sotto il tappeto del nostro «star bene al mondo»), non posso tacere che è uscita da qualche settimana l’opera completa di Sandro Penna (già ne avevamo parlato), che è un grande libro, che riporta in libreria alcuni tra i versi più sconcertanti del secolo scorso, e che la trovate presentata qui, da Walter Siti, con le parole estreme di cui la poesia di Penna, inevitabilmente, ha bisogno. Come queste:

 

Le poesie di Penna sono ogni volta un miracolo che riaccade, quasi contro il volere dell’autore: non ci sono strutture che le reggano, progetti di canzoniere, ‘cicli’ o ‘periodi’ – Penna si copre con la letteratura ma non la indossa, sotto resta nudo. Gli altri poeti che prima ho nominato appartengono (ciascuno a suo modo) al ‘campo di forze’ letterario, lui no; ogni poesia riuscita è il dono di una fede a cui Penna rinuncerebbe volentieri, se non fosse che il dio dell’amore lo tiene tra le grinfie e non lo molla – quella fede è in realtà una condanna, perché è il solo compenso alla mostruosità.

Davide Profumo
Davide Profumo
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