il pallone tra le case
24 Giugno 2019i ritagli di giugno
30 Giugno 2019Questo è un confine. Voi da una parte io dall’altra. Io dalla parte del palco, voi in platea. Qua sotto i riflettori, là nel buio. Di qua si è famosi, di là invece l’anonimato. Vi piacerebbe venire da questa parte, vero? Potete far domanda, rilascio permessi di soggiorno…
Mi pare che sia perfettamente congruo, almeno oggi, parlare di confini. E mi pare che sia decisamente perfetto, in questo senso, il monologo del giovanissimo scrittore (si è «giovani scrittori» sotto i cinquanta, ormai; per cui, sotto i trenta, si è «giovanissimi», secondo me… E poi c’era quella questione dei «venerati maestri» e dei «soliti stronzi», che però oggi lascerei da parte) il giovanissimo scrittore Elvis Malaj, che partì dall’Albania e oggi vive e scrive in Italia e in italiano, e sta per pubblicare un romanzo che senz’altro leggeremo. Se non altro per quello che riesce a raccontarci in questo monologo sui confini, per come sa spiegare alcune pieghe nascoste della questione, per come mi ha indotto a rifletterci un po’ sopra (proprio oggi, proprio in queste ore, che sono senz’altro le ore più adatte). Per esempio quando scrive così:
I confini con cui un migrante deve fare i conti non sono solo quelli dettati dagli stereotipi, dalla diffidenza eccetera ma anche da quelli che lui stesso erige. L’impatto con la nuova realtà, che quasi mai è come uno se l’aspettava. Le difficoltà quotidiane. Poi il migrante si rende conto che lui fa parte del problema, il problema dell’immigrazione, e i problemi chi è che li vuole? Così il migrante comincia a sentirsi un po’ vulnerabile, non voluto ed erige confini per proteggersi. Ai confini già esistenti eretti dalle persone del posto, lui risponde innalzando altri confini.
Ecco, vi invito alla lettura integrale di questo monologo, se avete voglia. Mi pare un bel monologo, forse darà a voi qualche spunto di riflessione, come lo ha dato a me. E dirà certamente che ci sono i fiumi (ahimè) e le montagne e c’è il mare (ahimè) e i muri e il filo spinato e i fucili e gli sguardi duri e le minacce; e poi ci sono ancora altri confini, mentali, intellettuali, psicologici, tutti umani… E anche con quelli facciamo i conti, tutti quanti noi, non soltanto quelli che si sono messi in cammino per migrare, ma anche quelli che da fermi li guardano arrivare. Anzi forse di più… Buona lettura.
[Che poi, a esser ben sinceri, ci sono migliaia di modi di superare un confine. E forse quello brevemente raccontato qui, grazie o per colpa di TripAdvisor, non ve lo so dire, è uno dei confini più assurdi e terribili tra tutti quelli che abbiamo attraversato; e pure quelli spaventosamente indecifrabili paventati qui, anche quelli sono confini che ci attendono, con cui faremo i conti, davanti ai quali forse stiamo già esitando, per colpa dei quali stiamo coltivando le nostre paure e i nostri terrori, e li scagliamo sugli altri perché sono terrori giganteschi, con sui sarà difficile venire a patti… Ecco, insomma, abbiamo tutta la nostra fragilità da consegnare ai prossimi confini, tutta la debolezza che nascondiamo dietro sguardi duri e minacce e filo spinato. È bene che ce ne ricordiamo quando pensiamo di essere i più forti, quelli che possono dettare le regole.]