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sguardi di donne

Tra i personaggi letterari femminili che ho amato di più c’è sempre stata (almeno da quando ho letto, tanti anni fa, il carme 64 di Catullo) Arianna. Quella del filo, quella del labirinto e del Minotauro, quella che l’amore sopra ogni cosa, quella che Teseo abbandonò su una spiaggia lontana da tutto e da tutti. Arianna piantata in Nasso, appunto.

Per questo ho letto oggi con piacere di una cosa che non sapevo e di un libro che è appena uscito e che tratteggia un altro ritratto di Arianna, diverso e più novecentesco, forse più femminile, sicuramente più attuale. Il libro è la riscrittura del mito di Arianna ad opera di una poetessa straordinaria come Marina Cvetaeva, che ho trovato presentato qui dalla classicista che ne ha curato l’edizione, un’altra donna, che si chiama Barbara Castiglioni.

Potete forse con piacere leggere queste sue parole (di Barbara Castiglioni):

L’Arianna classica è una figura molto particolare, perché è, sostanzialmente, passiva spettatrice del proprio mito. Il suo aiuto è fondamentale, per Teseo, per sconfiggere il Minotauro, ma Arianna rimane a Nasso, donna relicta e abbandonata per eccellenza. Ci manca quasi per intero, non possiamo dimenticarlo, la sezione ‘greca’ del mito, quella in cui Arianna doveva essere molto altro, ma l’Arianna latina di Catullo e Ovidio è l’icona della donna relicta. L’Arianna della Cvetaeva non somiglia alla rabbiosa quasi-Medea che aveva rappresentato Catullo, ma, più che essere ‘passiva’, è soprattutto dominata dall’angoscia, dall’impossibilità di vivere il presente e dal presagio dell’abbandono, di cui non dubita mai, nonostante non rinunci ad illudersi: Arianna ama Teseo nella certezza dell’assenza e dell’addio, «con la separazione e non con l’unione, per la morte – non per la vita». Arianna, però, diventerà immortale, grazie a Dioniso, che le offrirà «nuovi sentimenti», «un nuovo tatto, un nuovo aspetto, un nuovo essere»

Oppure potete leggere anche alcuni versi della Cvetaeva stessa, pronunciati da Arianna (e tradotti da Luisa De Nardis), in cui l’amore è infelice ancora prima di cominciare, in cui la passione è già consapevolmente destinata a spegnersi. Eccoli:

“Tradirai la passione… è detto che io sia abbandonata.  Fumo – la tua passione. Fuoco di paglia – la tua passione”.

Leggeremo di nuovo di Arianna, quindi. Ma non solo. C’è un altro consiglio che mi permetto di dare a voi cardiologi lettori di libri e di poesie e che ha sempre piuttosto a che fare con le donne di cui ho parlato finora.

Si tratta di una pagina web (che ne promette altre, che seguiranno) in cui un valentissimo critico letterario, Giuseppe Langella, propone una rilettura del canone letterario novecentesco in prospettiva femminile.

Il primo post che Langella scrive è dedicato a Sibilla Aleramo (lo trovate qui); più che il ritratto in sé, che è comunque utile, mi pare importante l’idea stessa della rassegna. Che è anche una risposta ai tanti sguardi femminili che dalle aule di scuola mi guardano e sempre più spesso mi chiedono se sia possibile avere anche sguardi di donne sul mondo e sulla letteratura, non soltanto donne angelo o donne traditrici o donne sedotte e poi tradite.

C’è Arianna insomma, ma non c’è lei soltanto. Rileggeremo di Arianna, molto volentieri, tenendo conto di questo fatto, di quegli sguardi.

Davide Profumo
Davide Profumo
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