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sei libri per il nuovo (vecchio) millennio

Ho pensato, appena letto l’articolo che ho intenzione di segnalarvi stamattina, a quali libri avrei scelto io, se avessi dovuto farlo. A quali romanzi, per essere più precisi, perché è di quello che si sta parlando, a quali romanzi di qualsiasi lingua avrei scelto e analizzato. E ho subito pensato che due sarebbero stati senz’altro gli stessi scelti nel libro di cui l’articolo parla, senza esitazione (si tratta di Houellebecq e Foster Wallace); che altri due mi piacciono ma forse non mi convincono così tanto (si tratta di Coetzee e di Bolaño); e che agli ultimi due, invece, avrei senz’altro rinunciato, e anche con un pizzico di maligna soddisfazione (non ve li dico; avrete un motivo in più per leggere l’articolo, insomma).

 

Stamattina, infatti, ho scoperto che è stato pubblicato un saggio di Filippo Pennacchio che si propone, attraverso la scelta e l’analisi di sei romanzi esemplari e in qualche modo decisivi del passaggio del millennio di analizzare le forme e la trasformazione del genere moderno per eccellenza, sia per stabilire un microcanone contemporaneo sia per provare a tracciare una rotta per il futuro narrativo che ci aspetta. E sono ovviamente andato subito a vedere quasi siano i sei romanzi che secondo lui hanno cambiato il panorama della narrativa mondiale e quale rotta, secondo lui, stiano tracciando. E ne ho tratto le conclusione che avete letto appena sopra (oltre alla necessità di leggere subito il suo libro).

 

Ma affinché anche voi possiate trarne le conclusioni che credete (mi piacerebbe anche rifare il gioco pensando solo a romanzi italiani, magari soltanto tre, per non esagerare…), vi lascio il link all’articolo che presenta il libro: lo ha scritto Riccardo Donati ed è questo. E anche un piccolo estratto, che ci aiuti a capire di cosa stiamo parlando (e ci faccia venire voglia di leggerne o rileggerne uno, di questi sei romanzi del nuovo millennio):

 

Che i sei romanzi qui esaminati formino un esemplare “microcanone globale” mi pare affermazione più che condivisibile. Ciò su cui nutro qualche dubbio è però dove collocare questo microcanone nella fase di passaggio di cui si diceva in apertura. Tra le varie caratteristiche che l’autore mette in luce a proposito delle opere analizzate c’è, e non in posizione secondaria, il ricorso a complesse strategie di intertestualità, migrazioni incrociate di riferimenti, modalità discorsive allusive. Insomma, tutto uno strumentario espressivo che rivela una volontà di stare ancora con i piedi ben piantati dentro la tradizione romanzesca, di creare in ultima istanza dei libri-libri (con la parziale eccezione del più sperimentale, ovvero Infinite Jest). Questo può indurci a riflettere sul fatto che questi romanzi, il più recente dei quali risale a tredici anni fa, stiano sì sul crinale della contemporaneità ma, tutto sommato, ancora dalla parte del secolo scorso, siano insomma gli ultimissimi discendenti di un sistema-mondo letterario a suo modo classicamente letterario-centrico…

 

Ecco, forse abbiamo pensato che alcuni libri aprissero il futuro e invece no, stavano soltanto chiudendo il passato. Forse, dopo il 2006, ne sono arrivati altri, che sono davvero il futuro. Ma per riconoscerli abbiamo bisogno di qualche anno ancora. E magari qualcuno già lo abbiamo sfogliato, forse non lo abbiamo capito, forse lo capiremo e sarà il libro che non lasceremo cadere facilmente dalle mani. Forse qualcuno lo ha già pubblicato.

Davide Profumo
Davide Profumo
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