mondi lontanissimi
1 Settembre 2021ali
10 Settembre 2021Potrebbe anche essere divertente parlare di calcio, stamattina. Perché, per esempio, è appena uscito un libro di cui si dicono cose belle, che viene presentato qui con una bella recensione, che ci fa venire voglia di leggere il calcio e le partite di calcio come un disegno, una storia, un lungo sentiero che ci ha portato fin qui, e che partiva da lontano. Oppure potremmo utilmente parlare di un romanzo che è uscito diversi anni fa ma che vale la pena sempre di leggere, di rileggere, un romanzo che ha un titolo che ricorda una poesia, da comprendere, da rimettere a fuoco nelle nostre menti di lettori. O anche, poiché siamo davvero incontentabili, potremmo parlare di Dante, ovviamente, nell’anno dantesco, della vita di Dante e di cosa fu la Firenze in cui egli abitò, e del perché sia importante sempre parlarne, settecento anni dopo, dopo tutta l’acqua che l’Arno nel frattempo ha portato…
Ma siamo qui tra medici cardiologi, però. E niente pertanto vale come parlare del cuore, parlare d’amore, delle parole che raccontano l’amore, della scrittura che ogni tanto riesce a mettere in se stessa lo spavento ineffabile e inesprimibile dell’amore, il cuore che batte una volta di meno, una volta di più, il cuore che ha paura, il cuore che sa, la scienza del cuore che vede l’amore e ne intuisce la fine, il dolore.
E quindi, se parliamo d’amore (ma davvero è d’altro che vorreste parlare?) (davvero?), oggi è con Andrea Inglese che dobbiamo farlo, che è autore di un almeno un paio di bellissimi libri (questo, o questo), ma oggi è per me soprattutto scrittore di poche e terribili righe, che ho letto in un sito web qualche giorno fa, e che mi sono portato dietro nelle ore vuote dei primi giorni di settembre, righe parlano d’amore e del futuro di ogni amore, un frammento (così lo definisce Inglese) che racconta i pezzi del cuore che l’amore fa a pezzi e che nemmeno i cardiologi potranno mai rimettere insieme, ricostruire.
Inizia così, il frammento di Inglese:
…
Quando mi sono reso conto con sufficiente sicurezza, in virtù di varie prove ogni giorno ripetute e di ogni genere, che io e Hélène ci amavamo, che sì davvero io amavo Hélène, ed Hélène amava me, proprio allora ho cominciato a prepararmi alla fine, alla fine dell’amore, alla totale distruzione dell’amore, al grande falò, all’abbandono, al ritrovarmi solitario cane su di una banchina desolata e battuta dal vento, senza barche in vista sul mare né persone sulla terraferma.
Tutte le prove dell’amore mio e di Hélène, amore impetuoso e ricambiato, tutte queste prove, che ogni giorno vengono offerte e raccolte, anche involontariamente, non sono discutibili, non vi è ragione che possa respingerle o confutarle, e basterebbe l’intuizione semplice, senza applicazione argomentativa e analitica, per capire quanto io ed Hèlène ci amiamo, e che proprio ora, anche se non si sa bene fino a quando, noi siamo nel pieno del nostro amore, portati sulla cresta dell’onda dell’amore, senza davvero nessuno sforzo, poiché l’amore è una spinta, un motore, qualcosa che eccede le singole motivazioni e i singoli significati, e trasporta ogni cosa, ogni gesto e ogni ora, senza chiedere e rendere conto, tutto l’amore è dentro questo movimento senza fatica, continuo, eccessivo, e mai stancante.
Ma datemi retta, cardiologi che sanno qualcosa del cuore e non cardiologi che di cuore sanno nulla di nulla, leggetelo tutto fino alla fine.