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Ruggero Bacone (1214/20-1292)

Il francescano Ruggero Bacone apparteneva alla Scuola di Oxford, il cui maestro e fondatore, Roberto Grossatesta (1168-­1253), aveva elaborato una teoria sulla diffusione ed azione della luce e il principio di causalità. Ogni oggetto visibile gene­rava delle immagini di sé, che a loro volta provocavano il for­marsi di alcune rappresentazioni mentali responsabili della conoscenza di un fenomeno.

Esisteva una metodologia che permetteva di interpretare correttamente queste percezioni. Era data dalla matematica e dalle sue leggi, in particolare dal rigore della geometria eucli­dea, cui Ruggero Bacone attribuiva la capacità di collegare il piano dell’ideazione mentale di un oggetto con quello della realtà percepita. La matematica era essenziale per comprende­re la natura dei fenomeni osservati. Una scientia experimentalis, quella auspicata da Bacone, che non nasceva da una metodo­logia tipica del XVII secolo, basata sulla verifica pratica di un presupposto teorico, come verrà ipotizzato da Francis Bacon o Galileo Galilei. Scienza sperimentale era non disdegnare di occuparsi con rispetto e comprensione della sapientia delle per­sone più umili, riconoscere anche in questa il riflesso di una saggezza più elevata, che aveva come fine ultimo l’unità di tutte le discipline scientifiche e la salvezza dell’anima. La capa­cità di considerare tutte le realizzazioni dell’uomo su di un piano di sostanziale parità, portò Ruggero Bacone ad annulla­re la separazione aristocratica tra l’intellettuale e colui che eser­citava un’attività manuale. Ogni realizzazione umana acquista­va una propria dignità, che permetterà alla scienza di migliora­re le condizioni di vita degli uomini fino ad esiti impensabili per i contemporanei. Il francescano giunse ad ipotizzare mac­chine volanti, macchine che permettevano di esplorare il fondo dei mari e che non avevano bisogno dei muscoli dell’uomo o degli animali per essere mosse (De secretis operibus). Nella sua avversione innata per il sapere accademico istituzionale, che non si curava di quanto la ricchezza della realtà e del mondo potessero insegnare, Bacone indicò con chiarezza i tre tipi di errore che si potevano commettere nella ricerca del sapere scientifico:

  • il ricorso ingiustificato all’autorità (auctoritas) per nascon­dere la propria ignoranza, facendosi scudo del prestigio di un autore e delle sue idee;
  • la sottomissione acquiescente e priva di critiche alla tradi­zione, per astenersi dal compiere una ricerca originale che avrebbe potuto ribaltare il modo di affrontare e di valuta­re un problema;
  • l’accettare come provata dall’esperienza una visione della realtà che era invece basata unicamente sulla consuetudine dei molti, sul conformismo intellettuale che evitava di prendersi dei rischi sociali e personali.

Il pensiero di Ruggero Bacone era disseminato di elementi scomodi per il mondo della cultura ufficiale del suo tempo e soprattutto per le gerarchie ecclesiastiche, che su di esso si appoggiavano come una garanzia di autorevolezza. Le idee di questo filosofo erano in anticipo sul tempo in cui visse, anche se una visione profondamente fideistica del sapere scientifico lo rendeva un uomo ancora autenticamente medievale. Ma le cose stavano cambiando, anche se lentamente. Gli stati nazionali cominciavano a ritagliarsi un proprio spazio e non sopportava­no più la dipendenza ideologica, a volte anche diretta, ai voleri della Chiesa cattolica.

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