dieci futili ricordi
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Redfors B, Kirtane AJ, Pocock SJ, et al. Bleeding events before coronary angiography in patients with non-ST-segment elevation acute coronary syndrome. J Am Coll Cardiol 2016; 68:2608-2618.
Si tratta di un’importante analisi sull’incidenza e l’impatto dei sanguinamenti in pazienti con SCA senza sopraslivellamento del tratto ST, alla luce del regime antitrombotico. Lo studio utilizza i dati del trial ACUITY, e osserva che su 13.726 pazienti con SCA a moderato-alto rischio trombotico (quindi candidati a coronarografia di routine), in 257 (2%) si sono verificati sanguinamenti clinicamente rilevanti prima della coronarografia, dei quali 52 (0.4%) maggiori. I pazienti con eventi emorragici erano più anziani (età media 66.75 vs 62.59 anni) e più spesso affetti da insufficienza renale (34.1% vs 18.8%). Erano, inoltre, stati trattati più frequentemente con eparina a basso peso molecolare rispetto a quella non frazionata e con inibitori GPIIB/IIIA (GPI) rispetto alla bivalirudina. Come è prevedibile, il rischio di sanguinamento era più alto nei pazienti trattati con multipli farmaci antitrombotici (HR: 1.33; IC 95% 1.14-1.56). A un anno il sanguinamento si associava a una più elevata incidenza di morte (8.5% vs 4.1%, p < 0.001); peraltro, dopo le correzioni statistiche per le comorbilità, gli eventi emorragici erano associati a una maggiore incidenza di morte nel primo anno (HR: 1.89; IC 95% CI: 1.23-2.92, p = 0.004). L’intervallo medio di tempo fra il ricovero e la coronarografia è stato di 4.5 ore nei pazienti che non hanno avuto eventi emorragici e 27.9 ore in coloro che invece li hanno avuti. Non è del tutto chiaro se il ritardo nell’esecuzione della coronarografia sia stato causato dal sanguinamento o piuttosto lo abbia favorito; certo è che, nelle SCA, la strategia antitrombotica con minor rischio emorragico (pur garantendo la copertura anti-ischemica), unita a un rapido ricorso alla coronarografia, dovrebbero costituire i criteri fondamentali di approccio.