Cenerentola… non proprio da sottovalutare. Il lato nascosto del Takotsubo
5 Luglio 2018Rischio annuale di sanguinamenti maggiori in una popolazione di soggetti senza malattia cardiovascolare non in trattamento con antiaggreganti piastrinici
5 Luglio 2018A cura di Ilaria Cavallari
Lee CJ-Y et al. Risk of Myocardial Infarction in Anticoagulated Patients With Atrial Fibrillation. J Am Coll Cardiol 2018; 72(1):17-26.
Ad oggi, vi sono evidenze contrastanti sull’efficacia della terapia anticoagulante orale (anticoagulanti orali diretti, DOAC e antagonisti della vitamina K, VKA) per la prevenzione dell’infarto miocardico.
Questo studio ha valutato il rischio di infarto miocardico associato all’uso di apixaban, dabigatran, rivaroxaban e VKA in pazienti con fibrillazione atriale.
Popolazione in studio. Utilizzando i registri sanitari danesi, sono stati dapprima identificati 31.739 pazienti con fibrillazione atriale e successivamente stratificati in base al trattamento anticoagulante orale in corso.
Endpoints. Ospedalizzazione e mortalità per infarto miocardico.
Risultati principali. I pazienti inclusi nell’analisi avevano un’età media di 74 anni e il 47% era di sesso femminile. Il rischio standardizzato a un anno di infarto miocardico era 1.6% nei pazienti in trattamento con VKA (95% CI da 1.3 a 1.8), 1.2% con apixaban (95% CI da 0.9 a 1.4), 1.2% con dabigatran (95% CI da 1.0 a 1.5) e 1.1% con rivaroxaban (95% CI da 0.8 a 1.3) (si veda la figura qui sotto). Non è stata osservata alcuna differenza significativa nel rischio di infarto miocardico a un anno tra i diversi DOAC: dabigatran versus apixaban (0.04%), rivaroxaban versus apixaban (0.1%), rivaroxaban rispetto a dabigatran (-0.1%). Al contrario, le differenze di rischio tra DOAC e VKA erano tutte significative: -0.4% per apixaban, -0.4% per dabigatran e -0.5% per rivaroxaban.
Conclusioni. I dati provenienti da questo studio di popolazione, che ha incluso pazienti affetti da fibrillazione atriale, evidenziano un effetto di classe della terapia anticoagulante con i DOAC nella riduzione del rischio di infarto miocardico rispetto alla terapia tradizionale con VKA.