affiorava il sospetto
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cedere
27 Giugno 2018

qui le persone sono così felici

Immagino di dovermi da me stesso aspettare qualche riga sui temi dell’esame di Stato e su Giorgio Bassani (o sulla solitudine nell’arte, a scelta). Lo immagino, non so perché, e mi infastidisco con me stesso, perché lo immagino, e passo oltre infastidito, un po’ perché la vita mi ha regalato un giugno senza esami di stato, quest’anno, e ancora non so come ringraziarla; un po’ perché la palese inutilità dell’esame stesso mi pare così evidente che impiego invece molte ore di questo giugno a chiedermi, infastidito, perché invece se ne debba parlare così tanto, di questi benedetti temi d’esame, a quale scopo, invece di occuparsi di altro o di niente, che sarebbe comunque meglio.

 

In ogni caso, se vi va, Claudio Giunta ha scritto più o meno quello che avrei scritto io (solo che lui, annafrankiamente, lo ha scritto, appunto), incipit compreso, sui temi d’esame (e anch’io insisto che c’era per una volta, davvero un brano di letteratura altissima, quello di Francesco Petrarca, entro le tracce). Ma c’è chi è decisamente più entusiasta di me, a proposito di Bassani; e chi invece, al contrario, ritiene che se ne debba alla svelta fare a meno, sempre di Bassani. Valutate voi, insomma. Io, l’ho già detto, farei direttamente a meno di tutto, e sarebbe un bel risparmio di tempo e di denaro e di brani letterari citati alla carlona, per un esame in cui nessuno boccia nessuno e per lo più ci si prende bonariamente un po’ in giro, aspettando che finisca, aspettando che qualcuno ci giri il solito film idiota da incassi al botteghino e qualcun altro incassi i diritti d’autore per la solita inascoltabile canzone, questa notte è ancora nostra, lasciatemi in pace.

 

Preferisco pensare ad altro, cercare altro, leggere altro. E posso dirvi che sto approfittando di questi giorni senza esame per leggere il libro di Pietro Del Soldà, che si intitola Non solo di cose d’amore, e lo sto trovando molto interessante. Mi sono segnato questo passaggio, per esempio:

 

Un’unica forza sta dietro le forme dell’infelicità del’io e della città: sono tutte facce della stessa realtà. Socrate ci consente di scorgerne, oltre le differenze, il denominatore comune: è l’incapacità di dare armonia alle «voci del coro», cioè di governare se stessi e la città senza escludere nessuna delle parti che li compongono…

 

Ma, come è successo a molti dei libri belli che ho letto quest’anno, ne riparlerò, anche di questo. Così come sempre volentieri riparlo delle struggenti e disperate poesie di Agota Kristof, da poco uscite in traduzione italiana. Oggi ne ho letto altre parole interessanti qui: le ha scritte Matteo Moca, che illumina alcune parti rilevanti del discorso poetico di Kristof e decide anche di citare questi terribili versi:

 

Qui le  persone sono così felici
che nemmeno amano
sono realizzate non hanno bisogno
l’uno dell’altro nemmeno di dio
la mattina si siedono davanti alle loro case inondate di luce
e fino a sera aspettano la morte

 

(Che, ne converrete, non è molto diverso dalla cosa che cercava di dire Pietro Del Soldà, poche righe sopra.)

 

Infine, come ulteriore invito a dimenticare le prove dell’esame di Stato, così tristemente utili e azzeccate, mi piace riproporre un altro scrittore contemporaneo italiano di cui mi pare di non parlare mai abbastanza. Si tratta del triestino Mauro Covacich, ha scritto romanzi e racconti di grande qualità, ne ho trovato qui un breve ma sensatissimo profilo, mi pare giusto e bello segnalarlo, nella speranza che qualcuno provi a leggere qualche pagina anche di Covacich. E magari anche questa (citata da Morena Marsilio), che parla di un bosco appena sopra Trieste, in cui un tempo venivano infoibati gli italiani mentre oggi corrono i runner con le scarpe comprate da Decathlon, come le mie, e di notte arrivano i «clandestini» che cercano di entrare in Italia. Ed era anche questo che dovevamo dire, credo:

 

Di giorno, campo di atletica. Di notte, guado della speranza. Di giorno, uomini liberi, in fuga da niente e da nessuno, assorbivano la loro dose di ossigeno per tenersi in forma, sudavano per migliorarsi. Di notte, uomini con le scarpe da ginnastica scalcagnate si nascondevano ai fari dei poliziotti, ingannavano come potevano il fiuto dei cani lupo.

Davide Profumo
Davide Profumo
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