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12 Ottobre 2021un graffio sulla pelle del mondo
17 Ottobre 2021Se durante la giornata di ieri avete aperto la homepage di Google, avete sicuramente notato il doodle (cioè l’immagine usata come logo speciale) dedicato a Eugenio Montale (ne potete trovare traccia su molti siti, anche su quello dell’Ansa, che sa istruirvi così: tra i massimi poeti italiani del Novecento, fissò i termini di una poetica del negativo in cui il “male di vivere” si esprime attraverso la corrosione dell’Io lirico tradizionale e del suo linguaggio).
Io ho aperto la pagina e, avendo da sempre una mia tutta personale predilezione per i versi di Montale (che sono tra quelli che più mi hanno rovinato la vita, devo ammetterlo), ho anche un po’ sorriso quando ho visto quel disegno. Perché in fondo rappresenta un Montale tutto diverso da come lo immagino io da trent’anni, perché mescola l’alto e il basso, la poesia e la barra di ricerca, il mare azzurro, un motoscafo da ferie d’agosto e non so cosa d’altro, tutto insieme, in una celebrazione più superflua di altre, secondo me, ma di certo non nociva. Anche se inutile.
Ma la rete è la rete, come avrete ben compreso in questi anni in cui vi ho tormentato. E allora, passando di pagina in pagina, sono finito a guardare un breve video di YouTube, in cui Montale viene inquadrato sulla sua terrazza milanese mentre dipinge quadretti di fiori, seguendo il breve filo di una serie di domande ovvie, entro un’intervista davvero perdibilissima e quasi del tutto priva di qualunque interesse letterario, se non per l’ultima domanda, quella in cui l’intervistatore, in un guizzo insospettabile di originalità, chiede al poeta un giudizio sul Montale pittore, quello che sta in quel momento fingendo di dipingere.
E allora Montale (lo trovate al minuto 3.49) dice così:
Io ho cercato di trovare dipingendo una certa ingenuità primitivistica dentro di me, che naturalmente avevo perduto scrivendo versi…
Ecco, benché non fosse la prima volta che ascoltavo quell’intervista, sono rimasto senza fiato. Credo sia stato quell’avverbio, naturalmente. O forse è stato semplicemente il concetto di fondo, «perdere l’ingenuità», riferito alla poesia, come se fosse la cosa più ovvia di tutte: scrivere versi significa naturalmente perdere la propria ingenuità. Ho un po’ voluto bene al logo speciale di Google, mentre precipitavo nel fondo scuro di quell’avverbio…
Ma non c’è niente di così strano, in realtà. Passiamo in effetti le giornate, facciamo il nostro mestiere, qualunque esso sia, anche scrivere versi, e perdiamo la nostra ingenuità: forse è un bene per il mondo che ci sta intorno, senz’altro è un male per noi. Ma non ci si può fare molto: si prova magari a dipingere, si trova un hobby, qualcosa in cui si possa ancora essere dilettanti e apprendisti, qualcosa per cui riuscire a guardare il mare e a vederlo azzurro come quello del doodle di Google.
[Ed è quindi naturale che anche voi cardiologi possiate porvi la stessa implicita domanda: siamo diventati medici meno ingenui? abbiamo guadagnato in professionalità? ma non era forse meglio essere un po’ più ingenui, anche in quanto medici? non c’era un entusiasmo primitivo che ci dava spinte ed energie che ora abbiamo perso? e c’è adesso qualcosa, come fu la pittura per il Montale poeta affermato, in cui ci sentiamo ingenui e spensierati e quindi un po’ più felici, e che non è la cardiologia?]
A volte sono gli altri e regalarci un po’ di stupore infantile, i nostri figli, i nostri alunni. Con la poesia di Montale fu una mia ex studentessa (gli studenti canaglie), non molto vocata per gli studi letterari, che un giorno, davanti al mio ripetuto citare poesie di Montale (che tante volte e con tanta inutile passione le avevo letto in classe), mi interruppe per chiedermi: «Ma chi, quello delle seppie?».
Ecco sì, mi sono detto ieri, naturalmente sì: quello del mare azzurro, del doodle, delle Cinqueterre, delle scogliere, e soprattutto delle seppie. A Montale, più che la poetica del negativo in cui il “male di vivere” si esprime attraverso la corrosione dell’Io lirico tradizionale, credo sarebbero piaciuti il doodle con il mare azzurro e il suo bel soprannome, con cui oggi (anzi no, ieri) vogliamo commossi ricordarlo, quello delle seppie.