C’è però una cosa che non vorrei: non vorrei che qualcuno dei gentilissimi medici che qui mi ospitano pensasse che questo minimo spazio voglia in qualche modo rappresentare una minima rivendicazione di importanza della cultura cosiddetta umanistica contro quella cosiddetta scientifica. E’ il contro la cosa che non vorrei. Perché credo fermamente, invece, che le due culture, quella utile come quella inutile (se ci piace pensarla così), non possano che crescere o decrescere congiuntamente. Perché credo che meno si studiano i classici latini più si crede al metodo cosiddetto Stamina: perché è proprio lo studio che, secondo me, fa ancora la differenza. E c’è quindi questo bell’articolo di Annalisa Andreoni, in giro sul web, che lo spiega molto meglio di come avrei saputo fare io, e che dice, tra il resto, così:
- L’attuale tendenza a ridurre gli spazi riservati alle discipline letterarie e speculative è invece legata alla diffusione di altri indirizzi politico-economici i quali, poggiando su strategie di marketing e di comunicazione, privilegiano le competenze che promettono una ricaduta immediata nel mondo del lavoro e sostengono la trasmissione di conoscenze parcellizzate e competenze tecniche facilmente misurabili (con test, quiz e via dicendo). Sappiamo bene che le recenti riforme del nostro insegnamento scolastico sono andate in questa direzione e che l’idolo della quantificabilità sta guidando le politiche della valutazione universitaria e scientifica. Ebbene, che risposta dà la cultura umanistica italiana di oggi alla crisi in cui versa e agli attacchi oggettivi ai quali è sottoposta?
E se poi ancora non bastasse e vi chiedeste (come in molti stanno più o meno velatamente facendo, in questi mesi) quale sia lo scopo ultimo degli studi letterari e filosofici, a me pare che questa riposta di Guido Baldi sia un buon inizio. E lo sia in particolare quando dice così:
- Proprio perché l’insegnante di lettere parla di un mondo che non c’è (quasi) più, o che non c’è ancora, il suo lavoro riveste una funzione indispensabile: indicando come porsi dinanzi alla datità del reale da un punto di vista straniante, insegna a non accettare acriticamente l’esistente, a sviluppare il senso critico, a opporsi al negativo e a resistere alla sua avanzata.