A cura di Antonella Potenza
Lee S-Y, Hong M-K, MD, Palmerini T, MD, Kim H-S, Valgimigli M, Feres F, Colombo A, Gilard M, Dong-Ho Shin D-H, Kim J-S, MD, Kim B-K, Ko Y-G, Choi D, Jang Y, Stone G.W. Short-Term Versus Long-Term Dual Antiplatelet Therapy After Drug-Eluting Stent Implantation in Elderly Patients A Meta-Analysis of Individual Participant Data From 6 Randomized Trials J Am Coll Cardiol Intv 2018
Diversi fattori clinici e procedurali sono associati a un aumentato rischio ischemico (ad es. la trombosi di stent) ed emorragico nei pazienti sottoposti a impianto di stent medicato (DES). Esistono anche fattori individuali che aumentano entrambi i rischi (ad es. l’età avanzata, il diabete mellito, l’insufficienza renale cronica e pregressa PCI) e questo rende difficile valutare il rapporto rischio/beneficio del prolungamento della durata della duplice terapia antiaggregante (DAPT).
Due trial clinici randomizzati, il DAPT (Dual AntiPlatelet Therapy) e PEGASUS-TIMI 54 (Prevention of Cardiovascular Events in Patients with Prior Heart Attack Using Ticagrelor Compared to Placebo on a Background of Aspirin-Thrombolysis In Myocardial Infarction 54), hanno dimostrato una riduzione significativa degli eventi cardiaci e cerebrovascolari con un aumento degli episodi di sanguinamento con una durata prolungata della DAPT.
È difficile estendere tali risultati anche ai pazienti anziani che, di per sé, presentano un più alto rischio di eventi ischemici ed emorragici e costituiscono un sottogruppo scarsamente rappresentato negli studi clinici controllati randomizzati; in questi pazienti la durata ottimale della DAPT rimane pertanto controversa.
In questa meta-analisi sono stati analizzati i dati di 6 trial clinici che hanno confrontato la durata a breve termine (£6 mesi ) e a lungo termine (12 mesi) della DAPT nei pazienti anziani sottoposti a impianto di DES.
L’end-point primario dello studio era un composito di rischio di infarto miocardico, definita o probabile trombosi di stent, o stroke a 12 mesi.
L’end-point secondario maggiore era un sanguinamento maggiore a 12 mesi.
Tra gli 11.473 pazienti randomizzati, 6152 (53.6%) avevano meno di 65 anni, mentre 5319 (46.4%) avevano un’età >65 anni.
Il rischio di end-point primario non risulta statisticamente significativo tra i pazienti trattati con DAPT a breve o a lungo termine (hazard ratio [HR]: 1.12, 95% confidence interval [CI]: 0.88 to 1.43; p=0.3581).
Gli stent medicati di nuova generazione sono utilizzati nell’89.6% dei pazienti, soprattutto in quelli con durata breve della DAPT, indipendentemente dall’età.
A un’analisi di sottogruppo, è emersa una significativa interazione tra l’età e la durata della DAPT (P di interazione=0.0384). Nel sottogruppo di pazienti giovani (età <65 anni), la DAPT a breve termine si associa a un più alto rischio di end-point primario; tale differenza è dovuta a un più alto rischio di infarto miocardico (p=0.0355).
Nei pazienti anziani (età >65 anni), non vi è differenza di end-point primario in base alla durata della DAPT.
Per quanto riguarda il rischio di sanguinamento, nell’intera popolazione dello studio, la breve durata della DAPT si associa a un ridotto rischio di sanguinamenti maggiori. Nei pazienti giovani, non vi è differenza in termini di sanguinamenti maggiori tra la breve o prolungata durata della DAPT. Nei pazienti anziani, il rischio di sanguinamenti è significativamente ridotto da una durata breve della DAPT.
In conclusione, la DAPT a breve termine dopo impianto di DES di nuova generazione può risultare vantaggiosa nei pazienti anziani rispetto a quelli più giovani; i DES di nuova generazione, che possono richiedere una DAPT anche inferiore ai 3 mesi, potrebbero essere considerati come alternativa nel trattamento dei pazienti anziani.