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Qual è la terapia antitrombotica ottimale nei pazienti con fibrillazione atriale e malattia coronarica?

A cura di Ilaria Cavallari

 

Patti G, et al. Outcomes of anticoagulated patients with atrial fibrillation treated with or without antiplatelet therapy – A pooled analysis from the PREFER in AF and PREFER in AF PROLONGATON registries. Int J Cardiol. 2018;270:160-166.

 

A oggi vi sono evidenze limitate riguardo i vantaggi derivanti dall’aggiunta della terapia antipiastrinica all’anticoagulazione in pazienti affetti da fibrillazione atriale e concomitante malattia coronarica. Questo studio ha utilizzato i dati di due registri europei per valutare gli outcome clinici di pazienti con fibrillazione atriale e malattia coronarica stabile in monoterapia con anticoagulanti orali o in trattamento combinato con un anticoagulante orale e un antiaggregante.

 

Popolazione in studio. Questa analisi dei dati dei registri europei PREFER-in-AF e PREFER-in-AF PROLONGATION ha incluso pazienti in trattamento anticoagulante per fibrillazione atriale con storia di infarto miocardico o impianto di stent coronarico da oltre un anno.

Endpoints. L’endpoint primario dello studio era un endpoint composito netto valutato a un anno di follow-up che includeva l’incidenza di sindrome coronarica acuta e/o di sanguinamento maggiore.

 

Risultati principali. Un totale di 1058 pazienti è stato incluso in questa analisi; di questi, 348 erano in terapia combinata anticoagulante/antiaggregante e i rimanenti 710 in sola terapia anticoagulante. L’incidenza dell’endpoint primario era significativamente più elevata nei pazienti che ricevevano farmaci antipiastrinici in aggiunta all’anticoagulante rispetto ai pazienti in sola terapia anticoagulante (7.9 vs 4.2 per 100 pazienti/anno; adjOR 1.84, 95% CI 1.01-3.37; p=0.048). Tra i componenti dell’endpoint primario, la maggiore differenza relativa tra le due opzioni terapeutiche è stata riscontrata per il sanguinamento maggiore (OR 2.28, 95% CI 1.00-5.19), e in particolare per l’emorragia minacciosa per la vita o il sanguinamento non di origine gastrointestinale. Il beneficio clinico netto della terapia antitrombotica combinata era sfavorevole indipendentemente dal tipo di malattia coronarica (precedente infarto miocardico o impianto di stent coronarico), dal tipo di stent (metallico o medicato) e dal tipo di anticoagulante (antagonista della vitamina K o anticoagulante orale diretto).

 

Conclusioni. Tra i pazienti con fibrillazione atriale e malattia coronarica stabile, l’aggiunta della terapia antipiastrinica all’anticoagulazione aumenta il rischio di sanguinamenti maggiori, ma non sembrerebbe fornire una protezione aggiuntiva dagli eventi coronarici. La monoterapia anticoagulante a distanza di almeno un anno da un infarto miocardico o dall’impianto di uno stent coronarico dovrebbe quindi essere considerata la terapia antitrombotica di scelta per tali pazienti.

Ilaria Cavallari
Ilaria Cavallari
Cardiologo, Policlinico Campus Bio-Medico di Roma

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