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Proteina C e malattie cardiovascolari

Proteina C e malattie cardiovascolari
Armando D’angelo
Servizio di Coagulazione ed Unità Ricerca Trombosi, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano

 

Nel loro “historical sketch” circa la scoperta della trombomodulina (1), Chuck Esmon e Whyte Owen narrano di come il ruolo centrale della proteina C, una proteina vitamina K-dipendente gia’ nota (2), ma fino ad allora orfana di una attivita’ fisiologica, sia stato scoperto utilizzando come modello il cuore di Langendorff. A distanza di quasi 30 anni, la convinzione pressocche’ generale e’ che la malattia cardio- (e cerebro-) vascolare riconosca una patogenesi trombotica su di un background infiammatorio: e’ perlomeno curioso che in area cardiologica non sia mai stato preso in considerazione lo sfruttamento a livello clinico di una proteina che ha tanto proprieta’ anticoagulanti quanto proprieta’ anti-infiammatorie e citoprotettive. Questo, nonostante dati sperimentali nell’animale che evidenziano una forte attivazione del sistema della proteina C in corso di ischemia cardiaca (3,4), dati clinici nei pazienti con sepsi grave trattati con proteina C attivata che testimoniano come proprio la funzionalita’ cardiocircolatoria sia la prima ad essere ripristinata nel quadro della multi-insufficienza d’organo (5), e dati clinici in pazienti sottoposti a bypass coronarico che mostrano una correlazione positiva tra attivazione della proteina C dopo riperfusione miocardica e recupero emodinamico postoperatorio (6).

Mentre la proteolisi delle forme attivate di fattore V ed VIII da parte della proteina C attivata avviene sulle superfici fosfolipidiche – in special modo se ossidate (7) -, le attivita’ anti-infiammatoria e citoprotettiva (8) individuano meccanismi distinti dalla attivita’ anticoagulante.
L’incubazione di cellule endoteliali con alte concentrazioni di proteina C attivata sopprime l’espressione di RNA messaggero per le subunita’ p50 e p52 del fattore nucleare B (NF-B), risultando in un ridotto legame di NF-B ai siti bersaglio e nella soppressione dei geni da quest’ultimo regolati, quali ICAM-1, VCAM-1 ed E-selettina (9). Inoltre la proteina C attivata modula anche l’espressione di geni coinvolti nei meccanismi di apoptosi endoteliale, quali la proteina Bcl-2 omologa e la proteina inibitoria dell’apoptosi, risultando nell’inibizione dell’apoptosi indotta da staurosporina (9). Queste attivita’ richiedono il legame della proteina al proprio recettore endoteliale (EPCR) e si ritengono dovute al clivaggio di protease-activated receptor 1 (PAR-1) da parte della proteina C attivata (10). In condizioni di ipossia, cellule di endotelio cerebrale umano incubate con concentrazioni relativamente modeste di proteina C attivata mostrano una percentuale decisamente ridotta di apoptosi per via della soppressione di p53, normalizzazione del rapporto proapoptotico Bax/Bcl-2 e riduzione del segnale della caspasi-3, attivita’ tutte dipendenti dalla presenza di EPCR e PAR-1 (11).
Un aumentata permeabilita’ dell’endotelio e’ centrale alla fisiopatologia delle sindromi infiammatorie. La sfingosina-1-fostato (S1P) e’ il maggiore agente protettivo delle funzioni di barriera endoteliale rilasciato dalle piastrine, che legandosi al suo specifico recettore endoteliale (S1P1) trasmette un segnale protettivo che porta ad un ri-arrangiamento del citoscheletro corticale con il coinvolgimento di PI-3 chinasi. Rac1 e Akt. Finigan et al (12) hanno evidenziato una trans-attivazione di S1P1 al legame di proteina C attivata con EPCR, spiegandone cosi’ gli effetti di antagonismo nei riguardi dell’attivita’ dirompente delle proprietà di barriera tipiche della trombina. Freitsitzer & Riewald hanno confermato questi risultati, dimostrandone la dipendenza dal clivaggio di PAR-1 mediato dalla proteina C attivata legata ad EPCR (13). In aggiunta, lo stesso gruppo ha dimostrato, con l’utilizzo di una variante della trombina con una specificita’ favorente l’attivazione della proteina C piuttosto che l’attivita’ procoagulante, che l’attivazione della proteina C endogena ed il successivo clivaggio di PAR-1 da parte della medesima legata ad EPCR ha attivita’ protettiva delle funzioni di barriera endoteliale nettamente superiore a quella riscontrabile con un’equivalente concentrazione di proteina C attivata esogena (14).
PAR-1 e’il recettore prototipo della trombina, appartenente ad una famiglia di recettori con sette domini trans-membranari accoppiati a proteine G. Il clivaggio enzimatico di PAR-1 espone un nuovo NH2 terminale che agisce come ligando per il recettore stesso. Proteina C attivata ed agonisti del PAR-1 avrebbero effetti molto simili sulla espressione genica quando cimentati su cellule endoteliali non perturbate, con l’espressione di geni che sopprimono i meccanismi infiammatori ed apoptotici. Quando invece le cellule endoteliali vengono perturbate con TNF-a, la trombina induce mediatori infiammatori (IL-6, IL-8, VGEF) e l’espressione di fattore tissutale, mentre la proteina C attivata sopprime RNA messaggero per geni infiammatori e proapoptotici, quali ad esempio p53 e trombospondina-1 (15). Quindi l’attivazione dello stesso recettore (PAR-1) da parte della trombina o della proteina C attivata puo’ condurre ad una differente espressione genica in cellule cimentate con TNF-a. Questo dato sperimentale in colture endoteliali e’ in linea con l’osservazione che in volontari sani trattati con proteina C attivata non si osserva in alcun modo un effetto anti-infiammatorio, a suggerire come piuttosto che un’attivita’ primitiva, l’attivita’ anti-infiammatoria e citoprotettiva della proteina C sia da considerarsi come un meccanismo di modulazione della risposta dell’organismo a forti stimoli infiammatori, un’ipotesi questa che trova supporto anche dai risultati negativi ottenuti con la somministrazione di Xigris a pazienti con sepsi ma a basso rischio di morte (16).
Con un’unica eccezione (17) le attivita’ non anticoagulanti della proteina C risultano in ultima istanza dipendere dal legame della proteina C al suo recettore endoteliale, alla sua attivazione da parte del complesso trombina-trombomodulina, ed al clivaggio di PAR-1. Resta peraltro non facilmente comprensibile come il clivaggio dello stesso recettore, a livello dello stesso legame aminoacidico, possa dar luogo a segnali cosi’ profondamente diversi: pro-infiammatorio da parte della trombina, antinfiammatorio da parte della proteina C attivata. Un primo problema e’ rappresentato dal fatto che l’affinita’ della trombina per PAR-1 e’ di almeno tre ordini di grandezza superiore a quella della proteina C attivata e che per di piu’ sia assai maggiore, specialmente nel setting dell’infiammazione, la concentrazione della trombina circolante rispetto a quella della proteina C attivata (18). Un secondo problema e’ rappresentato dal fatto che il knock-out di PAR-1 (e di altri PAR) nel topo non protegge dalle conseguenze mortali della sepsi da endotossine, con l’inclusione della coagulazione intravascolare disseminata (19). Tutto cio’ nonostante sia stato dimostrato, sebbene con evidenza alquanto indiretta, che mentre il clivaggio di PAR-1 da parte della trombina ne causa la rapida internalizzazione, il clivaggio di PAR-1 da parte della proteina C attivata, con o senza la contemporanea presenza di trombina, ne stabilizzi la presenza alla superficie della membrana cellulare (20). Una spiegazione convincente di queste apparenti incongruenze viene dal contributo di Rezaie e collaboratori nell’evidenziare come, indipendentemente dalla sua attivazione, il legame della proteina C ad EPCR tramuti PAR-1 da recettore proinfiammatorio in recettore anti-infiammatorio (21). Secondo questi autori infatti, PAR-1, EPCR e trombomodulina si trovano in associazione a livello delle caveole endoteliali (22), e quando la proteina C entra in contatto con EPCR si ha una migrazione all’interno della membrana endoteliale di PAR-1 che sposta il suo dominio intracellulare da una proteina G pro-infiammatoria ad una proteina G anti-infiammatoria (21,23). In ultima analisi, questo farebbe si’ che anche la stessa trombina, in presenza di proteina C a contatto del suo recettore, nel clivare PAR-1 traslocato, eserciti una funzione anti-infiammatoria, anti-apoptotica e citoprotettiva. Questo meccanismo potrebbe anche spiegare come, nel modello murino, PAR-1 possa tramutarsi da inizialmente distruttivo in successivamente protettivo delle proprieta’ di barriera endoteliale durante la progressione della sepsi (24).
Indipendentemente dalla differenziale attivazione di PAR-1, un aumento dei livelli circolanti di proteina C attivata appare di utilita’ terapeutica anche in condizioni diverse dalla sepsi, ma legate comunque ad un forte substrato infiammatorio.
In un modello di colite murina riproducente le due principali malattie infiammatorie dell’intestino umano, la colite ulcerosa e la malattia di Crohn, la somministrazione di proteina C attivata e’ risultata efficace nel miglioramento dei sintomi clinici di attivita’ della malattia (perdita di peso), con l’evidenza di una riduzione delle anomalie istologiche intestinali e dell’adesione leucocitaria all’endotelio dei vasi intestinali (25).
Isermann e collaboratori hanno dimostrato come la formazione di proteina C attivata sia ridotta in topi diabetici e come tale riduzione sia collegata in misura causale all’insorgenza di nefropatia (26). In topi transgenici con una variante di proteina C piu’ facilmente attivabile dal complesso trombina-trombomodulina e resi diabetici, l’aumentata generazione di proteina C attivata si e’ dimostrata avere attivita’ citoprotettiva, inibendo l’apoptosi glomerulare tanto a livello delle cellule endoteliali che dei podociti, con meccanismi mitocondriali comunque richiedenti PAR-1 ed EPCR.
Questi dati sperimentali dovrebbero stimolare lo sfruttamento della proteina C attivata per fini terapeutici anche in area cardiologica; non a caso e’ attualmente in corso uno studio multicentrico di fase II (APCAST), sponsorizzato da NIH, valutante l’efficacia della somministrazione di proteina C attivata nei pazienti con ictus ischemico acuto non candidati alla trombolisi (27).

Bibliografia

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2. Esmon CT, Stenflo J, Suttie JW, Jackson CM. A new vitamin K-dependent protein: a phospholipids-binding zymogen of a serine esterase. J Biol Chem 1976;251:2770-6.
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27. ClinicalTrials.gov identifier: NCT00533546.

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