Il difficile equilibrio tra la prevenzione degli eventi ischemici dopo un infarto miocardico e i sanguinamenti severi.
21 Marzo 2015
Prolonged DAPT in ACS vs non ACS patients
23 Marzo 2015

Prolonged DAPT in ACS vs non ACS patients. Una sotto-analisi dello studio DAPT

A cura di Claudio Fresco

A

INTRODUZIONE

Lo studio DAPT, uno studio estremamente complicato dal punto di vista organizzativo per i motivi che vedremo in seguito, ma estremamente semplice per la domanda a cui cercava di dare una risposta, è stato presentato allo scorso Congresso dell’American Heart Association. Il quesito a cui cercava di dare una risposta era il seguente: Prolungando la duplice antiaggregazione da dodici a trenta mesi nei pazienti sottoposti a PCI con impianto di almeno uno stent si ottiene un beneficio aggiuntivo o aumentano solo i rischi emorragici? Possiamo prevenire le trombosi tardive di stent e gli eventi cardiovascolari tardivi semplicemente prolungando il periodo di duplice antiaggregazione dopo l’impianto di uno stent senza pagare troppo in termini di sanguinamenti? Lo studio DAPT in realtà è la fusione dei dati di cinque studi indipendenti, uno organizzato da HCRI (Istituto di Ricerca dell’Università di Harvard) e gli altri quattro erano fondamentalmente dei registri post-marketing organizzati dai produttori di stent. Questa quantomeno anomala collaborazione tra Istituti di Ricerca e Industria privata non nasce spontaneamente ma segue una precisa richiesta dell’FDA. In quattro di questi studi il trattamento farmacologico contemplava sia clopidogrel che prasugrel, mentre nel quinto (vedi sotto) il protocollo prevedeva solo l’utilizzo di prasugrel. I paziente sottoposti a PCI con impianto di uno stent medicato venivano inclusi nello studio entro tre giorni dalla procedura indice, e poi venivano trattati in aperto per dodici mesi con la duplice antiaggregazione. Alla visita dei dodici mesi poi i pazienti che avevano avuto eventi ischemici o emorragici durante il trattamento sono stati esclusi, così come quelli che nel frattempo avevano ritirato il consenso o si erano dimostrati poco complianti alla duplice antiaggregazione, mentre i rimanenti sono stati randomizzati a continuare la duplice antiaggregazione oppure a ricevere aspirina + un placebo di tienopiridina. Dalla randomizzazione in poi i pazienti sono stati seguiti per altri diciotto mesi. A trenta mesi poi il trattamento in cieco è stato interrotto e i pazienti sono stati seguiti per altri tre mesi. Lo studio è stato disegnato come uno studio di superiorità per quanto riguarda l’efficacia, ipotizzando una riduzione del 55% delle trombosi di stent e una riduzione del 25% degli eventi cardiovascolari maggiori, e come uno studio di non-inferiorità per quanto riguarda la sicurezza.

Nel periodo compreso tra novembre 2009 e luglio 2011 quasi 23.000 pazienti sono stati sottoposti a PCI con impianto di uno stent medicato. Di questi, 9961 sono stati randomizzati alla continuazione della DAPT o alla sua interruzione a dodici mesi dalla procedura indice.

L’incidenza dei due endpoint principali di efficacia è stata significativamente ridotta nel gruppo che ha continuato la duplice antiaggregazione oltre i dodici mesi. In particolare la trombosi di stent si è verificata in 19 casi (0.4%) in quelli in terapia protratta e in 65 casi (1.4%) in quelli in cui la duplice terapia antiaggregante era stata sospesa. Tale differenza è stata statisticamente significativa (Hazard Ratio [HR] 0.29; 95%Confidence Intervals [CI] 0.17-0.48). Le due curve si sono leggermente riavvicinate nei tre mesi successivi alla sospensione della duplice antiaggregazione nel gruppo che era stato trattato per trenta mesi, ma comunque la differenza è rimasta significativa. Anche gli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori sono stati significativamente meno

frequenti nel gruppo che ha continuato il trattamento in studio (211 [4.3%] vs 285 [5.9%] HR 0.71 95%CI 0.59-0.85). Tali eventi hanno avuto però un comportamento di difficile interpretazione, in quanto di fronte a un effetto neutro sullo stroke (10 stroke ischemici in meno e 4 stroke emorragici in più nel gruppo in trattamento prolungato), nei pazienti trattati per 30 mesi si sono riscontrati significativamente meno infarti (99 [2.1%] vs 198 [4.1%] HR 0.47 95%CI 0.37-0.61), mentre i decessi sono risultati più frequenti (98 [2.0%] vs 74 [1.5%] HR 1.36 95%CI 1.00-1.85). L’eccesso di mortalità è risultato dovuto a un maggior numero di decessi per cause non cardiovascolari, mentre nessuna differenza è emersa per le morti cardiache o vascolari. Il dato a sorpresa sulla mortalità ha richiesto un’approfondita analisi e la creazione di una commissione ad hoc che ha rivalutato in cieco le morti non cardiache, scoprendo che otto decessi nel gruppo in terapia protratta e uno nel gruppo in cui la duplice terapia era stata interrotta precocemente sono risultati secondari a una patologia neoplastica già presente e nota al momento dell’inclusione nello studio. Escludendo questi pazienti, la differenza di mortalità è diventata non significativamente differente nei due gruppi. Dal punto di vista della sicurezza del prolungamento della duplice antiaggregazione fino a 30 mesi, i risultati si sono dimostrati relativamente riassicuranti, visto che l’atteso incremento dei sanguinamenti si è verificato, ma la differenza è stata causata da un eccesso di sanguinamenti di grado moderato, mentre quelli severi sono risultati simili nei due gruppi.

Ulteriore motivo di tranquillità rispetto allo sconcertante dato di mortalità emerge dai risultati della meta-analisi presentata in contemporanea e pubblicata su Lancet. In tale analisi sono stati inclusi tutti gli studi completati al momento (DAPT compreso) che hanno confrontato una durata protratta versus una durata più breve di duplice antiaggregazione e non è emersa nessuna differenza di mortalità. Un altro importante dato è stato quello dell’aumento degli eventi ischemici nei tre mesi successivi alla sospensione della duplice antiaggregazione, indipendentemente da quando la sospensione sia avvenuta. Nel periodo compreso tra i 12 e i 15 mesi dalla procedura indice, cioè quando il gruppo randomizzato al placebo sospendeva la duplice antiaggregazione e continuava con la sola aspirina, si sono verificate 17 trombosi di stent contro solo 1 nel gruppo randomizzato alla prosecuzione con la duplice antiaggregazione (HR 0.06 95%CI 0.01-0.46 p<0.001). Nello stesso periodo nel gruppo che ha sospeso la duplice antiaggregazione si sono inoltre verificati 61 infarti miocardici contro 17 (HR 0.24 95%CI 0.13-0.42 p<0.01). Nel periodo compreso tra il mese 30 e 33, quando anche quelli che hanno fatto il trattamento protratto hanno sospeso la duplice antiaggregazione, gli eventi di trombosi dello stent e di infarto miocardico sono stati due volte più frequenti rispetto ai tre mesi precedenti la sospensione.

Al congresso dell’ACC sono stati presentati dati supplementari dello studio DAPT e in particolare sono stati disaggregati i dati dei pazienti ricoverati per una sindrome coronarica acuta da quelli ricoverati elettivamente.

In totale 3576 pazienti sono stati ricoverati per ACS (47% STEMI e 53% NSTEMI) e 8072 elettivamente. Le caratteristiche basali dei due gruppi sono risultate estremamente diverse nei due gruppi. In particolare l’età media è risultata più bassa nei pazienti trattati per ACS, così come la percentuale di femmine, di diabetici, di ipertesi, di pregresse PCI e di pregressi CABG.

 

I RISULTATI

Come si può vedere nelle figure, l’incidenza di trombosi di stent è risultata ugualmente ridotta con il prolungamento della duplice antiaggregazione sia nei pazienti ricoverati per ACS che in quelli elettivi. La p di interazione è risultata 0.69, documentando così che l’effetto protettivo del prolungamento della duplice antiaggregazione è risultato simile. Va comunque notato che nei pazienti ricoverati per ACS la trombosi tardiva di stent si è verificata nell’1.9% dei pazienti che hanno sospeso la DAPT dopo 12 mesi (1 su 50) e nello 0.5% di quelli che hanno continuato la DAPT (1 su 200). Anche l’effetto sulla mortalità, che nello studio generale era risultato significativamente (e sorprendentemente) peggiore nel gruppo trattato con DAPT per trenta mesi, si è rivelato sostanzialmente neutro nei pazienti ricoverati per ACS (1.4% vs 1.6%) mentre è risultato significativamente diverso nei pazienti ricoverati elettivamente (2.1% nei pazienti in antiaggregazione protratta vs 1.1% in quelli che hanno sospeso la DAPT dopo 12 mesi). Tecnicamente anche qui la p di interazione non è formalmente significativa, ma tutti sappiamo come tale test sia “underpowered”. Dove è emersa una differenza è nei MACCE, in cui la riduzione è stata maggiore nei pazienti ricoverati per ACS (3.9% vs 6.8%, HR 0.56, p<0.001) rispetto ai pazienti elettivi (4.4% vs 5.3%, HR 0.83, p=0.08, p di interazione p=0.03). In tutti e due i gruppi il prolungato trattamento con DAPT ha aumentato i sanguinanti maggiori (1.9% vs 0.8%, p=0.005 nei pazienti ricoverati per ACS; 2.6% vs 1.7%, p=0.007 nei pazienti elettivi; p di interazione p=0.21).

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Le conclusioni degli autori dell’analisi sono che le riduzioni del rischio assoluto sono presenti sia nei pazienti ricoverati per ACS che in quelli ricoverati elettivamente, ma le dimensioni del beneficio sembrano maggiori nei pazienti con ACS. Soprattutto in questi pazienti, ma non solo in questi, la continuazione della duplice antiaggregazione dovrebbe essere presa seriamente in considerazione, quando la DAPT è stata ben tollerata nei primi dodici canonici mesi.

J Am Coll Cardiol. 2015: doi:10.1016/j.jacc.2015.03.003

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DAPT in ACS RIV

Claudio Fresco
Claudio Fresco
Past President. Dipartimento di Scienze Cardiotoraciche Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” - Udine

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