A cura di Antonella Potenza
Webb JG, Mack MJ, White JM, Dvir D, Blanke P, Herrmann HC, Leipsic J, Kodali SK, Makkar R, Craig Miller D, Pibarot P, Pichard A, Satler LF, Svensson L, Alu MC, Suri RM, MD, Leon MB. Transcatheter Aortic Valve Implantation Within Degenerated Aortic Surgical Bioprostheses PARTNER 2 Valve-in Valve Registry . J Am Coll Cardiol 2016;69:2253-2262.
L’intervento di correzione transcatetere delle bioprotesi aortiche cardiochirurgiche degenerate (VIV: valve-in-valve) rappresenta un’opzione terapeutica fattibile e meno invasiva rispetto al reintervento cardiochirurgico.
Lo studio PARTNER (Placement of Aortic Transcatheter Valves) 2 VIV è uno studio prospettico multicentrico in cui sono stati arruolati pazienti portatori di una degenerazione sintomatica di bioprotesi aortiche chirurgiche ad alto rischio per reintervento cardiochirurgico (rischio di mortalità chirurgica o di morbilità maggiore ≥50% definito dall’Heart Team).
I pazienti arruolati dovevano avere una bioprotesi idonea al trattamento VIV con una valvola cardiaca transcatetere (VTC) Sapien XT di 23 o di 26 mm. È stata definita stenosi aortica severa la presenza di un’area di orifizio effettivo (AOE) pari a <0,8 cm2 o la presenza di un’AOE indicizzata pari a <0,5 cm2/m2 e un gradiente medio >40 mmHg o una velocità di picco >4 m/s. I pazienti con una stenosi e un’insufficienza almeno moderate sono stati classificati come portatori di una disfunzione mista della bioprotesi.
L’endpoint primario era costituito dalla mortalità globale a 1 anno. Gli endpoint secondari comprendevano le complicanze vascolari maggiori, l’ictus, il danno renale acuto (in accordo con i criteri di Valve Academic Research Consortium-2), l’impianto di pacemaker definitivo, l’infarto miocardico e il miglioramento clinico dei sintomi, la qualità della vita, le risposte al Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ) e lo stato funzionale (test del cammino di 6 min).
Le procedure di VIV sono state eseguite in 365 pazienti (96 dello studio iniziale, 269 dei registri successivi). L’età media era di 78,9 ± 10,2 anni e il punteggio STS (Society of Thoracic Surgeons) medio era 9,1 ± 4,7%.
Le dimensioni delle VTC impiantate erano di 23 mm nel 69% e di 26 mm nel 31% dei pazienti. Le bioprotesi erano tradizionali nel 92,3% dei casi, stentless o homograft nel 6,0% dei casi e di tipo non noto nell’1,6% dei casi. Le disfunzioni predominanti erano: stenosi nel 55,2% dei casi, insufficienza nel 23,5% e mista nel 21,3% dei casi. È stato utilizzato l’accesso femorale nel 75,4% dei casi (60,6% del gruppo dello studio iniziale vs 80,6% dei pazienti dei successivi registri; p = 0,0001).
In nessun caso si è verificata un’embolizzazione del dispositivo impiantato, mentre in 7 pazienti è stato necessario utilizzare più di 1 VTC (1,9%), in 3 pazienti si è avuta un’occlusione coronarica (0,8%) ed è stata necessaria la conversione della procedura in intervento cardiochirurgico tradizionale in 2 pazienti (0,6%). Nessun paziente è deceduto durante la procedura.
Il tasso di mortalità globale a 30 giorni era del 2,7% (studio inziale: 8,3%; accesso continuato: 0,7%; p <0,0001) e la mortalità cardiovascolare era del 2,5%. Il tasso di tutti gli ictus a 30 giorni era del 2,7% e quello di ictus invalidanti era del 2,2%. Un nuovo ricovero è stato necessario nel 5,9% dei pazienti, emorragie maggiori si sono verificate nel 14,6%, complicanze vascolari maggiori nel 4,1% e un nuovo impianto di pacemaker è stato eseguito nell’1,9% dei pazienti. Si sono verificate più emorragie maggiori nei pazienti in cui è stato utilizzato l’approccio transapicale rispetto ai pazienti con approccio transfemorale (24,8 vs 11,4%, rispettivamente; p = 0,001), ma la prognosi a breve termine in questi due gruppi di pazienti non era differente per gli altri eventi.
I miglioramenti di AOE (+0,33 cm2 vs. +0,06 cm2, rispettivamente; p <0,0001) e gradiente medio (-21,7 mmHg vs. -11,9 mmHg; p <0,0001) erano più accentuati nei pazienti con stenosi aortica predominante rispetto ai pazienti con insufficienza aortica (mista o predominante). A 30 giorni, il 96,8% dei pazienti aveva un’insufficienza aortica lieve o meno che lieve e il 3,2% aveva un’insufficienza aortica moderata o grave (tutte paravalvolari). Non è stata osservata nessuna variazione della FE in basale a e 30 giorni (50,6 vs 50,1%, rispettivamente; p = 0,52)
La mortalità complessiva a 1 anno è stata del 12,4%, mentre la mortalità cardiaca era del 9,0%. È stata osservata una mortalità sostanzialmente inferiore nei pazienti dei registri ad accesso continuato rispetto ai pazienti dello studio iniziale sia a 30 giorni (8.2% vs 0.7%, rispettivamente; p=0.0001) che a 1 anno (9,8 vs 19,8%, rispettivamente; p = 0,006). A 1 anno, il gradiente medio era pari a 17,6 mmHg, l’AOE era 1,16 cm2 e l’AOE indicizzata era 0,60 cm2/m2. A 1 anno, l’insufficienza aortica era assente/tracce nel 93,2% dei pazienti, lieve nel 4,7% e moderata o grave nell’1,9%.
La frazione di eiezione ventricolare sinistra media era aumentata dal 50,6% in basale al 54,2% a 1 anno (p <0,0001), con una riduzione dell’indice di massa del ventricolo sinistro da 135,7 g/m2 in basale a 125,4 g/m2 a 30 giorni e a 117,6 g/m2 a 1 anno (p <0,0001 per il trend) e una riduzione del tasso di insufficienza valvolare moderata o grave sia mitralica (34,9 vs 12,7%, rispettivamente; p <0,0001) che tricuspidalica e (31,8 vs 21,2%, rispettivamente; p <0,0001).
Il punteggio Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire risultava aumentato (media: da 43,1 a 77,0), così come la distanza percorsa al test del cammino di 6 minuti (media: da 163,6 a 252,3 m; entrambi p <0,0001).
L’utilizzo della VIV per il trattamento di pazienti ad alto rischio portatori di bioprotesi aortiche degenerate è associato con tassi relativamente ridotti di mortalità e di complicanze maggiori, con un miglioramento dei parametri emodinamici e con un’eccellente evoluzione della capacità funzionale e della qualità della vita a 1 anno.