Trattamento non invasivo mediante radioterapia per l’ablazione della tachicardia ventricolare
8 Gennaio 2018disadattarsi
10 Gennaio 2018A cura di Ivana Pariggiano
Bohula EA, coll Prevention of Stroke with the Addition of Ezetimibe to Statin Therapy in Patients With Acute Coronary Syndrome in IMPROVE-IT (Improved Reduction of Outcomes: Vytorin Efficacy International Trial). doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.117.029095
I pazienti con sindrome coronarica acuta presentano un elevato rischio di eventi aterotrombotici ricorrenti. Tali eventi non sono limitati al distretto coronarico: gli ictus ischemici, infatti, sono tra i più temuti eventi cardiovascolari, in quanto principale causa di disabilità a lungo termine. Studi consolidati hanno dimostrato che la terapia ipolipemizzante rappresenta una strategia efficace di prevenzione, riducendo il rischio di stroke ischemico del 21% per ogni riduzione di 1 mmmol LDL. In una recente analisi del tral IMPROVE-IT, pubblicata su Circulation, è stato valutato l’effetto di una terapia ipolipemizzante potenziata dall’aggiunta dell’ezetimibe sulla prevenzione dello stroke in una popolazione ad alto rischio.
L’IMPROVE-IT è uno dei più ampi trial sugli ipolipemizzanti, che ha incluso oltre 18.000 pazienti stabilizzati dopo sindrome coronarica acuta, assegnati a trattamento con ezetimibe in aggiunta a statina (40 mg) contro terapia statinica standard. La popolazione era costituita da pazienti di eta >50 anni, con un LDL target tra 50-100 mg/dl. L’endpoint primario era un composito di eventi cardiovascolari maggiori (IM non fatale, angina instabile che ha richiesto ospedalizzazione o rivascolarizzazione coronarica) o stroke non fatale. L’altro endpoint includeva gli ictus, classificati come non emorragici (ischemici), emorragici o incerti.
Circa il 3,5% della popolazione monitorata ha sperimentato almeno uno stroke nei 6 anni di follow-up, nell’80% dei casi di tipo ischemico. La storia di ictus precedente è risultata il principale predittore indipendente di stroke di qualsiasi tipo, aumentando più di 3 volte il rischio rispetto alla popolazione generale. Altri predittori erano l’età >75 anni, la FA, il diabete mellito e la disfunzione renale. Durante il follow-up si sono verificati 719 ictus di qualsiasi eziologia, di cui quasi il 90% come primi eventi.
L’aggiunta di ezetimibe ha determinato una riduzione del rischio relativo di ictus totali del 17% e del 24% di ictus ischemici (hazard ratio [HR] 0,79; intervallo di confidenza al 95% [CI] 0,67-0,94), con un effetto particolarmente evidente nei pazienti storia di ictus precedente (HR 0,52; IC 95%, 0,31-0,86) rispetto ai pazienti al primo evento (HR 0,84; IC 95%, 0,70-1,01; P=0,078). Gli ictus emorragici erano infrequenti (0,6-0,8%) e non sono aumentati in maniera significativa con l’aggiunta di ezetimibe.
Bisogna considerare che la riduzione di LDL-C registrata con l’aggiunta di ezetimibe in questo studio (24%) è simile a quella osservata in altri studi a prescindere della dose (o dal tipo) di statina utilizzata; si può dunque ipotizzare che l’entità del beneficio generato dall’aggiunta di ezetimibe sia correlato alla riduzione assoluta di LDL-C (proporzionale al potenziamento della terapia con ezetimibe), piuttosto che al tipo di terapia ipolipemizzante.
Questi dati di efficacia e sicurezza supportano l’uso di una terapia intensiva ipolipemizzante con ezetimibe aggiunto a una statina, in particolare in una popolazione ad alto rischio per ottimizzare gli outcome cardiovascolari.