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più ombre che nebbia

Oggi pomeriggio, verso le 16, appena uscito da scuola, ho deciso di fare un giro sul lago prima di tornare a casa (mi fa bene fare questi giri, ho deciso: mi rilassa, mi fa dimenticare tutta una serie di cose che altrimenti non riuscirei a dimenticare e che hanno sempre a che fare con la scuola, chissà come mai…). È stata una decisione banale, ma ne è scaturito un giro sul lago molto particolare e originale: perché il lago non si vedeva. C’era, questo era il bello, stava lì a pochi metri, ma non si vedeva per niente. Perché la nebbia era scesa fitta e improvvisa e già pochi metri di distanza era sufficienti: e l’acqua del lago non era visibile. Ma si sentiva il rumore. E così ho fatto due passi sul lungolago, in mezzo al suono flebile e cadenzato di piccole onde lacustri e a quello stanco e nervoso dei miei passi, nel grigio e nell’umido, pensando che avevo avuto una buona idea e quasi cercando di fare i nmodo che i passi si ammorbidissero nel nulla in cui ero avvolto, e nel rumore del lago che c’era ma non si vedeva.

 

Poi sono tornato a casa e ho trovato sul web due post che, in modo assai diverso, parlano della nebbia che c’è oggi nella pianura Padana e di quella che c’è o c’è stata in altri luoghi del nostro piccolo pianeta (in uno dei quali, però, a dire il vero, non è nemmeno nebbia).

 

Il primo luogo è Londra, e confesso che nemmeno sapevo che ci fosse stata una nebbia tale da causare così tanti morti, qualche decennio fa. E mi ha fatto impressione che anche le storie che hanno come protagonisti tanti esseri umani che sono morti tutti insieme finiscano per essere dimenticate così facilmente, o trascurate con un’alzata di spalle. Trovate la storia brevemente raccontata qui; e inizia così, con una data, come molte delle storie più belle che ho letto:

 

Era il 5 dicembre del 1952 quando un misto particolarmente denso di nebbia e smog, causato dal freddo e dall’inquinamento, avvolse la capitale londinese per diversi giorni fino al 9 dicembre…

 

Il secondo luogo è invece Pechino e la sua nebbia non è nebbia ma piuttosto (come raccontato su queste pagine):

 

un misto di umidità e di polveri sottili di produzione umana (gas di scarico, emissioni industriali, riscaldamenti) che si addensa quando, nella città cinese, le condizioni meteorologiche non consentono un significativo ricambio dell’aria (di solito con alta pressione persistente per più giorni e ventilazione debole). Il risultato è, appunto, quella che sembrerebbe normale nebbia ma in realtà è un composto altamente cancerogeno di particolato fine (PM 2.5), ozono (O3) e biossodo di azoto (NO2). Un mix che, se respirato troppo a lungo, può essere letale persino per individui in perfetta salute.

 

Ecco, fa impressione sapere e dover riconoscere che sessant’anni dopo siamo ancora avvolti da nebbie che non lo sono del tutto e ci dimentichiamo che si tratta di nebbie per cui è molto facile morire. E allora sono tornato a casa (una casa da cui normalmente si vede il lago ma oggi non si vede niente, nemmeno gli alberi che sono appena fuori dai vetri…) e ho pensato a una poesia di un secolo fa (di quelle che si studiano a scuola, ahimè) e anche che magari stasera mi riguardo un film che parla di nebbia e che non vedo da tanto tempo. Un film in cui c’è pure una caccia al mostro cattivo (il che mi pare un’altra bella allegoria dei giorni che stiamo vivendo) e ci sono più ombre che nebbia. Che è davvero il tempo nostro, se mi si permette un inutile giudizio personale.

Davide Profumo
Davide Profumo
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