una luce
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passeggiare senza dir nulla

Che le più sublimi forme della letteratura nascano nel silenzio o che trovino nel silenzio la loro perfezione è ipotesi così banale che è stato molto facile pensarla (per me in particolare, forse anche per voi) molte volte in questi anni. Tacere, eliminare le parole una per una, fino a trovare riposo nella pagina bianca. Oppure, viaggio contrario: lasciare che dal bianco muto del foglio (materiale o immateriale) emergano una ad una le parole che cercavamo, compongano un disegno, restituiscano alle cose un contorno possibile… il senso stesso del fare letterario, mi sono detto.

Oggi lo trovo raccontato ancora meglio in una bella pagina del web, che ritrae uno degli scrittori più silenziosi del secolo scorso, uno che visse vicinissimo a dove vivo io adesso, e che dal silenzio decennale di una vita oscura manifestò la sua arte con un romanzo improvviso, pieno di luce siciliana. Avete capito. Stiamo parlando di Gesualdo Bufalino, del suo grande romanzo Diceria dell’untore e però anche di una raccolta di lettere di cui non sapevo nulla, che forse slabbra leggermente i contorni della leggenda di quel silenzio impenetrabile. La trovate presentata qui, con queste parole:

Nel 1942 Bufalino passa dalla facoltà di lettere dell’Università di Catania al fronte. Nello zaino “porta con sé un grosso quaderno di poesie, una retroversione di Baudelaire… un Montale, fresca scoperta, e un piccolo Dante”. Prima è a Benevento, poi a Fano, per un corso di Allievi Ufficiali. Lì conosce Romanò, si riconoscono, nasce un’amicizia di quelle che solo la guerra sa sigillare […] Nel 1994 Il Girasole Edizioni pubblica come Carteggio di gioventù l’epistolario tra Bufalino e Romanò. È un libro meraviglioso e ora scomparso, che ho ricevuto per grazia, in fotocopie. Si capisce che Bufalino è poeta ovunque, scrittore dappertutto, da subito, ventenne, l’esordio tardivo è una mera funzione del caso, l’armeria del destino.

Ma proseguite un po’ sotto, se avete tempo, scorrendo la pagina. E ci troverete alcune frasi tratte da questo carteggio, alcuni lampi che danno ragione di una letteratura che già covava nel silenzio, che già esigeva una parola, un tributo o un sacrificio che fosse figlio di quel lunghissimo silenzio. Qui per esempio:

So che in fondo a me c’è qualcosa che si lamenta, e che un giorno uscirà fuori, con un libro o una pazzia

E poi, navigando come solo sul web si può fare, arriverete anche altrove (qui), alla pagina virtuale della Fondazione Bufalino dove si illustra questo piccolo libro, che appare davvero come un minuscolo gioiello. E ci troverete questa frase dello scrittore, che ne dà ragione e insieme dà ragione del silenzio, quello stesso da cui siamo partiti, che è nascita ed esito supremo della scrittura, che è apice della poesia, stanchezza e traguardo. Eccolo:

Non scrivo nulla o quasi, ho vaghi progetti. La letteratura, almeno nella sua accezione quotidiana di commerci complicati e risse e parole, mi appare sempre più una cosa proibita e ostile, forse non serve alla mia vita, forse io non so vivere fuori del deserto, e certamente le mie parole non servono agli altri se così poco servono a me. Per questo anche mi piace questa provincia di lune dolci e di amici mediocri che amo e mi amano e con cui passeggio senza dir nulla…

Davide Profumo
Davide Profumo
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