corrispondenza
15 Marzo 2020pensare all’altro
22 Marzo 2020Ho ascoltato alla radio pochi giorni fa, in automobile, tornando da scuola (quando ancora tornavo da scuola in automobile…), Sergio Givone parlare di un suo libro sulla cupola di Brunelleschi (il libro è questo, ha titolo meraviglioso, può essere una bella lettura in questi giorni di clausura). L’ho ascoltato con interesse, ho apprezzato il suo racconto e la sua verve, ho annuito tenendo stretto il volante mentre Givone ricordava la perfidia di Brunelleschi, per come traspare nella mirabile Novella del grasso legnaiuolo (si trova in rete anche questa, è una lettura bellissima, ad avere mezz’ora di tempo da dedicare a una cosa bella), ma soprattutto ho pensato una cosa, che ho sempre fatto ma che non avevo pensato mai.
Ho pensato a quando si passa sull’autostrada del Sole, da Milano a Roma, a quando si passa vicino a Firenze, e ci sono quelle uscite tipo Signa, Scandicci, e altre. Ho pensato che a un certo punto c’è un tratto di strada, forse un chilometro forse meno, da cui, guardando verso l’Appennino, (verso sinistra, se si scende a Sud), si può vedere in lontananza la cupola del duomo di Firenze, la cupola costruita appunto da Brunelleschi.
Ci ho pensato perché è uno di quei momenti che sempre mi hanno dato la sensazione di essere poco lontano dalla bellezza più sublime. Mi succede a volte in aereo, quando vedo l’isola di Stromboli, con il fumo che le galleggia sopra. Altre volte mi succede mentre vado a scuola, in auto, e intravvedo il profilo di Malta, all’orizzonte, sul mare. Oppure mi succedeva quando andando a Milano, in una di quelle giornate limpide che in Lombardia paiono un prodigio, vedevo da lontano la Madonnina brillare d’oro sulla guglia più alta del duomo. (Succederà senz’altro anche a voi, ma non so davanti a cosa.)
Ecco, ho ripensato a quell’emozione sull’autostrada, mentre ascoltavo Sergio Givone alla radio, qualche giorno fa. Ho pensato anche a quelle volte in cui la cupola, dall’autostrada, la vedevo da sopra un pullman di una gita scolastica, con i miei alunni; all’emozione con cui cercavo sempre di farla vedere a loro, da lontano, indicandola: «Guardate, ragazzi, laggiù, la cupola del duomo…», l’incontro con la bellezza e con l’arte, la vista di un prodigio della storia dell’umanità.
Per questo (e anche perché Matteo Nucci è come al solito bravissimo a raccontarlo) vi consiglio oggi di leggere questo articolo che parla della cupola di Brunelleschi e del libro di Givone. È un bell’articolo (lo trovate qui) che a un certo punto dice così:
Avvicinandosi alla conclusione del grande lavoro, del resto, quando l’opera stava per farsi realtà, egli fu preso da quella malinconia che cinquant’ anni dopo spinse Baccio al suicidio. In Brunelleschi non si trattava del terrore del fallimento ma semmai del terrore di vedere realizzato ciò che era stato semplicemente idea. O meglio, il terrore di essere un cialtrone perché ogni inventore è per necessità un buffone e un ladro.
Parliamo un po’ di bellezza, insomma, soprattutto oggi, soprattutto in questi giorni. Facciamo finta di essere su un’autostrada in mezzo a un lungo viaggio, che ci sta stancando, che ci sta preoccupando, e facciamo finta di vedere laggiù la cupola del duomo, la bellezza, e di indicarla a chi ci viaggia vicino.