Associazione fra trombosi venosa profonda e malattia neoplastica
3 Aprile 2018la differenza
6 Aprile 2018A cura di Ivana Pariggiano
Gregory G. Schwartz et al. American College of Cardiology – 67th Scientific Sessions March 10, 2018.
Dopo una sindrome coronarica, i pazienti presentano un rischio di eventi cardiovascolari elevato, con una mortalità che raggiunge il 15% nei primi 5 anni dall’evento. Il miglioramento del profilo lipidico è l’obiettivo di diversi studi condotti o in corso per la prevenzione secondaria. L’ODYSSEY Outcomes, secondo ampio trial randomizzato di efficacia clinica per la classe degli inibitori PCSK9, fornisce la prima evidenza di riduzione della mortalità per questa classe in pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS) trattati con alirocumab.
I risultati, presentati all’ultimo American College a Orlando, includevano quasi 19.000 partecipanti con ACS nei precedenti 12 mesi, seguiti per un follow-up di circa 3 anni. L’età mediana dei pazienti era di 58 anni, la mediana LDL-C era di 87 mg / dL in entrambi i gruppi e la LDL non-C era 115.
I pazienti hanno ricevuto iniezioni bisettimanali di alirocumab da 75 o 150 mg a settimane alterne, con possibilità di aumento a 150 mg ogni due settimane in pazienti con LDL-C ≥50 mg / dL. I livelli di LDL-C erano di 53,3 mg / dL nel gruppo alirocumab rispetto a 101,4 mg / dL nel gruppo placebo, con una riduzione assoluta del 54,7%. L’endpoint primario di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) – il tempo alla prima occorrenza di morte coronarica (CHD), infarto miocardico non fatale (MI), angina instabile che richiedeva ospedalizzazione o ictus ischemico – era significativamente più basso nel gruppo trattato con alirocumab rispetto al gruppo placebo (9,5 vs 11,1 per cento).
Oltre a una riduzione significativa per l’infarto miocardico non fatale, ridotto del 14%, dell’ictus ridotto del 27% e dell’angina instabile del 39%, la terapia con alirocumab riduceva del 15% il tasso di morte per tutte le cause rispetto a placebo (3,5 vs 4,1%).
In termini di sicurezza, gli eventi avversi erano rappresentato da reazioni locali nel sito di iniezione nel gruppo alirocumab rispetto a placebo (3,8% vs 2,1%). Si sono poi registrate percentuali più basse di ictus emorragico (9 vs 16 eventi), di diabete di nuova insorgenza (648 vs 676 eventi) e di disturbi neurocognitivi (143 vs 167 eventi) nel gruppo con alirocumab.
In precedenza, lo studio FOURIER con evolocumab aveva già dimostrato un’efficacia clinica, mostrando una riduzione del 15% del rischio di morte, infarto miocardico, ictus, ospedalizzazione per angina o rivascolarizzazione. Rispetto al FOURIER, lo studio ODYSSEY Outcomes ha arruolato un gruppo di pazienti a rischio più elevato (dopo sindrome coronarica), ha avuto una durata più lunga del follow-up (da 2 a 5 anni), con farmaci a dosaggi differenti ed endpoint primario leggermente diverso.
Entrambi gli studi hanno mostrato i benefici dagli inibitori di PCSK9 in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari, mentre l’ODYSSEY aggiunge il vantaggio in termini di riduzione della mortalità.
Le analisi post hoc suggeriscono che il maggior beneficio è stato riscontrato tra i pazienti con ACS con un colesterolo basale di lipoproteina a bassa densità (LDL-C) di almeno 100 mg / dL, in cui le riduzioni di rischio relative hanno raggiunto il 24% per gli eventi CV (3,4% di rischio assoluto) e il 29% per la morte per tutte le cause (1,7% di rischio assoluto).
L’entità della riduzione degli endpoint primari e secondari conferma l’efficacia di questa classe di farmaci in pazienti con ACS, mantenendo un eccellente profilo di sicurezza. Sebbene siano necessari studi di maggiore durata, i dati attuali incoraggiano l’utilizzo degli inibitori PCSK9 nei soggetti ad alto rischio (ad es. nei pazienti in cui il colesterolo LDL sia superiore a 100, nei pazienti con una malattia multivasale o con infarti multipli).