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17 Novembre 2015la città di cui parliamo
19 Novembre 2015Ho letto in rete un interessante saggio letterario, oggi pomeriggio. È un tentativo pacato e strutturato di parlare di ciò che la letteratura è diventata negli ultimi trent’anni, di ciò che leggiamo e che scriviamo, del perché (in qualche modo) lo leggiamo e lo scriviamo. Lo ha scritto Romano Luperini e inizia (più o meno) così:
Il postmoderno coincide con la rivoluzione elettronica e con la nuova centralità che viene ad assumere la produzione di beni immateriali e in particolare del linguaggio. Le parole e i segni sostituiscono le cose. Nomina nuda tenemus, Eco dixit, con quel che segue. L’intertestualità, prima di diventare una metodologia critica, è una visione del mondo che ha a che fare con questi nuovi modi di produzione e dall’influenza che essi hanno nel sensorio, nella mentalità e nei modi di percezione, con ovvie e ormai note conseguenze: interrelazione fra locale e globale, progressivo offuscamento dell’esperienza diretta, smaterializzazione dell’esistenza, trionfo del virtuale e della società dello spettacolo e dei simulacri, della rappresentazione e della rappresentazione delle rappresentazioni. Sul piano sociale si avvia un processo che è sempre più evidente a mano a mano che ci si inoltra nell’ipermoderno e che, in un libro recente, una economista, Laura Pennacchi, definisce in questi termini molto efficaci: desoggettivazione dell’io, desocializzazione dell’individuo, depolititicizzazione della società. Si tratta di tre fenomeni convergenti, reciprocamente correlati e anzi dipendenti l’uno dall’altro. Gli ultimi grandi intellettuali italiani ancora attivi negli anni settanta cominciarono a registrarli allora e vi videro un cambiamento radicale che Pasolini, come è noto, chiamò rivoluzione antropologica.
Ma poi va avanti, prosegue, diventa meno generico, consiglia romanzi e saggi e libri di poesie che anche su queste inutili pagine virtuali ci siamo trovati a nominare o consigliare (da Mazzoni, a Giunta, a Magrelli e altri ancora) e si trasforma quindi anche in un bel percorso di lettura dell’Italia contemporanea (e non solo) . E se arrivate fino alla fine, forse avrete anche qualche riflessione in più da spendere anche a proposito di quello che ci sta succedendo intorno, mentre ci guardiamo un po’ disorientati e non capiamo perché.
[C’è anche un altro post che volevo consigliarvi, è questo. Non tanto perché io sia un fan di Anna Frank e ne sia rimasto deluso; quanto piuttosto per quello che in proposito ha considerato Maurizio, e che mi pare inoppugnabile. Pecuniam tenemus, insomma. E nemmeno tanta, almeno qui.]
[E infine, per non lasciare che i fatti di Parigi restino senza la povera eco che qui possiamo darle, ho trovato molto interessante un breve saggio che ho letto a proposito del Belgio e del quartiere di Bruxelles in cui pare che gli attentati siano stati pianificati. E mi è tornato in mente quando, nelle conversazioni al bar di qualche anno fa (non so se anche voi lo ricordate), si commentava ridendo che il Belgio era stato senza un governo per quasi due anni e che tutto andava bene lo stesso, anzi, diceva qualcuno, addirittura meglio che da noi, perché un governo non serve mica… Ecco, dico io, non era vero.]