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Kuroda M, Otake H, Shinke T, et al. The impact of in-stent neoatherosclerosis on long-term clinical outcomes: an observational study from the Kobe University Hospital optical coherence tomography registry. Eurointervention 2016;12:e1366-e1374.
La neoaterosclerosi in stent è la nuova «frontiera» della risposta vascolare all’impianto di uno stent. Non sarebbe stato possibile osservarla e capirne la frequenza senza le tecniche di imaging intracoronarico. Questo interessante studio pubblicato su Eurointervention si è servito dell’OCT (optical coherence tomography, di cui i giapponesi sono dei veri appassionati) per valutare la frequenza della neoaterosclerosi, nonché i possibili fattori di rischio e la prognosi a essa associata.
Sono stati arruolati 175 pazienti, sottoposti a controllo OCT dopo almeno 12 mesi dall’impianto di un BMS o di un DES, e a follow-up clinico a circa 50 ± 7 mesi. La neoaterosclerosi è stata rilevata in 46 pazienti (26%), nei quali sono stati osservati anche più alti livelli di colesterolo LDL e di PCR al follow-up. Peraltro, all’analisi multivariata i valori di LDL e di PCR erano indipendentemente associati alla presenza di neoaterosclerosi in stent (OR: 1.022, p=0.008, OR 1.022, p=0.001, rispettivamente). Inoltre, nei pazienti con neoaterosclerosi è stata osservata una più alta incidenza di eventi cardiovascolari avversi, per i quali, all’analisi multivariata, la presenza di neoaterosclerosi è risultata essere un predittore indipendente (hazard ratio: 2.909, p=0.012). Infine, è da notare come in questo studio venga confermato un dato già rilevato in studi precedenti, ovvero che la neoaterosclerosi è più precoce dopo l’impianto di un DES (inizia già a 12 mesi dall’impianto) che dopo l’impianto di un BMS (si osserva dopo alcuni anni).
Certo, si tratta di uno studio piccolo, che però aiuta a convincersi che la neoaterosclerosi in stent è, come dice la parola, simile all’aterosclerosi e diversa dalla restenosi «classica», per cui può essere associata a prognosi avversa e potrebbe essere in qualche maniera prevenuta con gli stessi presidi terapeutici messi in atto dai cardiologi clinici per prevenire la progressione della placca aterosclerotica.