01 XI Sessione – La sostenibilità economica dei nuovi farmaci, di N. Martini
8 Febbraio 2018la nostra vita low cost
9 Febbraio 2018A cura di Claudio Cuccia
A suo tempo, quando l’anticoagulazione era territorio di monopolio degli antagonisti della vitamina K, del danno renale se n’è sempre parlato poco. E sì che la nefropatia da warfarin era malattia nota, ma forse lo era solo ai nefrologi e agli internisti. Oggi, con l’avvento degli anticoagulanti diretti (NAO), nasce la curiosità di sapere se tali farmaci – e magari quali – si dimostrino più rispettosi dei nostri nefroni.
Già si intravedevano segnali, provenienti dal RE-LY e dal ROCKET AF, di un maggior riguardo al rene rispetto a quanto gli fosse rivolto dai ‘vecchi’ anticoagulanti (VAO):1 questi ultimi, i VAO, attraverso la riduzione dell’attività di una proteina vit. K dipendente, favorivano la calcificazione vascolare e quindi il degrado della funzione renale.2 Al contrario dei VAO, i NAO, attraverso l’azione di inibizione del Xa o della trombina, ne rallentano il degrado, grazie all’effetto antiinfiammatorio così esplicato.3
Puntuale com’è giusto che sia quando si affrontano problemi seri, ecco un’analisi proveniente dal mondo reale,4 che confronta l’azione sul rene di tre NAO (dabigatran, rivaroxaban e apixaban) e del warfarin.
In sintesi, lo studio:
- Retrospettivo, condotto scartabellando il database statunitense dell’Optum-Labs Data Warehouse, alla ricerca di informazioni sui pazienti con f.a. non valvolare, che iniziavano l’anticoagulazione tra l’ottobre 2010 e l’aprile 2016 e che disponessero di dati ematochimici precedenti, e di almeno un anno, cui fare riferimento (il valore medio del filtrato pre-trattamento era 67.3 +9 ml/min).
- 9769 pazienti adulti, di età media di 72.6 anni, naïve all’anticoagulazione, che non avessero malattia valvolare e nemmeno una storia di malattia renale e che non dovessero assumere anticoagulanti per una ragione diversa della f.a.
- Il grado di filtrato glomerulare è stato calcolato con la formula CKD-EPI (chronic kidney disease epidemiology collaboration).
- Sono stati valutati 4 outcome renali: calo del filtrato >30%, raddoppio del valore di creatininemia, AKI (acute kidney injury), insufficienza renale (FGR<15 ml/min, trapianto di rene, dialisi a lungo termine).
- Follow-up di 10.7 +9 mesi
Cosa ne è risultato?
Innanzitutto il rischio cumulativo (NAO e VAO) di eventi renali a 2 anni di follow-up è alto: 24.4% per il calo del filtrato >30%, 4% per il raddoppio del valore di creatininemia, 14.8% per l’AKI e l’1.7% per l’insufficienza renale (il follow-up è evidentemente troppo breve per coglierla in pieno).
Le figure seguenti descrivono le differenze osservate, nel tempo, tra i diversi farmaci utilizzati.
Unendo i tre NAO, e confrontando il risultato con quanto prodotto dal warfarin, gli hazard ratio sono stati i seguenti: per la riduzione del filtrato >30% à 0.77 (95% CI: 0.66-0.89), per il raddoppio del valore di creatininemia à 0.62 (95% CI: 0.40-0.95), per l’AKI à 0.68 (95% CI: 0.58-0.81). Quando i pazienti in terapia con warfarin presentavano un INR medio >3, il calo del filtrato, il raddoppio dei valori di creatinina e l’AKI risultavano ancora più marcati. I NAO presentavano comunque un minor rischio di eventi qualunque fosse il valore di INR osservato nel gruppo warfarin.
Come concludere?
Gli eventi renali dovuti all’anticoagulazione non sono affatto trascurabili, visto che 1 paziente su 4 mostra un calo di almeno il 30% del filtrato glomerulare e 1 paziente su 7 presenta un ‘acute kidney injury’. A dire che un’analisi ben condotta della funzione renale deve essere sempre fatta quando si anticoagula un paziente, e a prescindere dalle necessità di ‘rinnovo del piano terapeutico’.
I NAO, in particolare dabigatran e rivaroxaban, si dimostrano di gran lunga più rispettosi dell’integrità renale di quanto non sia il warfarin. Se poi apixaban, e sempre nel confronto col warfarin, non ha mostrato un calo significativo dei parametri renali considerati, non significa che non debba essere preso in considerazione nel paziente con un ‘rene debole’: gli autori dello studio ricordano infatti che, nella scelta del NAO da preferire, oltre che al possibile danno renale prodotto dal farmaco, vanno messi in conto i benefici, in termini di efficacia (riduzione dello stroke) e di sicurezza (riduzione dei sanguinamenti), che i diversi NAO offrono, rispetto al warfarin, nel paziente con insufficienza renale.
Insomma, ancora una volta, il mondo reale conferma quanto i trial suggerivano: già negli studi RE-LY e ROCKET AF appariva chiaro il maggior rispetto del rene per dabigatran e rivaroxaban nei confronti del vecchio, tanto amato warfarin. E se mai ce ne fosse ancora bisogno, lo studio ricorda come sia ragionevole ascoltare i suggerimenti delle linee guida, che invitano all’uso degli anticoagulanti diretti in sostituzione dei VAO.
Bibliografia
- Rubboli A, Cuccia C, Fresco C. TAO e NAO … e perché non anche VAO? Considerazioni su terminologia ed acronimi degli anticoagulanti orali. G Ital Cardiol 2017;18(3):251.
- Chatrou ML, Winckers K, Hackeng TM, Reutelingsperger CP, Schurgers LJ. Vascular calcification: the price to pay for anticoagulation therapy with vitamin K-antagonists. Blood Rev 2012;26:155–66.
- Sparkenbaugh EM, Chantrathammachart P, Mickelson J, et al. Differential contribution of FXa and thrombin to vascular inflammation in a mouse model of sickle cell disease. Blood 2014;123:1747–56.
- Xiaoxi Yao, PHD,a,b Navdeep Tangri, MD, PHD,c Bernard J. Gersh, MB, CHB, DPHIL, et al. Renal Outcomes in Anticoagulated Patients With Atrial Fibrillation. J Am Coll Cardiol 2017;70:2621–32.