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mondi lontanissimi

C’è una cosa sorprendente che Borges e Montale hanno in comune e che li tiene legati, senza che loro lo abbiano mai saputo né sospettato. Quella cosa è la mia adolescenza.

E per quanto io sia perfettamente consapevole della scarsissima rilevanza letteraria di questa inutile cosa che Borges e Montale hanno in comune (un ragazzo un po’ naif, che li leggeva negli anni del liceo), potete capire anche voi che io non riesca a non pensarli insieme, a non immaginarli impegnati in una impossibile e interminabile conversazione, a resistere alla tentazione di affiancarli sugli scaffali della mia libreria. In nome di quell’unica cosa che hanno in comune.

A essere precisi però, nella mia lontana adolescenza, erano per me entrambi soprattutto autori di opere in versi: Montale senza incertezza, Borges con qualche eccezione; ma pur sempre poeta. Anche per questo mi diverte, stamattina, metterli insieme, in un altrettanto irrilevante post di questa rubrica per cardiologi, sotto il segno contrario, quello della prosa. Che se è un segno ovvio per Borges, lo è assai di meno per Eugenio Montale.

Eppure esce in questi giorni la nuova edizione del più importante (credo io) libro di prose di Montale, il cui titolo tiene insieme una farfalla e un luogo della costa di Bretagna; benché soprattutto nasconda in se stesso la figura femminile centrale della poesia di Montale, quella che chiamiamo Clizia e che potrebbe pure essere una tenue Beatrice dei nostri giorni. Ne ho letto oggi la presentazione qui e non vi nascondo che la tentazione di rileggere molte delle sue prose mi ha subito catturato. Provate anche voi cardiologi, non si sa mai; e leggete questo, per esempio:

È nel segno di Clizia che sembra chiudersi il libro; la «farfallina color zafferano» dell’ultima prosa è una manifestazione di lei, una discreta epifania o messaggera, da cui il protagonista attende o immagina di ricevere «notizie» (è difficile resistere alla tentazione di associare la parola al titolo di Notizie dall’Amiata, anche se tutt’altri sono il tono e l’ambientazione). È vero che ‘farfalla’ o ‘mariposa’ sono appellativi usati da Montale in altre circostanze private, ma la stessa località bretone di Dinard suggerisce un legame prioritario con Irma Brandeis; lì infatti la donna aveva soggiornato nell’estate del 1938, come risulta dalle lettere del poeta… Alla storia con Irma rimanda anche l’idea di un codice con cui il protagonista del racconto immagina di chiedere notizie sulle riapparizioni della farfalla: «Avrebbe dovuto scrivermi un sì o un no; se la visitatrice si era rifatta viva dopo la mia partenza o se non s’era più lasciata vedere».

Per Jorge Luis Borges invece un post apparentemente più facile. Una rassegna molto sintetica delle letture da cui partire se voleste cominciare (o ricominciare) a leggere qualcuno dei suoi racconti. Lo trovate su «Pangea», questo post, e l’ho trovato efficace e utile. Anche perché parte dalla considerazione che gli studenti immancabilmente mi fanno, quando provo a far leggere loro Borges: «È difficile».

Dove risiede dunque la presunta difficoltà di Borges? La Iparraguirre dice che “la sua schiacciante erudizione, il suo sistema di citazioni e legami tra opere e autori” è ciò che spesso spaventa. “Ciò che rende difficile Borges, sono gli ‘artifici’ di Borges. L’impiego della citazione, il rimando a persone reali in contesti fittizi, l’incrocio tra una cultura universale e il criollismo locale e viceversa, le citazioni, i falsi autori menzionati e soprattutto i confini generici tra racconto e saggio che Borges trasgredisce”. E conclude: “quando diciamo ‘Borges’, non parliamo soltanto di un autore dall’erudizione straordinaria e dalla memoria prodigiosa ma anche di uno scrittore dall’originalità unica tra i grandi scrittori del XX secolo” e che proprio per questo vale la pena leggere e rileggere.

E a me verrebbe adesso da scrivere che laddove Borges costruisce prodigiosi universi letterari, Montale li smonta con sconsolato cinismo. Che laddove Montale suscita luminose storie d’amore dal fondo di cupe prigioni esistenziali, Borges invece degrada i suoi stessi amori in storie di postriboli e bettole. Che laddove Borges parla di biblioteche infinite e incomprensibili, Montale riduce il mondo a una sillaba storta e inutile… E che questa è una cosa che i due poeti hanno in qualche modo in comune.

Ma forse, lo capite bene, mi sto semplicemente lasciando vincere dalla tentazione della mia adolescenza. Mentre Montale e Borges non hanno in comune niente di importante, se non il fatto di avere un giorno preso la penna in mano per tentare di raccontare il mondo. E di esserci riusciti solo per un attimo, come capita a quelli più bravi.

Davide Profumo
Davide Profumo
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