XVI Congresso Nazionale di ATBV
29 Settembre 2021il proprio dovere
6 Ottobre 2021Ieri mattina, intorno alle 12, sudato per il caldo, in una classe di sedicenni le cui passioni non coinvolgono in nessun modo la lettura e il fare letterario, ho letto un’illeggibile poesia di Giacomo da Lentini, un notaio-scrittore della scuola siciliana, il cui primo verso suona meravigliosamente così: Meravigliosamente.
I sedicenni ascoltavano, io cercavo di far parlare davanti a loro il testo, i sedicenni mi guardavano scettici (molti non sapevano nemmeno dove fosse Lentini, ho capito dopo: è qui vicino, dietro qualche curva della strada), io mi dibattevo entro versi per loro incomprensibili, che risuonavano muti nell’aula, quattro mura stupefate di nulla, soffocanti, poi ho chiesto con lo sguardo aiuto all’analisi del libro di testo, quella che dice «competenze», «attualità», «argomentare», ho visto una domanda di questo libro, l’ho letta ad alta voce, suona così:
La timidezza di Giacomo da Lentini sembra poco attuale oggi, in un modo dominato dai social network e dai reality che promuovono l’esibizione di sé e la sfrontatezza. Che cosa ne pensi? Esponi il tuo pensiero in un testo di 30 righe.
Li ho guardati, loro non dicevano niente, forse io avevo lo sguardo stanco e scoraggiato, non lo so. Finché uno ha alzato lo sguardo e ha detto: «Che poi questa cosa che oggi ci sarebbe meno timidezza, ma chi gliel’ha detta a questi scemi di questo libro?» Le mura dell’aula si sono meravigliosamente aperte, i merli hanno meravigliosamente cantato, una brezza fresca si è meravigliosamente levata, io ho sorriso (un po’, non tanto).
Ma è vero. È una delle cose che più mi colpisce quando entro in un’aula di sedicenni in questi anni, la loro timidezza, la loro paura dell’altro. E ho dovuto ripensarci stamattina, leggendo questa bella recensione di Paolo Landi che parla proprio di social network e della solitudine che i social network in qualche modo nutrono, assecondano, favoriscono. Una solitudine che, davanti ai miei occhi stanchi, si traduce poi in giovanile timidezza:
Il libro [Il secolo della solitudine di Noreena Hertz] è un elenco, scritto in modo piano e accattivante, di come la solitudine ci attanaglia, in questo secolo che ha visto la pandemia fornire un valido supporto alla tendenza a isolarsi: oggi si può affittare un’amica per andare a fare shopping, gli anziani scelgono addirittura, spinti dalla solitudine, di commettere piccoli reati per essere rinchiusi in carcere, dove possono ritrovare una parvenza di comunità. E poi la solitudine dei millennial che non hanno più amici veri, ma solo virtuali; la solitudine che spinge al razzismo, perché se ti abitui a stare solo, non riuscirai più a condividere i tuoi interessi con qualcuno e ad essere incuriosito dal “diverso da te”.
E forse esageriamo un po’ tutti, io, Paolo Landi, Noreena Hertz e pure Giacomo da Lentini e il mio alunno sedicenne, che ha finalmente (e meravigliosamente) parlato, è possibile, anzi è proprio probabile. Ma in ogni caso è un altro libro che varrà la pena di leggere in questo autunno che ci attende (io l’ho già cominciato), per provare anche a capire che cosa la pandemia ci ha lasciato, che cosa sarà bene non fare mai più, che cosa sta accadendo ai sedicenni che abbiamo davanti e che spesso ci guardano muti.
E magari è anche il caso di uscire per strada, guardare le facce che incrociamo e andare a comprarlo in libreria, questo libro sulla solitudine. Magari, non lo sappiamo, qualcuno lo farà anche per le strade di Kabul, cercherà una libreria con dentro delle persone e troverà questa libreria e queste persone. Perché meravigliosamente, ogni tanto, qualcosa di bello esiste e resiste.
1 Comment
Guarda, domani racconto sul mio blog come nel libro delle medie dei miei gemelli viene trattato Jacopo da Lentini… (Scusa, ma se leggo “Giacomo”, anche se il nome è lo stesso e immagino loro si firmassero “Iacobus”, io mi sento a disagio. Ma è lo stesso con Iacopo da Varazze)