il futuro semplice
10 Gennaio 2021Ah liber porch, fioeul d’ona baltrocca!
17 Gennaio 2021Se vi restasse un’ora di tempo, in una di queste sere invernali così opache, così lente a passare, ecco, io avrei un consiglio letterario da offrirvi, se non vi dispiace. Potete infatti scaricare dal web (gratuitamente, o versando un piccolo contributo volontario: trovate tutto qui) un breve ma intenso documentario che parla di Franco Fortini, una delle figure intellettuali più complesse e interessanti del secolo scorso, uno di quegli uomini con cui, in sostanza, non si smette mai di fare i conti (o almeno: con cui io non ho mai saputo smettere di fare i conti).
Il documentario (che si intitola: Memorie per dopodomani, e ha anche una sua pagina facebook) è stato realizzato da Lorenzo Pallini, il quale lo racconta in una bella intervista (la trovate qui) che ho letto ieri sera e che mi ha spiegato alcune cose di come quel video sia stato realizzato. Ci sono diversi passaggi utili, nell’intervista, ma ce ne sono un paio che in qualche modo chiariscono il punto di vista che ha animato il lavoro di Pallini. Il primo passaggio è quello in cui l’autore confessa (non so se il verbo sia quello giusto, però) che nel documentario è finita molta più poesia di quella che lui supponeva. Come se la politica si fosse piegata e avesse lasciato intravvedere un fondo diverso, quello della poesia appunto, come se in Fortini le due dimensioni fossero così intimamente compenetrate da non poter mai essere disgiunte. Ecco qui, infatti:
La poesia si è presa il suo spazio da sola, col tempo, per così dire. E credo sarebbe stato molto interessante sapere come i poeti (penso ai più giovani, ma non solo) si rapportino oggi a Fortini. A un poeta che tra l’altro ha impiegato molto tempo a trovare la sua voce, senza quasi mai godere in vita dei favori della critica. […]
Il mio fine è stato sempre quello di veicolarne il senso e le emozioni, di far circolare la bellezza delle parole, di riportare Fortini «a fior di labbra». Ricordando sempre, come diceva Fortini, che la poesia è per sua natura ambigua: può essere una forma di denuncia e un grido di resistenza, ma anche la voce che canta «alla tavola dei potenti».
Il secondo passaggio è, quasi inevitabilmente, una citazione dalle parole dello stesso Franco Fortini, il quale, parlando di versi e di poesia e del ruolo che possa avere la poesia in tempi come questi, e per gli uomini che questi tempi li vivono, come li viviamo noi, in serate così distanti da ciò che nelle antologie della scuola sta sotto il titolo ammiccante di “laboratorio di poesia”, tra esercizi di comprensione del testo e figure retoriche e introduzioni e analisi e attualità e percorsi multidisciplinari eccetera, Fortini diceva:
Quando si dice che un testo poetico non è interpretabile solo a partire da se stesso si allude alla sua situazione nella cultura e nella storia. Chiunque legga una poesia, indipendentemente dal suo grado di coscienza o di conoscenza culturale rapporta le parole a una sfera di competenza e di risonanza che non è soltanto linguistica ma che è di tutta la sua mente, di tutta la sua coscienza, di tutto il suo inconscio.
Mi sembra moltissimo, questa cosa. E mi sembra anche essere il motivo per cui mi resta impossibile, negli anni, smettere di fare i conti con la poesia di Franco Fortini, con la sua dimensione tragica, quasi apocalittica, politica e collettiva ma anche sorprendentemente idillica, coi i suoi paesaggi nitidi, i suoi animali all’apparenza liberi, la luce improvvisa, le strade che si allungano, precise come certe mattine che solo nei suoi versi ritrovano l’ampiezza della loro verità:
Vorrei che i vostri occhi potessero vedere
questo cielo sereno che si è aperto,
la calma delle tegole, la dedizione
del rivo d’acqua che si scalda.
La parola è questa: esiste la primavera,
la perfezione congiunta all’imperfetto.
Il fianco della barca asciutta beve
l’olio della vernice, il ragno trotta.
Diremo più tardi quello che deve essere detto.
Per ora guardate la bella curva dell’oleandro,
i lampi della magnolia.
Ecco, insomma, questa cosa qui, la perfezione congiunta all’imperfetto, la primavera, i lampi della magnolia. In serate opache, come sono quelle di questo inverno, spero potrà essere un’ora rincuorante (da cuore, di cui vi occupate) anche per voi, come per me.