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Lontano da qui

Non si può non pensare, in questi rapidi giorni di festa, a quello che Gabriel García Márquez ha rappresentato per la letteratura mondiale degli ultimi quarant’anni. E non è tanto alla trita (benché efficace) formula del «realismo magico» che mi sto riferendo; ma piuttosto all’emergere quasi improvviso, di cui Márquez fu protagonista, di tutta una nuova e straordinaria letteratura periferica, che noi ragazzi di allora non conoscevamo, che a scuola era dimenticata, di cui da nessuna parte si parlava e che era la letteratura del Sudamerica (pochi anni dopo arrivò anche la musica etnica, e la Real World di Peter Gabriel, e tutto era già cambiato…).

 

Per questo, come se fosse un regalo per queste brevi vacanze di Pasqua, non ho voluto tralasciare di segnalare alcuni link su questo grandissimo scrittore che è stato impossibile (per me) non amare. Il primo link è un’intervista di venti anni fa, in cui Márquez parla del Sud del mondo e delle speranze di cui esso si può fare carico; il secondo è un semplice “coccodrillo”, invece, che però riesce perfettamente, a mio parere, a spiegare in cosa la “narrazione” di Márquez fosse unica e tutta sua, senza eredi né antenati; e infine, per ultimo, l’unico articolo che ho trovato, in questi brevi giorni, che mette in qualche modo in relazione (ma siamo nel 2007…) l’opera di Márquez con il papa sudamericano che oggi abbiamo e che stiamo imparando a conoscere. Perché, sempre a mio modesto parere, non si tratta affatto di una relazione peregrina, anzi; è invece un senso della storia che dalle periferie avanza verso il centro e usa parole un po’ diverse dalle nostre, che a tratti ci paiono incomprensibili (o «magiche», appunto, come il realismo di Cent’anni di solitudine) ma che sono forse le parole più autentiche che abbiamo per dire oggi quello che stiamo a fare nel mondo. Non  lo so, magari e probabilmente mi sbaglio; ma ho spesso l’impressione che sia dal Sud, dalla periferia, che arriveranno alcune delle risposte che non siamo più capaci di trovare e, soprattutto, molte  delle domande che non sappiamo più porci.

 

E infatti, per chiudere, un link che non c’entra niente, ma è semplicemente bellissimo: perché, l’altro ieri, lontano da qui, una donna ha salvato la vita all’assassino di suo figlio, in una piazza iraniana (che è periferia del mondo, anche quella), davanti a tutte le persone assetate di giustizia (occhio per occhio… giustizia?) che lo volevano sul patibolo, a pagare la sua colpa. La donna, madre dell’ucciso, è andata verso l’assassino che piangeva e chiedeva pietà, gli ha dato uno schiaffone e poi gli ha tolto il cappio dal collo, fermando l’esecuzione, e se n’è andata. E ha creato una storia quasi “magica”, di quelle che non sarebbe stata male nei romanzi di Márquez, appunto; e, sul suo blog, Massimo Adinolfi ha scritto per lei e su di lei parole meravigliose.

Davide Profumo
Davide Profumo
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