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22 Settembre 2007Lo studio wave: pericolosa l’associazione anticoagulanti orali-antiaggreganti piastrinici nei pazienti con arteriopatia periferica
Domenico Prisco
Centro di Riferimento Regionale per la Trombosi, AOU Careggi, Firenze
Nei pazienti con malattia aterosclerotica, la trombosi gioca un ruolo importante nell’insorgenza delle complicanze acute quali l’infarto del miocardio, l’ictus ischemico e l’ischemia degli arti.
Sia la terapia antipiastrinica che quella anticoagulante sono più efficaci del placebo nella prevenzione di eventi ischemici acuti in questi pazienti. Diverse metanalisi e, in particolare, la più recente di Felicita Andreotti, apparsa lo scorso anno (1), hanno dimostrato che l’associazione fra warfarin (mantenendo un INR fra 2 e 3) e aspirina è più efficace dell’aspirina da sola nella prevenzione di eventi vascolari maggiori in pazienti con storia di infarto miocardico, anche se l’aumentato rischio emorragico dell’associazione fa sì che pochi pazienti siano sottoposti a tale terapia. Poco studiato è stato sinora il ruolo dell’associazione warfarin-aspirina in altre patologie aterosclerotiche e in particolare nell’arteriopatia periferica (AP).
Al momento l’AP non rappresenta una indicazione alla terapia anticoagulante orale (TAO) non tanto per una scarsa efficacia di tali farmaci quanto per una sostanziale equivalenza rispetto agli antipiastrinici, sfavorevolmente controbilanciata peraltro da una maggiore incidenza di complicanze emorragiche (2). Ed e’ anche per questo che da anni la FCSA in Italia ribadisce con energia la “non indicazione alla TAO” nel trattamento antitrombotico della malattia vascolare. Gli antipiastrinici più comunemente usati nell’AP sono l’aspirina, la ticlopidina e il clopidogrel, senza che sia stato possibile stabilire una chiara superiorità di uno di questi rispetto agli altri, e in particolare l’aspirina viene comunemente considerato il farmaco di prima scelta per la buona tolleranza complessiva e per la maggiore numerosita’ dei pazienti finora trattati.
Lo studio WAVE (Warfarin Aspirin Vascular Evaluation), i cui risultati erano stati comunicati al Congresso ESC del 2006, e che è stato recentemente pubblicato (3), è uno studio multicentrico, randomizzato, in aperto, che ha valutato l’associazione TAO-antipiastrinici in 2161 pazienti con AP, definita come aterosclerosi delle arterie degli arti inferiori, delle carotidi o delle succlavie. I pazienti sono stati randomizzati alla combinazione di TAO (INR 2-3) + antipiastrinici o al solo antipiastrinico (essenzialmente aspirina) e sono stati seguiti per circa 3 anni. Lo studio è stato condotto in sette paesi nel mondo.
Per arginare preventivamente un possibile eccesso di complicanze emorragiche e’ stato fatto un tentativo di escludere i pazienti potenzialmente a maggior rischio di sanguinamento. A tal fine tutti i pazienti hanno ricevuto in un primo momento entrambi i farmaci per 2-4 settimane e sono stati considerati elegibili per lo studio solo se non avevano sviluppato effetti collaterali e se riuscivano a raggiungere e mantenere un INR stabile. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con una indicazione specifica per la TAO, con sanguinamento attivo o recente, insufficienza renale in trattamento dialitico, recente stroke (6 mesi) o uso cronico di FANS.
L’età media della popolazione e’ stata di 64 anni; tre quarti dei pazienti erano maschi e oltre l’80% aveva un’arteriopatia degli arti inferiori.
L’ endpoint primario di efficacy del trial (morte cardiovascolare, infarto miocardico o stroke) e’ stato raggiunto rispettivamente nel 12.2 e 13.3% dei pazienti dei due gruppi (NS). Nessuna differenza significativa e’ stata osservata neanche per il secondo end-point primario di efficacy che era costituito dal precedente + un episodio di ischemia grave periferica o coronarica, con necessita’ di intervento urgente.
La terapia di associazione si e’ accompagnata ad un aumento di 3.5 volte delle emorragie maggiori. In particolare, sono state osservate 14 emorragie cerebrali (1.3%) contro nessuna nel gruppo trattato con la sola aspirina. Inoltre emorragie pericolose per la vita sono state osservate nel 4% dei pazienti randomizzati all’associazione e nell’ 1.2% di quelli del gruppo aspirina (p<0.001). Anche le emorragie moderate e minori sono state ovviamente più frequenti nei pazienti trattati con duplice terapia antitrombotica (vedi figura).
Dunque, nonostante i criteri di eligibilità allo studio e un monitoraggio dei pazienti certamente più attento di quello usuale, è stato osservato un eccesso di emorragie nel gruppo con trattamento combinato.
Esistono diverse possibili spiegazioni del risultato e della sua relativa discrepanza con quanto osservato nella cardiopatia ischemica. I pazienti con AP stabile hanno un rischio trombotico rilevante ma meno elevato rispetto ai pazienti con recente infarto del miocardio in cui persiste a lungo un’aumentata generazione di trombina. Per contro questi pazienti hanno un aumentato rischio emorragico per motivi non del tutto conosciuti ma che possono dipendere dall’età avanzata, da una maggiore diffusione dell’aterosclerosi, da una ridotta integrità della parete vascolare e da una aumentata fragilità microvascolare. E’ interessante notare che simili considerazioni possono essere fatte per i pazienti con arteriopatia cerebrale, altra condizione in cui gli anticoagulanti non sono al momento indicati. Va ricordato inoltre che oltre 10 anni fa lo studio ISCOAT (4), che aveva valutato prospetticamente l’occorrenza di sanguinamenti nei pazienti in terapia anticoagulante orale (totale 2745) seguiti presso 34 centri di monitoraggio distribuiti sul territorio nazionale italiano, evidenziò che i pazienti in TAO per patologia arteriosa, che rappresentavano una quota non trascurabile dei pazienti seguiti, avevano un elevato rischio emorragico, nonostante lo studio evidenziasse comunque una minore frequenza globale di emorragie, attribuita in larga misura al miglior monitoraggio della terapia effettuato dai centri dedicati. In linea con tutte queste considerazioni ed evidenze, da diversi anni le raccomandazioni FCSA sottolineano come la patologia trombotica arteriosa non costituisca un’indicazione primaria alla terapia con anticoagulanti orali.
D’altra parte i risultati del WAVE suggeriscono anche che è necessario eseguire trial clinici per ogni sottogruppo di pazienti con aterotrombosi piuttosto che estrapolare per alcune forme della stessa i risultati ottenuti in casisistiche con aterotrombosi in altri distretti.
Al momento dunque l’aspirina resta il farmaco di prima scelta nei pazienti con AP. E questo lo si puo’ affermare nonostante lo studio CAPRIE (5) avesse suggerito una superiorità del clopidogrel rispetto all’aspirina, benche’ tale osservazione fosse il risultato di un’analisi post hoc relativa ad un’ampia casistica di pazienti con malattia coronarica, cerebro-vascolare e periferica, nella quale complessivamente i due antipiastrinici a confronto erano risultati di analoga efficacia. Senza contare poi che lo studio puo’ essere considerato ormai datato tanto da non rispecchiare la realtà clinica odierna.
In conclusione, la terapia antipiastrinica, e in particolare l’aspirina, resta ad oggi la terapia antitrombotica da utilizzare nei pazienti con AP. Poiché il principale difetto degli anticoagulanti orali in questi pazienti riguarda più la safety che l’efficacy, resta da vedere se i nuovi anticoagulanti oggi in sviluppo abbiano caratteristiche che possano renderli piu’ maneggevoli e potenzialmente indicati in futuro. A tal riguardo, come suggerito dall’editoriale che accompagna l’articolo (6), sono necessarie ulteriori informazioni sulle basi patobiologiche del sanguinamento nei pazienti con arteriopatia periferica. Questo potrebbe fornire informazioni utili alla gestione clinica della patologia con i farmaci antitrombotici, alla prevenzione della sua progressione e al trattamento ideale delle fasi di instabilizzazione.
Bibliografia
1. Andreotti F, Testa L, Biondi-Zoccai GG, Crea F. Aspirin plus warfarin compared to aspirin alone after acute coronary syndromes: an updated and comprehensive meta-analysis of 25,307 patients. Eur Heart J 2006;27:519-526.
2. Dutch Bypass Oral Anticoagulation or Aspirin (BOA) Study Group. Efficacy of oral anticoagulants compared with aspirin after infrainguinal bypass surgery (The Dutch Bypass Oral anticoagulants or Aspirin study): a randomised trial. Lancet 2000;355:346-351.
3. The Warfarin Antiplatelet Vascular Evaluation Trial Investigators. Oral anticoagulant and antiplatelet therapy and peripheral arterial disease. N Engl J Med 2007; 357: 217-227.
4. Palareti G, Leali N, Coccheri S et al. Bleeding complications of oral anticoagulant treatment: an inception-cohort, prospective collaborative study (ISCOAT). Italian Study on Complications of Oral Anticoagulant Therapy. Lancet. 1996;348:423-428.
5. CAPRIE Steering Committee. A randomised, blinded, trial of clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events (CAPRIE). Lancet 1996;348:1329-1339.
6. Mohler ER. Atherothrombosis – Wave goodbye to combined anticoagulation and antiplatelet therapy? N Engl J Med 2007; 357: 293-296