Il fondaparinux nell’infarto con st sopraslivellato (stemi): i risultati dello studio Oasis 6.
30 Marzo 2006Il controllo dei livelli sierici di glucosio nel paziente critico, con particolare riferimento ai pazienti affetti da sindrome coronarica acuta
23 Maggio 2006LMWH e stemi: lo studio EXTRACT-TIMI 25
Marco Tubaro
L’impiego di eparina sodica non frazionata (UFH) nei pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento persistente del tratto ST (STEMI), in associazione alla terapia fibrinolitica e all’ ASA, è considerata una pratica abituale in cardiologia, soprattutto rivolta alla prevenzione della riocclusione coronarica e del reinfarto, in particolare quando vengano utilizzati i fibrinolitici di 2a e 3a generazione (rtPA, rPA, TNK-tPA)1. Peraltro, è noto come la UFH abbia diversi svantaggi po-tenziali: legame significativo con le proteine plasmatiche, effetto anticoagulante di entità molto va-riabile, inattivazione da parte del fattore piastrinico 4 (PF4), mancata inibizione della trombina lega-ta al trombo, necessità di somministrazione endovenosa continua, necessità di monitoraggio di labo-ratorio (aPTT) e possibilità di provocare una piastrinopenia (HIT).
Le eparine a basso peso molecolare (LMWH) derivano dal clivaggio enzimatico delle catene lunghe di eparina, con formazione di una “famiglia” di molecole di differente lunghezza, caratteriz-zate da alcuni aspetti farmacologici favorevoli: ridotto legame con le proteine plasmatiche, risposta anticoagulante più prevedibile, minore inattivazione da parte del PF4, somministrazione per via sot-tocutanea (s.c.), assenza della necessità di un monitoraggio di laboratorio, riduzione del rischio di HIT. Rispetto alla UFH, le LMWH hanno una maggiore capacità di inibire il fattore Xa, con un’inibizione più a monte della cascata coagulativa rispetto all’inibizione del fattore IIa esercitata in prevalenza dall’UFH: ad esempio, l’enoxaparina presenta un rapporto di attività anti-f.Xa/f.IIa di 3.8:1. 2
I primi studi di confronto tra enoxaparina e UFH nello STEMI (FRAMI, BIOMACS II, HART II) hanno dimostrato una maggiore efficacia delle LMWH (dalteparina e enoxaparina) nell’aumentare l’incidenza del flusso TIMI 3 (o TIMI 2/3) nel ridurre il reinfarto, al prezzo di un in-cremento delle emorragie.
Lo studio ASSENT 3 ha confrontato l’UFH per 48 ore, l’enoxaparina per < 7 gg e l’abciximab per 12 ore quali terapie aggiuntive al TNK-tPA, nei pazienti con STEMI 3. E’ stato preso in esame un end-point combinato di efficacia e di sicurezza: morte a 30 gg, reinfarto o ischemia refrattaria in ospedale, emorragie intracerebrali (ICH) o maggiori in ospedale. Sia l’enoxaparina (13.7 vs 17 %) che l’abciximab (14.2 vs 17 %) si sono dimostrati globalmente più efficaci e sicuri, rispetto alla UFH: a una netta riduzione dell’end-point primario di efficacia si contrappone un incremento di emorragie maggiori (ma non di ICH) di minore entità, per cui l’effetto netto era sempre significati-vamente a favore di enoxaparina e di abciximab; gli Autori dello studio concludevano che, vista an-che la facilità di somministrazione, la combinazione TNK-tPA ed enoxaparina emergeva come la migliore per il trattamento dello STEMI.
L’anno successivo veniva pubblicato lo studio ENTIRE-TIMI 23, uno studio sulla perfusione miocardica nei pazienti con STEMI (end-point primario era il flusso TIMI 3 a 60 minuti nell’arteria responsabile dell’infarto [IRA]) 4. In questo studio, l’enoxaparina e la UFH venivano confrontate ciascuna in associazione a 2 diverse modalità di terapia fibrinolitica: TNK a dose piena e TNK ½ dose + abciximab (combo-therapy). L’ enoxaparina si dimostrava più efficace dell’UFH nel ridurre l’end-point primario (morte/reinfarto a 30 gg) e questa efficacia era concentrata nel gruppo trattato con TNK a dose piena (4.4 vs 15.9 %), mentre non si aveva un vantaggio significativo nel gruppo in combo-therapy (5.5 vs 6.5 %). Questo vantaggio clinico non era legato a un aumento del flusso TIMI 3 nell’IRA, sovrapponibile nei due gruppi, né era accompagnato da un aumento delle emorra-gie TIMI maggiori, anch’esse non significativamente differenti.
Una metanalisi 5 che teneva conto degli studi fino a quel momento completati evidenziava, per l’enoxaparina, una riduzione dell’end-point combinato di morte/reinfarto/ischemia ricorrente e an-che una riduzione degli end-point singoli, a eccezione della sola mortalità, accompagnati da un in-cremento del flusso TIMI 2-3 dopo 24 ore; dall’altro lato, veniva osservato un aumento delle emor-ragie maggiori e minori (ma non delle ICH), in particolare quando l’enoxaparina era associata a rtPA o TNK-tPA.
Lo studio ASSENT 3 PLUS 6, tuttavia, poneva per la prima volta un serio caveat all’impiego della enoxaparina in associazione con il TNK-tPA. Lo studio confrontava l’eparina a basso peso molecolare per < 7 gg con l’UFH per 48 h, in pazienti trattati in fase pre-ospedaliera con TNK-tPA: l’enoxaparina non riduceva un modo significativo l’end-point primario (morte/reinfarto/ischemia refrattaria), riducendo il solo reinfarto, mentre provocava, di converso, un incremento significativo degli ictus totali (2.9 vs 1.3%) e delle ICH (2.20 vs 0.97%), soprattutto in pazienti > 75 aa (ictus to-tali 9.4 vs 2,3%, ICH 6.7 vs 0.8%); l’incremento delle ICH è stato osservato con l’enoxaparina so-prattutto nelle prime 24 ore, dopo il bolo e la prima dose sc. Alla fine, gli Autori pervenivano a una conclusione diversa rispetto a quelli dell’ASSENT 3, raccomandando l’impiego di TNK-tPA e UFH nella terapia dello STEMI, almeno quella pre-ospedaliera.
Più recentemente, uno ampio studio (CREATE) ha valutato l’efficacia della reviparina, un’altra LWMH, questa volta rispetto al placebo, in pazienti con STEMI trattati con terapia riperfusiva (73% fibrinolisi, 6% PCI primaria) 7. La reviparina dimostrava una riduzione sia dell’end-point combinato a 30 gg (morte/reinfarto/ictus), sia dei singoli end-point di morte e reinfarto; l’effetto era tanto più evidente (a 7 gg) quanto minore era il ritardo tra insorgenza dei sintomi e inizio del tratta-mento. Non si aveva un incremento delle ICH, mentre si verificava un lieve incremento delle emor-ragie minacciose per la vita; comunque, l’effetto benefico netto era mantenuto, con 17 eventi mag-giori (morte/ reinfarto/ictus/emorragie minacciose) risparmiati / 1000 pazienti trattati.
Una nuova metanalisi 8 sull’uso delle eparine in associazione alla fibrinolisi non dimostrava per l’UFH (vs. placebo) effetti vantaggiosi, quanto piuttosto un aumento delle emorragie minori (anche se non di quelle maggiori). Al contrario, le LMWH (dalteparina, enoxaparina e reviparina vs. place-bo) riducevano la morte del 10% e il reinfarto del 28%, al costo tuttavia di un aumento delle emor-ragie maggiori del 170% e delle ICH del 118% (rispettivamente, OR 2.70 e 2.18). Infine, il confron-to delle LMWH (enoxaparina 5 studi, dalteparina 1 studio) con l’ UFH evidenziava una riduzione del 43% del reinfarto (ma non della morte) e un aumento del 26% delle emorragie minori (ma non di quelle maggiori).
L’analisi post-hoc dello studio CLARITY-TIMI 28 9 ha consentito di confrontare l’efficacia del-le LMWH (dalteparina, enoxaparina, nadroparina) in pazienti con STEMI trattati con fibrinolisi (farmaco a scelta del medico curante), valutandone anche l’interazione con il clopidogrel e con l’esecuzione di procedure interventistiche coronariche (PCI). I possibili fattori confondenti sono sta-ti corretti utilizzando i propensity score e l’analisi multivariata e le LMWH hanno dimostrato, in questo ambito, di ridurre l’evenienza di un’IRA occlusa (-22%) e di morte/reinfarto sia prima della coronarografia (-42%) sia a 30 gg (-32%), con un incremento del 33% del flusso TIMI 3 e senza un aumento dell’ictus né delle emorragie maggiori (inclusa la ICH) o minori. Il beneficio delle LMWH era presente anche nei pazienti randomizzati alla terapia aggiuntiva con clopidogrel, come anche nei pazienti sottoposti a PCI. Gli Autori realizzavano anche una meta-regressione degli studi ENTIRE-TIMI 23, HART II, CLARITY e ASSENT 3 PLUS, che dimostrava come il vantaggio delle LMWH, rispetto alla UFH, in termini di pervietà dell’IRA, fosse tanto maggiore quanto più tardiva era la coronarografia, con un incremento assoluto di pervietà dell’IRA dell’1.5% / 24 ore dall’inizio della riperfusione (maggiore efficacia delle LMWH nel prevenire la riocclusione).
Lo studio ExTRACT-TIMI 25 10, che ha confrontato l’enoxaparina con l’UFH in più di 20.000 pazienti con STEMI trattati con fibrinolisi, ha consentito di effettuare un passo avanti decisivo ver-so l’affermazione della enoxaparina come terapia di associazione alla fibrinolisi. Il protocollo dello studio presenta una serie di caratteristiche degne di nota:
il fibrinolitico (SK,rtPA, rPA, TNK-tPA) veniva somministrato < 6 dall’esordio dei sintomi;
il clopidogrel era utilizzato nei casi di intolleranza all’ASA e, per il resto, a discrezione dei me-dici curanti (è stato usato leggermente meno nei pazienti con E: 27.2 vs 28.7%, p < 0.01);
i pazienti con insufficienza renale importante (creatininemia > 2.5 mg/dl nei maschi e > 2.0 nel-le femmine) erano esclusi;
la randomizzazione a enoxaparina o UFH avveniva in blocchi, a seconda del fibrinolitico e la somministrazione si svolgeva con la tecnica double dummy;
il bolo ev veniva omesso e la dose abituale di enoxaparina (1.0 mg/kg/12 h) era ridotta nei pa-zienti > 75 aa (0.75 mg/kg/12 h) e in quelli con clearance della creatinina < 30 ml/min (1.0 mg/kg/24 h);
le procedure invasive erano raccomandate solo dopo le prime 48 ore;
all’end-point clinico (morte/reinfarto a 30 gg) era affiancato anche un end-point di beneficio cli-nico netto (morte/reinfarto/ICH non fatale);
lo studio aveva una potenza del 90% di rilevare una riduzione relativa del rischio (RRR) del 13% con enoxaparina ed era event driven (veniva calcolato in anticipo il numero totale degli e-venti dell’end-point combinato necessari per lo studio e non il numero dei pazienti).
L’enoxaparina, che è stata somministrata per una mediana di 7 gg (l’UFH 2 gg) riduceva l’end-point combinato di morte/reinfarto a 30 gg (9.9 vs 12%), soprattutto attraverso una riduzione del reinfarto (3.0 vs 4.5%); le emorragie maggiori erano aumentate (2.1 vs 1.4%), ma non le ICH (0.8 vs 0.7%), per cui il beneficio clinico netto era significativamente migliore per l’enoxaparina (10.1 vs 12.2%). La maggiore efficacia del farmaco può essere legata a un superiore effetto antitromboti-co, alla somministrazione più prolungata, a un possibile effetto “rebound” protrombotico alla so-spensione dell’UFH. L’enoxaparina non ha incrementato le ICH e, in generale, le emorragie mag-giori in questo studio erano ridotte rispetto ai dati delle letteratura, per effetto di una dose inferiore e di una ridotta somministrazione di UFH open label.
In conclusione l’enoxaparina, rispetto alla UFH, consente di risparmiare 6 morti, 15 reinfarti e 7 rivascolarizzazioni urgenti / 1000 pazienti trattati, al costo di 4 emorragie maggiori addizionali (ma non ICH). I punti ancora non risolti riguardano il ruolo delle LMWH nei pazienti ad elevato rischio emorragico (che sono spesso anche ad elevato rischio di eventi cardiovascolari ricorrenti), il ruolo delle LMWH nei pazienti sottoposti a PCI primaria e l’outcome con le LMWH nei pazienti trattati con la doppia antiaggregazione piastrinica (ASA e clopidogrel).
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