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l’intelligenza e la bellezza

Non siamo soli, cerco di ripetermi ogni volta che ascolto i discorsi sui cambiamenti climatici, sulle fonti energetiche, sulla Terra che diverrà inabitabile, presto se non ci diamo da fare, chissà quanto presto. Sì, non siamo soli, e cioè: spariremo forse noi, non sparirà il pianeta. E forse non spariranno nemmeno tutti quelli che con noi lo abitano, questo pianeta. Non siamo mica soli, cerco di ripetermi molto in questi giorni.

E allora mi piace appuntare qui qualche parola su due dei nostri compagni di viaggio, tra i meno prevedibili (mi pare), che rendono la nostra strada un po’ meno nostra, un po’ meno umana, un po’ meno antropocentrica.

Il primo dei compagni è il polpo, per esempio. Di cui si dicono cose meravigliose qui, per esempio (ma altre cose, altrettanto stupefacenti, me le ha sempre raccontate mio padre che è anziano pescatore e che dai polpi si è sempre dovuto un po’ guardare; e ha infine imparato a voler loro bene, ovviamente). E per esempio si dice, dei polpi, che sono intelligenti, che sanno distinguere, che sanno stabilire relazioni, che sanno aprire barattoli e guardare gli uomini (loro compagni di viaggio) negli occhi:

Intelligenza è la capacità di comprendere e scoprire le relazioni e le interconnessioni tra i vari aspetti della realtà. In un certo senso è mettere insieme le informazioni. E per capire l’intelligenza del polpo, bisogna fare proprio questo: mettere insieme. […] Da cosa capiamo che il polpo è un animale ‹intelligente›? I polpi utilizzano gli strumenti. […] I polpi accumulano oggetti, rocce, conchiglie, pezzi di vetro, tappi di bottiglia e li utilizzano per costruire o proteggere le proprie tane. Nel 2009, in Indonesia, è stato osservato che alcuni esemplari di polpo venato (Amphioctopus marginatus) hanno raccolto i gusci di noci di cocco scartati, li hanno puliti con getti d’acqua – cosa che i polpi femmina fanno anche per tenere pulite le loro uova– e poi li assemblavano e usavano come rifugio. […] Ma perché un polpo avrebbe dovuto sviluppare un’intelligenza? Una motivazione plausibile, dicono gli scienziati, è che discenda da animali che avevano conchiglie, senza le quali i polpi sono vulnerabili. L’intelligenza è un’arma. Al posto della conchiglia, è una nuova strategia di sopravvivenza.

Però, lasciatemelo dire, l’intelligenza è una cosa un po’ troppo da cardiologi. Io, che vorrei esser letterato, diffido un po’ dell’intelligenza (ma non dei polpi, e nemmeno dei cardiologi) e le preferisco la bellezza. E allora ecco un altro nostro compagno di viaggio: talmente poco propenso a muoversi che è un albero, con le radici, profonde nella terra, che è anche sua, quindi, oltre che nostra. Ma soprattutto è un albero con i frutti, bellissimi, rossi, meravigliosi, i miei frutti preferiti, dolci ed effimeri, di forma inimitabile (alcuni, ve lo dico, quasi a forma di cuore… o forse, meglio, è il cuore ad avere forma di ciliegia).

Il ciliegio lo racconta splendidamente Antonio Pascale, che quando parla di relazioni e di piante e di affetti e di terra è uno scrittore che sa farci tacere, per ascoltare. E sul ciliegio ci racconta un apologo nitido e acutissimo, bello ma anche intelligente. Che a un certo punto dice così:

Sono arrivato sulla montagnella, appoggiati al ciliegio c’erano due ragazzi, entrambi con i capelli lunghi, abbracciati e sorridenti, filiformi, erano bellissimi. A vederli, tra tutte le cose che potevo pensare mi è venuta in mente la più banale: la vita è più bella della morte – magari non lo penso sempre, ma quel giorno sì. Ho detto: – Scusate, vorrei prendere dei rami. – No, per carità, – ha risposto lui, – fate, – mi dava del voi e ho pensato un’altra cosa banale: la giovinezza è meglio della vecchiaia. Comunque il ciliegio conservava ancora i segni dello strappo di quarant’anni prima. Ho deciso di staccare un ramo. Ho cercato di essere delicato, ma ho dovuto forzare, torcere, il legno era umido e non voleva rompersi. Poi ho voltato le spalle all’albero, ma dopo due passi ho sentito come una voce, forse un tocco lieve sulla spalla, e sì: il richiamo del ciliegio. Così mi sono girato…

E poi prosegue, e il resto lo leggerete voi qui, ne varrà la pena. E aprirete quindi la domenica con la compagnia di un polpo e di un ciliegio, l’intelligenza e la bellezza: non sarà un male, secondo me. Secondo alcuni altri, addirittura, più ci allontaniamo da polpi e ciliegi più soffriamo: e mentre siamo più capaci di guarire dai disturbi legati alla circolazione e al cuore diventiamo facilissima preda dei disturbi mentali, depressivi e di ansia.

Non sarà un caso, mi dico io. Ci dimentichiamo la cosa più semplice, mi pare, anche quando parliamo di ambiente e di apocalisse e di fine del mondo. Ci dimentichiamo che non siamo mica soli, non è mica nostro, questo pianeta che abbiamo più o meno deciso di salvare, non sono mica tutte nostre, la bellezza e l’intelligenza.

Davide Profumo
Davide Profumo
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