Inquinamento e malattie cardiovascolari
22 Febbraio 2007Il DESgate
30 Marzo 2007L’importanza della “doppia antiaggregazione” nei pazienti con coronaropatia trattata con impianto di “stents”, medicati e non
Filippo Ottani, Md
Unità Operativa Di Cardiologia 1 Laboratorio di Emodinamica Ospedale G.B: Morgagni – L. Pierantoni, Forlì
È ormai dato acquisito che la doppia terapia antiaggregante, ovvero una combinazione di aspirina (che blocca la ciclo-ossigenasi) e di tienopiridine (ticlopidina o clopidogrel, che bloccano il recettore P2y12 dell’ADP), sia superiore alla sola somministrazione di aspirina o di anticoagulanti orali per la prevenzione di eventi cardiaci avversi dopo il posizionamento di stent nei pazienti con coronaropatia ostruttiva (1) (figura 1). In aggiunta a ciò, la somministrazione di doppia antiaggregazione fino ad 1 anno dopo l’evento indice è in grado di ridurre gli eventi avversi cardiovascolari nei pazienti con sindrome coronarica acuta per cui il suo utilizzo è consigliato da tutte linee guide. Sebbene sia stata inzialmente utilizzata la ticlopidina in associazione all’aspirina, oggi la tienopiridina di scelta è il clopidogrel. L’evidenza a supporto deriva da meta-analisi (2) per quanto concerne la superiore efficacia e, per quanto riguarda la tollerabilità e la sicurezza da studi clinici randomizzati che hanno documentato la superiorità di clopidogrel rispetto alla ticlopidina (3).
A dispetto dei benefici, la doppia antiaggregazione, non infrequentemente, viene discontinuata dopo l’impianto di stent, sia dal paziente stesso (autosospensione) sia dal curante o altri operatori sanitari che non realizzano appieno le conseguenze potenzialmente catastrofiche che possono derivare da ciò. Il principale evento avverso legato alla sospensione, specie se prematura, della doppia antiaggregazione è la trombosi dello stent, che si manifesta per lo più come infarto miocardico acuto, spesso ad esito fatale (tasso combinato di morte/IMA del 65%).
Le indicazioni alla doppia antiaggregagzione ed i trials clinici di comparazione tra stent non medicati (BMS) e stent medicati (DES).
Le attuali linee guida consigliano la doppia antiaggregazione con aspirina 325 mg e clopidogrel 75 mg per 1 mese dopo impianto di stent metallico (BMS), 3 mesi dopo impianto di stent a rilascio di sirolimus (SES) e 6 mesi dopo impianto di stent a rilascio di paclitaxel (PES). Per nuovi DES come l’Endeavor, medicato con zotarolimus, valgono le indicazioni derivanti dagli studi di approvazione, ovvero 3 mesi di doppia antiaggregazione (4)
Tali indicazioni derivano dai dati di antiaggregazione utilizzata negli studi clinici che hanno valutato i DES e dai dati disponibili sul tempo necessario affinché uno stent metallico si ricopra di endotelio. L’uso dei DES si è dimostrato in grado di ridurre il tasso di ristenosi post-angioplastica di 3-4 volte rispetto ai BMS. Tuttavia, i farmaci rilasciati dagli stent inibiscono la riendotelizzazione della struttura metallica, rendendo la superficie vascolare della lesione trattata assai “trombogenica” per un periodo di tempo molto più lungo rispetto ai BMS (5). Dati derivanti da studi su modelli animali confermano che la risposta tissutale ai DES indica una “guarigione ritardata”, con presenza di cellule infiammatorie sostenuta fino oltre 6 mesi dall’impianto. Nell’uomo, un’incompleta riendotelizzazione è stata documentata fino ad un massimo di 4 anni dopo impianto di DES (6) e ciò ha sollevato non poca preoccupazione riguardo la possibilità di una maggiore suscettibilità dei DES a sviluppare un tasso di trombosi tardive assai maggiore dei BMS (allo stato attuale dell’arte ~1%).
Una recente metanalisi ha, tuttavia, documentato un’ incidenza sovrapponibile di trombosi dello stent rispetto ai BMS (7). In generale, l’incidenza è stata, nel medio periodo ( 6-12 mesi), simile nei due gruppi (0.7% vs 0.5%). I SES non hanno mostrato differenza rispetto ai controlli (0.5% vs 0.5%), mentre i i PES hanno mostrato un minimo aumento (0.7% vs 0.5%) (figura 2), ancora maggiore nel gruppo PES senza polimero (0.9% vs 0.5%). Tuttavia anche metanalizzando i dati la potenza statistica per escludere un aumento di 2 volte del rischio di trombosi subacuta dopo impianto di DES rispetto ai BMS è<50%. Gli studi clinici randomizzati di comparazione diretta tra i due tipi di stent (SES vs. PES) hanno documentato un’ incidenza di trombosi subacuta simile, ~1% (8), e, ancora una volta, sovrapponibile a quella documentata per i BMS. Alcuni studi, tuttavia, come il SIRTAX, hanno documentato una incidenza più che doppia rispetto al dato medio soprariportato (9) e ciò viene spiegato come legato alla maggiore complessità anatomica delle lesioni trattate ed al fatto che oltre il 50% dei pazienti arruolati era affetto da sindrome coronarica acuta senza sopraslisvellamento persistente del tratto ST-T. Tutto ciò a fronte della scelta di prolungare la doppia antiaggregazione piastrinica fino a 12 mesi dall’impianto del DES. La variabilità della durata della doppia antiaggregazione piastrinica nei trial randomizzati risulta estremamente ampia, variando da 2 a 12 mesi. In tempi recentissimi sono state pubblicate una serie di meta-analisi (10,11)che hanno confermato l’assenza di maggiore incidenza di trombosi dei DES, sia a “breve termine” (<30 giorni) (OR 1.15, IC 95% 0.63-2.11, p=0.7) e che a “lungo termine” (dal 31^ giorno fino a 4 anni di follow-up; OR 1.33, IC 95% 0.68-2.58, p=0.13). Sebbene non formalmente significativo dal punto di vista statistico, un 33% di probabilità in più appare tuttavia piuttosto fastidioso dal punto di vista pratico, tanto più che il follow-up a lungo termine dello studio BASKET-LATE mostra che gli eventi legati alla trombosi dello stent sono da 2 a 3 volte più numerosi nel periodo tra il 7° ed il 18° mese di follow-up, dopo sospensione, per protocollo, della doppia antiaggregazione.
Riassumendo è possibile affermare che l’impianto di DES in pazienti con il profilo clinico-anatomico sovrapponibile a quello dei soggetti arruolati nei trial clinici randomizzati (indicazioni “on-label” per l’impianto di DES, ovvero lesioni “de novo” di grado A-B2 di diametro tra 2,5-3 mm e di lunghezza <30 mm in pazienti con coronaropatia stabile o stabilizzata) presenta un rischio di trombosi dello stent non dissimile dai BMS, sia a breve che a lungo termine. Tuttavia, questo tipo di indicazioni oggi non rappresenta più del 40% delle indicazioni all’impianto; nel restante 60% dei casi (con tendenza ad un uso ancora più estensivo come nella realtà nordamericana) le indicazioni sono “off-label”, ovvero per categorie di pazienti che sia dal punto di vista clinico (sindromi coronariche acute) che angiografico (lesioni ad alto rischio come biforcazioni o lesioni calcifiche) non hanno il supporto di evidenze derivanti da trial clinici randomizzati sufficientemente ampi.
La prematura sospensione delle tienopiridine e la sua correlazione con la trombosi dello stent.
I registri pubblicati successivamente, che hanno incluso pazienti del “mondo reale” con uso liberale dei DES, hanno riportato dati assai meno rassicuranti per quanto riguarda il tasso di trombosi subacuta. Iakovou e colleghi (12), in oltre 2200 pazienti sottoposti ad impianto di DES, hanno documentato un tasso globale pari all’1.3% a 9 mesi di follow-up, con una marcata differenza tra sirolimus (0.8%) e taxolo (1.7%). La mortalità, nei 29 pazienti che hanno avuto l’evento, è stata del 45% (13/29 pazienti). La durata della doppia antiaggregazione piastrinica è stata di 3 mesi per i SES e 6 mesi per i PES. All’analisi multivariata i predittori indipendenti di trombosi subacuta dello stent sono risultati essere la discontinuazione prematura della doppia antiaggregazione, l’insufficienza renale, il trattamento di lesioni di biforcazione, il diabete e la bassa frazione di eiezione (tabella 1).
Più in generale, la figura 3, illustra i predittori clinici ed angiografici associati alla trombosi dello stent in caso di impianto di DES. Quando uno o più di queste caratteristiche sono presenti nel paziente in cui si impianta un DES, è imperativo prendere in considerazione di prolungare la doppia antiaggregazione almeno fino a 12 mesi se il paziente è a basso rischio di sanguinamento, oppure scartare l’idea di mettere un DES.
La necessita’ di una “stretta compliance” al regime terapeutico della doppia antiaggregazione piastrinica è ribadita anche dai risultati del registro PREMIER (13). Spertus e colleghi hanno esaminato i dati prospettici di 500 pazienti con IMA trattati con un DES, per valutare la prevalenza e i predittori dell’ interruzione della doppia antiaggregazione piastrinica dopo 30 giorni dall’impianto del DES. Entro 30 giorni dall’impianto, 68 pazienti (13.6%) hanno interrotto la doppia antiaggregazione; tali pazienti sono risultati essere più anziani, con un minor grado di istruzione o non sposati rispetto ai pazienti che si mantenevano in terapia. In tale gruppo è stata documentata anche una notevole preoccupazione per i costi della terapia ed una percentuale più alta di tali pazienti ha sofferto di problemi cardiovascolari o di anemia in passato. La mortalità ad 1 anno è risultata 11 volte maggiore (7.55 vs 0.7%, p<0.001; HR=9.0, IC95% = 1.3 – 60.6) rispetto ai pazienti che si sono mantenuti in terapia. In sostanza 1 paziente su 7 ha interrotto la terapia entro 30 giorni dall’impianto di DES con importanti ricadute in termini di mortalità. Lo studio sottolinea la stretta dipendenza degli effetti benefici dell’impianto di un DES da una terapia a lungo termine con doppia antiaggregazione piastrinica e l’ enorme difficoltà di spiegare questo concetto al paziente (al fine di otterne la massima collaborazione) e di informare adeguatamente anche i medici di base sulla opportunita’ di gestire la terapia antiaggregante sempre in collaborazione con il cardiologo curante (rapporto ospedale – territorio).
Questi dati hanno trovato conferma anche nello studio di Eisenstein e colleghi in cui sono stati osservati 4666 pazienti con un follow-up di 6, 12 e 24 mesi dopo “stenting” . La sospensione del clopidogrel non ha influenzato il tasso di morte e IMA nel periodo tra 6 e 24 mesi, mentre nei pazienti trattati con DES, l’uso prolungato di clopidogrel fino a 24 mesi si è associato con una riduzione del tasso di morte/IMA rispetto ai pazienti con DES che avevano discontinuato la doppia antiaggregazione.
Dalla somma di questi dati appare evidente che, sebbene empiricamente e senza un termine preciso, la durata della doppia antiaggregazione nei pazienti con DES vada estesa almeno a 12 mesi, in particolare nei pazienti ad alto rischio clinico-angiografico di trombosi tardiva dello stent.
La trombosi dello stent dopo chirurgia non cardiaca.
Diversi studi hanno specificamente descritto l’incidenza della trombosi di stent a fronte della sospensione della terapia combinata di aspirina e clopidogrel dovuta alla necessità di chirurgia non cardiaca (14-16). Kaluza e colleghi (15) hanno valutato 40 pazienti sottoposti a chirurgia non cardiaca entro 6 settimane dall’impianto di stent metallico, documentando un tasso di trombosi pari al 17.5% ed un tasso di mortalità del 15%. Infatti 6 pazienti su 7 con la trombosi sono deceduti. In 5 la terapia con tienopiridine era stata sospesa prima della chirurgia. Altri studi, con percentuali simili, hanno confermato i dati sopra riportati.
I fattori correlati alla sospensione prematura della terapia tienopiridinica.
Riassumendo, la cessazione precoce o prematura della doppia antiaggregazione (con sospensione riguardante per lo più la componente tienopiridinica) può avvenire per diverse ragioni, tra cui anche il costo, se la durata della terapia si prolunga oltre la copertura economica accordata dal piano terapeutico. Lo studio PREMIER (13) ha documentato che l’età avanzata, il basso livello scolastico, l’essere scapoli (o vedovi?), il non ricevere adeguate e complete istruzione concernenti i rischi/benefici della doppia antiaggregazione sono tutti fattori favorenti la sospensione della terapia.
Tuttavia la doppia antiaggregazione piastrinica protratta non è priva di rischi e le sue limitazioni sono solo parzialmente esplorate. Nello studio CHARISMA (17), il trial con il follow-up più lungo (28 mesi di mediana), che ha studiato la doppia antiaggregazione con aspirina e clopidogrel in pazienti coronaropatici, una quota superiore al 20% degli inclusi nel braccio doppia antiaggregazione ha interrotto spontaneamente il trattamento. La doppia antiaggregazione si è tradotta nel 25% in più di sanguinamenti severi (1.7% vs 1.3%, p=0.09; RR 1.25 (0.97-1.61)) e nel 62% in più di sanguinamenti moderati (2.1% vs 1.3%, p<0.001; RR 1.62 (1.27 – 2.10)) rispetto ai pazienti trattati con la sola aspirina. Nello studio ACTIVE W, che ha valutato l’efficacia della doppia antiaggregazione piastrinica versus la terapia anticoagulante orale con warfarin nella fibrillazione atriale per la prevenzione degli eventi vascolari, il regime clopidogrel + aspirina ha determinato un tasso di emorragie maggiori (inclusi i casi fatali) non dissimile dal warfarin (18). In generale, la doppia antiaggregazione somministrata per periodi prolungati (fino a 28 mesi) nei trial randomizzati ha dimostrato un incremento assoluto di sanguinamenti che oscilla dallo 0.4 all’1% rispetto alla sola somministrazione di aspirina (19).
Al di là del rischio emorragico potenziale, la doppia antiaggregazione può essere sospesa per ragioni correlate a procedure invasive o chirurgiche nel timore, a volte infondato, di un eccesso di sanguinamenti procedura-correlati. Molte di queste procedure (ad esempio, interventi di chirurgia minore, estrazioni dentaria o pulizia dentaria) possono essere eseguiti senza sostanziali rischi di sanguinamento o dilazionati nel tempo fino al completamento del periodo consigliato di doppia antiaggregazione. I dentisti sono tra gli specialisti quelli spesso piu’ preoccupati di eventuali sanguinamenti nei pazienti sottoposti a terapia antiaggregante; tuttavia, un recente studio prospettico riguardante l’estrazione di un singolo dente ha documentato l’assenza di differenze in termini di sanguinamento tra coloro che venivano sottoposti alla procedura mantenendo l’aspirina rispetto a coloro in cui invece l’antiaggregante era stato sospeso (20). Non vi sono dati prospettici riguardo all’uso delle tienopiridine, né all’uso della doppia antiaggregazione; tuttavia, non vi sono nemmeno segnalazioni di gravi sanguinamenti in corso di estrazioni dentarie multiple in pazienti sottoposti a questi regimi terapeutici. A fronte della facilità di contenere gli eventuali sanguinamenti con misure locali (sutura o tamponi emostatici riassorbibili) non vi sono indicazioni a sospendere la terapia antiaggregante per procedure dentali.
In caso di chirurgia maggiore, se la sospensione delle tienopiridine è attuata al fine di ridurre il rischio eccessivo di sanguinamenti, la prosecuzione di aspirina dovrebbe essere tenuta in considerazione al fine di mitigare il rischio di una trombosi subacuta dello stent. In alternativa, terapie “ponte” con antitrombinici non hanno supporto di evidenza scientifica sufficiente, associandosi solo ad un aumentato rischio emorragico (vedi figura 1).
Di recente è emerso anche il problema della “resistenza” al clopidogrel, legata alla osservazione di una notevole variabilità dell’inibizione piastrinica in risposta alla somministrazione del farmaco. Fino a 1/3 dei pazienti possono presentare una inibizione subottimale dell’attività pistrinica a dispetto della somministrazione del regime terapeutico di doppia antiaggregazione. In particolare i pazienti diabetici potrebbero giovarsi di una dose cronica doppia rispetto ai pazienti non diabetici (21). Tuttavia, la definizione di “resistenza”, i metodi di laboratorio per determinarne la presenza, i criteri per distingure tra una “vera” resistenza al farmaco ed un fallimento terapeutico (legato magari ad una mancata compliance del paziente alla terapia) e le implicazioni legate all’occorrenza di una trombosi tardiva della stent richiedono ancora un ampio sforzo di ricerca.
Conclusioni.
In conclusione la terapia basata sulla “doppia antiaggregagzione” piatrinica mediante somministrazione di aspirina e tienopiridine (clopidogrel in particolare) è, oggi, la base per la prevenzione della trombosi dello stent. La sospensione precoce della doppia antiaggregazione
porta ad un marcato incremento del rischio di trombosi con conseguenze spesso catastrofiche in termini di IMA e morte.
Alcune raccomandazioni possono essere però formulate, sulla base delle evidenze, così come proposto dall’Advisory Board dell’ American Heart Association, American College of Cardiology, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, American College of Surgeons e American Dental Association, ovvero:
1. prima dell’impianto di stent , il medico dovrebbe discutere della necessità della doppia antiaggregazione. Se il paziente non è in grado di garantire una aderenza al regime terapeutico per 12 mesi o anche oltre, sia per motivi economici che per altre ragioni, si dovrebbe seriamente considerare di evitare l’impianto di un DES.
2. I pazienti che hanno in previsione un una procedura invasiva o un intervento nei 12 mesi a venire dall’impianto di stent, dovrebbero essere candidati all’impianto di un BMS.
3. Una corretta “educazione” riguardo la doppia terapia antiaggregante dovrebbe essere fornita al paziente prima della dimissione in modo che abbia ben chiara la bilancia rischi/benefici della terapia.
4. I paziente dovrebbero essere istruiti anche a contattare il proprio cardiologo di riferimento o il reparto di cardiologia di riferimento in caso di necessità di sospensione della terapia tienopiridinica, anche se ciò è stato consigliato dal un altro specialista.
5. Gli specialisti che eseguono procedure invasive o chirurgiche dovrebbero essere a conoscenza della conseguenza della sospensione prematura della terapia antiaggregante e nel caso contattare il collega cardiologo o la cardiologia di riferimento.
6. Procedure elettive per le quali esista un rischio significativo di sanguinamento peri o post-operatorio dovrebbero essere dilazionate fino al completamento del periodo di doppia antiaggregazione (12 mesi per un DES, 1 mese per un BMS)
7. I pazienti portatori di DES che debbono essere sottoposti a procedure invasive/interventi chirurgici dovrebbero essere mantenuti in aspirina e la componente tienopiridinica della doppia antiaggregazione dovrebbe essere ricominciata il prima possibile dopo l’intervento.
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Tabella 1 Predittori indipendenti di trombosi dello stent.
________________________________________________________________
Hazard Ratio
Variabili (Intervalli di confidenza 95%) p
________________________________________________________________
Interruzione prematura
della doppia antiaggregazione 89.78 (29.90-269.60) <0.001
Insufficienza renale 6.49 (2.60-6.15) <0.001
Lesione di biforcazione 6.42 (2.93-14.07) <0.001
Diabete mellito 3.71 (1.74-7.89) 0.001
Ridotta FE (decrementi
pari al 10%) 1.09 (1.05-1.13) <0.001
modificata da ref. 19
Legenda figura 1.
La figura illustra gli studi che hanno dimostrato la capacità dell’aspirina più tienopiridine, dopo impianto di stents, di ridurre gli eventi cardiaci rispetto ad aspirina e anticoagulazione orale.
MACE=eventi cardiovascolari maggiori, Pt= pazienti, ASA=aspirina, ISAR=intracoronary
Stenting and Antithrombotic Regimen trial, FANTASTIC=Full ANTicoagulation versus ASpirin TIClopidine after stent implantation; STARS=STent Anticoagulation Regimen Stduy, MATTIS=Multicenter Aspirin and Ticlopidineafter Intracoronary Stenting.
*Morte cardiaca, IMA o ripetuta rivascolarizzazione del vaso target a 30 giorni (eccetto per lo studio FANTASTIC).
†Morte, IMA o occlusione dello stent a 6 settimane
Legenda figura 2
Riadattata da referenza n.16. La figura illustra la probabilità di sviluppare trombosi subacuta a medio termine (9-12 mesi) nei principali studi di comparazione con i BMS. I primi 3 studi riguardano gli stents con polimero a rilascio di taxolo, mentre i secondi 3 riguardano gli stents a rilascio di sirolimus. Rispetto alla tabella originale non è riportato in grafico lo studio Ravel, pubblicato sul n° 346 del N Engl J Med, pag 1773, poiché in entrambi i gruppi di pazienti non era riportata nessuna trombosi subacuta. Abbreviazioni: BMS= stents metallici, DES= stents medicati con rilascio di farmaco, IC= intervalli di confidenza, OR= odd ratio.
Legenda figura 3
La figura illustra i predittori di trombosi del DES. Il loro riscontro dovrebbe indurre a considerare una doppia antiaggregazione prolungata, laddove il profilo emorragico del paziente lo consenta.