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Barbato E, Toth GG, Johnson NP, et al. A Prospective Natural History Study of Coronary Atherosclerosis Using Fractional Flow Reserve. J Am Coll Cardiol. 2016;68(21):2247-2255.
Si tratta di uno studio prospettico volto a indagare la correlazione tra Flow Fractional Reserve (FFR) e prognosi. La premessa è la seguente: così come è noto il significato prognostico dell’ischemia valutata con i test non invasivi, sta emergendo sempre più quello dell’analisi morfologica della placca con le metodiche di imaging. Cosa sappiamo però dell’impatto prognostico di ciascuna lesione, presa singolarmente e valutata dal punto di vista funzionale? Cercano di rispondere al quesito i massimi esperti di FFR, guidati da Bernard De Bruyne dell’ospedale di Aalst, in Belgio.
Sono stati arruolati 607 pazienti con coronaropatia stabile (1029 lesioni), nell’ambito dello studio FAME II; i pazienti sono stati trattati con terapia medica dopo valutazione mediante FFR del significato emodinamico delle stenosi rilevate angiograficamente. L’endpoint dello studio è stato l’outcome a 2 anni, inteso come eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE). In totale, i MACE sono stati osservati nel 26.5% dei casi, sul totale delle lesioni, e sono stati associati più frequentemente alla presenza di stenosi ≥ 70% (p<0.01). Il valore medio dell’FFR era significativamente più basso nel gruppo in cui si sono verificati i MACE rispetto a quello in cui non si sono verificati (0.68 vs 0.80). Peraltro, l’incidenza dei MACE correlava con i valori di FFR raggruppati in quartili: per ogni aumento di 0.05 unità del valore dell’FFR, vi era una riduzione significativa dei MACE (OR 0.81; IC 95% 0.76-0.86).
Valori di FFR fra 0.80 e 0.60 si confermano pertanto correlati a prognosi avversa, come evidenziato già in studi precedenti. All’analisi multivariata, l’FFR si dimostra un predittore dei MACE a 2 anni (HR 0.87, IC 95% 0.83-0.91).