come un vento lontanissimo
6 Dicembre 2018un giorno morirà
13 Dicembre 2018È sempre difficile per me non essere d’accordo con Guido Mazzoni, quando parla di letteratura o di poesia (ma anche quando parla di Berlino, a dire la verità; o del disagio che mi sento di provare anche quando non dovrei…). E anche oggi, infatti, non posso che sottoscrivere praticamente in toto la sua rapida ma puntuale disamina della poesia contemporanea, del suo ruolo, della sua decadenza, del futuro a cui sta andando incontro. E per esempio fatico quasi a non commuovermi, quando alla domanda «Che cosa occorre per far appassionare alla poesia?» Mazzoni risponde così:
Bisogna evitare le scorciatoie divulgative. Ce ne sono due, entrambe sbagliate. La prima pretende di dare subito, al lettore ingenuo, la poesia che il lettore ingenuo può capire, con la scusa che si tratta comunque di poesia, e che in questo modo alcuni dei lettori ingenui si appassioneranno a scritture più complesse. Non accadrà mai: l’educazione estetica non funziona così, e quando è condotta in questo modo educa solo al midcult, che è l’antimateria dell’arte autentica, il suo nemico peggiore. La seconda, che si lega spessissimo alla prima, pretende di divulgare poesia attraverso lo stereotipo della poesia: il sentimentalismo, le metafore topiche, le anafore topiche, tutto il bric-à-brac del poetese. Anche in questo caso il risultato è tremendo. E infine, oltre a evitare le scorciatoie divulgative, bisogna evitare di credere che l’impopolarità della poesia dipenda dal fatto che finora la poesia moderna è circolata sotto forma di testo scritto destinato alla lettura solitaria e silenziosa, mentre oggi lo sviluppo dei media ha reso possibile riscoprire la dimensione della performance, potenzialmente più popolare.
E mi commuovo invece senza ritegno di fronte alla sua ultima risposta, quella che spiega anche il titolo del mio post di oggi, quella che prende un verso indimenticabile di Sereni e lo elegge a miglior endecasillabo della letteratura italiana (benché, se chiedeste a me, «Dolce e chiara è la notte e senza vento» di Giacomino, insomma, è una bella gara; e voglio supporre che anche voi abbiate vostri endecasillabi che vi piacciono di più, che vi ricordate sempre, di cui non riuscite più a liberarvi…).
Ed è quindi bello notare che Mazzoni cita anche Guido Gozzano, nella sua intervista, che è un altro di quei poeti che non mi stancherò mai di leggere e di spiegare (lo sanno bene, e quasi lo maledicono, generazioni di miei studenti liceali…) e un cui testo viene oggi proposto sul web dal medesimo sito, Interno Poesia, un testo emblematico e in perfetta coincidenza, anche come commento all’intervista in cui un Guido Mazzoni cita l’altro Guido (gloria, entrambi, della nostra lingua). Un testo che si chiude infatti così:
Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,
sorrido e guardo vivere me stesso.
Mentre su un altro sito, Roberto Mussapi, anche lui sempre incisivo e convincente quando si parla di poesia, prova a ridare fiato alla poesia di Salvatore Quasimodo, nato poco lontano dalla stanza in cui sto ora scrivendo queste poche parole, e diventato (pur senza studi regolari) uno dei più grandi traduttori della lirica greca, quasi a segnare una strada che, seppur confusa, è ancora viva, e ci racconta ancora qualcosa del nostro cammino e delle impronte che nel frattempo abbiamo lasciato:
Da tempo scrivo, predico e pratico, che la scrittura poetica è una traduzione incessante. La ricerca della propria voce traverso quella degli antenati. L’importante è riconoscerli.
[E sono le parole, queste,con cui sarebbe giusto chiudere il post di oggi. Ma non posso. Perché ho letto un’altra cosa, in questi giorni, un racconto, una cosa che non c’entra niente con la letteratura (né contemporanea né classica) ma che non posso trattenermi dal segnalare qui. L’ha scritta un allenatore di pallavolo, ma anche di tiro con l’arco, uno che forse non ha un endecasillabo preferito, uno che magari non ha letto moltissimi libri di poesia, probabilmente uno che non conosce Guido Mazzoni e forse nemmeno Guido Gozzano (ma credo che Salvatore Quasimodo sì, sicuramente sì)… Ma ecco, non importa. Ci dice, quest’uomo, che la bellezza, la cura e l’attenzione (ingredienti che fanno l’endecasillabo perfetto) sono importanti sempre, per chiunque, in qualsiasi contesto: la bellezza, la cura e l’attenzione… il resto, speriamo, arriverà dopo.]