la consapevolezza dei problemi
21 Maggio 2017letteratura come esorcismo
25 Maggio 2017Forse, se avessi due ore di tempo oggi pomeriggio, dovrei rileggere l’Antigone. Perché quando le cose ritornano nella vita di una persona, così come la figura di Antigone ritorna sempre nella mia, io credo che probabilmente significa che non bisogna sottovalutarne l’importanza. Se tornano, qualcosa significa… E poi, ho letto oggi queste parole di Roberto Alajmo e mi pare che dicano una cosa importante che, temo, abbiamo sottovalutato ogni volta che abbiamo citato Antigone, ogni volta che abbiamo pensato che Antigone avesse, senza incertezze e senza dubbio, ragione:
In realtà, se nello specifico Antigone può avere ragione a ribellarsi alle leggi dello Stato perché le ritiene inique, c’è da aver paura di una società dove chiunque può sindacare le leggi e ritenersi libero di non osservarle. Una Antigone può essere ammirevole; molte Antigoni, un disastro sociale: e non siamo lontani dal.
Ma forse, ancora di più, se avessi il tempo necessario, dovrei oggi pomeriggio rileggere un altro libro, un vero romanzo, che ho letto troppo tempo fa e che probabilmente non ho capito come dovevo e potevo. Lo scrisse Francis Scott Fitzgerald e si intitola Tenera è la notte; e io lo lessi pensando che mi piaceva ma non abbastanza; e quel «non abbastanza», lo sapevo anche mentre lo leggevo, però mi sfuggiva, non capivo perché né come, non mi era chiaro. E poi ho letto oggi alcune parole scritte su Zelda, la donna a cui Fitzgerald fu legato da una straordinaria storia d’amore, e ho pensato che devo ancora rileggere quel romanzo, dopo tanti anni, trovare il tempo, un pomeriggio della mia vita. E le parole in cui si parla di Zelda sono qui:
… sono ormai lontani i tempi in cui la vulgata, sul conto di Zelda, era rappresentata dai commenti misogini di Hemingway, il quale, in Festa mobile, aveva affermato, senza mezzi termini: “Scott non scrisse più niente di buono finché non capì che Zelda era pazza”. La tensione, la reciproca gelosia, la difficoltà di perpetrare quel sogno di perfezione, gioia di vivere e condivisione totale che li aveva indotti a unire i rispettivi destini, fanno della storia di Scott e Zelda un grande romanzo non scritto. O forse invece scritto da entrambi, nel corso dello stesso anno, quando il loro rapporto era ormai vicino alla sua tragica conclusione.
O invece, più probabilmente, il romanzo che devo rileggere è un romanzo che ho letto pochi anni fa, e mi è piaciuto tantissimo, e proprio per questo non devo abbandonarlo tra gli scaffali della libreria, pensando che il suo destino nella mia vita di lettore sia già compiuto. Ne ho trovato traccia in un post scritto oggi da Roberto Cotroneo con il quale, come al solito, sono ben poco d’accordo, ma grazie al quale, come al solito, ho avuto modo di riflettere su alcune questioni che mi stanno da sempre a cuore (la letteratura, il web, i libri, il successo…) e che non voglio dimenticarmi. Il libro è Cecità di Saramago; il post lo trovate qui, ed è piuttosto interessante:
Jose Saramago pubblicò nel 1995 un celebre romanzo intitolato Cecità. È una storia paradossale, che racconta di un intero paese dove le persone perdono la vista, una a una, come fosse un’epidemia inspiegabile. È una metafora sull’indifferenza, sull’incapacità di vedere e sulla perdita del senso di solidarietà tra le persone. Quando Saramago ricevette il premio Nobel per la letteratura, era il 1998, nel suo discorso a Stoccolma parlò proprio di questo suo romanzo e dell’indifferenza sociale con cui dobbiamo fare i conti. C’è uno stretto rapporto tra la psicoanalisi, il romanzo di Saramago, la filosofia e il mito di Narciso. Più volte in questi anni sono tornato sul tema del narcisismo, l’ho fatto perché mi sono occupato in modo particolare degli effetti dei social network sulla nostra vita quotidiana, l’ho fatto perché avendo un’attenzione particolare su quelle che chiamiamo forme di espressione artistica, o creatività, mi sono accorto che l’elemento narcisistico è diventato talmente predominante tra i letterati e gli artisti, da cancellare quello che scrivono o che producono bruciandolo sull’altare della loro visibilità o del successo.
Ma più probabilmente, invece, non rileggerò niente, nessuno di questi libri che ho già letto. Perché devo fare un po’ di spesa, salutare qualche amico, accompagnare una persona alla stazione degli autobus. E poi perché ho tanti libri nuovi da leggere, appena comprati, appoggiati sul tavolino dei libri nuovi da leggere, e voglio leggere quelli, non rileggere i libri vecchi che ho già letto e che stanno tranquilli negli affollati scaffali della libreria. Nella speranza, ovviamente infondata, che ciò che non ho trovato nei decenni scorsi nei libri già letti possa trovarsi in questi nuovi libri da leggere, del tutto simili ai precedenti. Nella speranza che prima o poi ci sia la pagina che cerco da sempre, senza trovare mai.
1 Comment
Meno male, da tempo sostenevo che Antigone e Creonte avessero entrambi torto. E tutti a guardarmi male…