per non parlare di altro
6 Novembre 2016il meccanismo rotto
10 Novembre 2016A cura di Ivana Pariggiano
2016 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias. European Heart Journal, first published online: 27 August 2016; http://dx.doi.org/10.1093/eurheartj/ehw272
Le nuove linee guida sulle dislipidemie, presentate in occasione dell’ultimo congresso ESC e pubblicate sullo Europen Heart Journal, sono il risultato di una task force congiunta tra gli esperti sia della European Society of Cardiology che della European Atherosclerosis Society (ESC/EAS EAS).
Il primo punto innovativo è l’approccio personalizzato. Sono infatti raccomandate misure preventive e target terapeutici differenti in base al profilo di rischio cardiovascolare del paziente. Vengono descritte quattro categorie di rischio complessivo.
La prima categoria è quella «rischio molto alto», che, definita con maggiore precisione, include i pazienti affetti da malattie cardiovascolari diagnosticate o in cui sono presenti lesioni inequivocabili, evidenziate con esami strumentali (come l’ecocardiografia o angiografia). Include inoltre pazienti diabetici o con danno d’organo, con malattia renale cronica avanzata. La categoria ad altissimo rischio include, oltre a quelle precedentemente descritte, le persone con uno score, calcolato con il Systemic Coronary Risk (SCORE), maggiore o uguale al 10% (questo significa che hanno il 10% di probabilità di morire nei prossimi 10 anni per malattie cardiovascolari). Questo score, raccomandato dagli esperti, permette una stima del rischio cardiovascolare totale in base alla combinazione dei singoli fattori di rischio cardiovascolari come sesso, età, fumo, ipertensione arteriosa sistemica e ipercolesterolemia .
Il secondo gruppo, ad «alto rischio», comprende pazienti con dislipidemie familiari, grave ipertensione, diabete (in assenza di danno d’organo) o con altri fattori di rischio principali quali la malattia renale cronica moderata (GFR 30-59 mg/ml) o punteggio SCORE compreso tra il 5% e il 10%.
I pazienti con un punteggio compreso tra l’1% e il 5% sono considerati a «rischio moderato», in grande maggioranza asintomatica, e infine ci sono i pazienti a «basso rischio», che sono quelli con uno score <1%. La definizione delle categorie di rischio è importante perché gli obiettivi terapeutici relativi a ognuna di esse saranno molto diversi.
Il livello di lipoproteine a bassa densità (LDL-C) è ancora l’obiettivo primario in queste linee guida. Nei pazienti a rischio molto alto, il target terapeutico ottimale è un valore di LDL-C <70 mg/dL o una riduzione almeno del 50% se il valore basale di LDL-C è compreso tra 70-135 mg/dL. Nei pazienti ad alto rischio, gli obiettivi sono differenti. L’obiettivo di LDL-C ora è <100 mg/dL o una riduzione almeno del 50% se il paziente inizia con un livello di LDL-C di 100-200 mg/dL. Nella popolazione a rischio basso o moderato, l’obiettivo è di LDL-C <115 mg/dL.
La prevenzione basata su uno stile di vita sano e una nutrizione corretta trova uno spazio maggiore nella nuova edizione delle linee guida, che forniscono indicazioni sugli obiettivi da raggiungere anche in termini di indice di massa corporea e peso, raccomandando maggiore consumo di alcuni alimenti (cereali, verdure, frutta, pesce), e definendo quelli da consumare con moderazione o da riservare a occasioni speciali. Se non raggiungiamo i nostri obiettivi con la sola dieta e le modifiche dello stile di vita, il trattamento farmacologico di prima scelta è rappresentato dalle statine. Nei casi in cui vi sia una vera intolleranza alle statine, si può ricorrere ad altri ipolipemizzanti come l’ezetimibe o sequestrante degli acidi biliari. Nei casi in cui non si raggiungano i valori target con statine alle dosi massime tollerate, sono possibili differenti associazioni di ipolipemizzanti.
Nei pazienti a rischio molto elevato, con persistenti alti livelli di LDL-C nonostante il trattamento con la dose di statina massima tollerata, anche in combinazione con ezetimibe, si può prendere in considerazione la nuova e promettente famiglia degli inibitori della PCSK9 (raccomandazione IIb di classe). A questo proposito, siamo in attesa dei risultati finali, disponibili alla fine del prossimo anno, dei grandi trial in corso per la prova della riduzione degli eventi cardiovascolari.
Altro aspetto enfatizzato nelle nuove linee-guida è quello dell’aderenza alla terapia, una volta posta l’indicazione al trattamento farmacologico. È stato dimostrato che dopo sei mesi dall’inizio della cura solo il 75% dei pazienti con sindrome coronarica acuta e il 70% degli infartuati segue regolarmente la terapia; in prevenzione primaria, la percentuale si riduce addirittura a poco più del 50% dei soggetti cui era stata prescritta. Dopo un anno le percentuali si abbassano ulteriormente. Si suggerisce d’investire di più per aumentare la compliance alla terapia medica, migliorando le conoscenze e l’informazione tra i pazienti.
Viene inoltre descritta una varietà di contesti clinici e i possibili approcci diagnostico-terapeutici. Un capitolo a parte è riservato alle dislipidemie familiari. Si sottolinea la necessità di un programma di screening più efficace, dal momento che solo il 5% circa dei pazienti viene identificato, e d’individuare modalità di trattamento per ridurre gli elevatissimi livelli di LDL-C; è stato infatti dimostrato che le strategie terapeutiche attuali permettono di ridurre il rischio cardiovascolare in questa popolazione fino al 40-50% rispetto al passato, con notevole miglioramento della prognosi.