A cura di Giuseppe Patti
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2. Dati osservazionali recenti di “real world” hanno evidenziato che in quasi il 60% dei casi il dabigatran in Italia è utilizzato alla dose più bassa di 220 mg/die, che nel trial RELY è stato valutato in un braccio a parte rispetto ai 300 mg/die
3. La dose di rivaroxaban nel trial ROCKET era ridotta da 20 mg a 15 mg/die in presenza di una clearance della creatinina tra 30 e 49 ml/min e questo ha riguardato il 20% dei pazienti. Dati di “real world” indicano simili percentuali di utilizzo delle bassi dosi di rivaroxaban in Italia (22% nello studio PREFER AF PROLONGATION), anche se vari registri internazionali hanno recentemente dimostrato percentuali maggiori di riduzione del dosaggio di tale farmaco nella pratica clinica corrente.
4. Il massimo della medicina difensiva si raggiunge con i dati sull’apixaban: in ARISTOTLE la diminuzione della dose da 10 mg/die a 5 mg/die era prevista in presenza di almeno due delle seguenti condizioni (età >=80 anni, creatinina >=1.5 mg/dl, peso <=60 kg) ed è stata effettuata solo nel 4.6% della popolazione arruolata. Nel mondo reale, viceversa, si sono evidenziate percentuali di impiego della bassa dose di apixaban molto più alte, sia in Italia che in Europa. Da ricordare che, con apixaban, la riduzione presuppone un dimezzamento della dose; evidentemente questo alto grado di riduzione, se eseguito in maniera inappropriata, potrebbe avere ripercussioni sull’efficacia del farmaco in termine di prevenzione degli eventi tromboembolici.
5. Sia in ROCKET che in ARISTOTLE non vi era interazione tra dose di NOAC usata e risultati clinici. In ARISTOTLE apixaban si è dimostrato più efficace e più sicuro del warfarin sia alla dose di 10 mg/die che alla dose di 5 mg/die, la quale veniva prescritta in presenza di almeno due delle condizioni precedentemente riportate.
6. Come per RELY, nel trial ENGAGE AF vi era un braccio apposito per valutare anche la bassa dose di NOAC (edoxaban 30 mg/die oltre che 60 mg/die). In entrambi questi bracci la dose di edoxaban veniva dimezzata in presenza di creatinina clearance tra 30 e 50 ml/min, o peso <=60 kg o concomitante terapia con verapamil, chinidina, dronedarone. Come atteso, il sottogruppo che aveva subito riduzione della dose era mediamente a più alto rischio di eventi sia embolici che emorragici. Un’analisi post-hoc ha evidenziato come nel braccio edoxaban 60 mg, il dimezzamento della dose manteneva rispetto al warfarin l’efficacia di protezione da eventi tromboembolici (slide attuale) e si associava a una maggior sicurezza, in termini di diminuzione di sanguinamenti severi (slide successiva).
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8. Consideriamo il trial ARISTOTLE, in cui la riduzione del dosaggio era più articolata, in quanto teneva conto di più fattori (almeno due tra età avanzata, basso peso, elevata creatininemia); è importante valutare il sottogruppo di pazienti che presentavano uno solo di questi criteri di riduzione, e che per tale motivo avevano ricevuto la dose piena del farmaco. La presenza di un fattore esponeva comunque il paziente a maggiori concentrazioni del farmaco e quindi a un possibile maggior rischio teorico di sanguinamenti. Un’analisi post-hoc ha invece recentemente mostrato come, anche in questo sottogruppo, apixaban riduceva in maniera significativa l’incidenza di eventi emorragici maggiori rispetto al warfarin. Tali dati rinforzano il concetto che è inappropriato dimezzare il dosaggio di apixaban in presenza solo di un criterio di basso peso, età avanzata o creatininemia >1.5 mg/dl, in quanto si può pagare un prezzo in termini di ridotta efficacia. È da ricordare comunque che la dose ridotta di apixaban (5 mg/die) va comunque riservata a tutti i pazienti con clearance della creatinina tra 15 e 29 ml/min.
9. Anche in vari studi internazionali di “real world” con rivaroxaban vi erano percentuali di riduzione della dose superiori a quanto atteso in base alla sola clearance della creatinina. Questa è una conferma che evidentemente la percezione di un elevato rischio emorragico spesso nella pratica clinica spinge a diminuire la dose, indipendentemente dal criterio della sola filtrazione glomerulare.
10. Una riduzione “estensiva” e inappropriata della dose di rivaroxaban, così come per gli altri NOACs, può esporre però il paziente a una maggiore incidenza di eventi trombo-embolici. Abbreviation: od, once daily. Reference: Camm AJ et al. Eur Heart J 2015 (in press)
11. La relazione tra concentrazione dei NOACs ed eventi ischemici/emorragici rappresenta la base per estrapolare la sicurezza e l’efficacia di tali farmaci in relazione alla loro dose. A sinistra del grafico, per basse concentrazioni, vi è un elevato rischio di eventi tromboembolici (curva blu); a destra del farmaco, per elevate concentrazioni, un aumento dei sanguinamenti (curva rossa). Con apixaban, per esempio, in pazienti che presentano almeno due fattori di riduzione del farmaco (peso basso, elevata creatininemia, età avanzata) il dimezzamento del dosaggio si associa a concentrazioni (in giallo) all’interno di una teorica “finestra terapeutica” (tra 30 e 50 ng/ml), in cui sia gli eventi ischemici che emorragici hanno una bassa incidenza. Non ridurre la dose in questi pazienti provocherebbe alte concentrazioni del farmaco (in viola) e una teorica più elevata incidenza di sanguinamenti.
12. In pazienti che presentano una clearance della creatinina >=30 ml/min e nessuno o solo uno dei fattori di riduzione del farmaco (basso peso, elevata creatininemia, età avanzata), il mantenimento dei 10 mg/die si associa a concentrazioni all’interno della “finestra terapeutica” (in viola), in cui sia gli eventi ischemici che emorragici hanno una bassa incidenza. La diminuzione della dose perché, anche indipendentemente dai criteri di riduzione, si percepisce un elevato rischio emorragico di questi pazienti, provocherebbe comunque basse concentrazioni del farmaco (in giallo) e una possibile maggiore incidenza di eventi tromboembolici.